Sbirri maledetti eroi, un libro da comprare

Sbirri maledetti eroi è un libro da comprare. E lo scriviamo dopo averlo letto con attenzione. La ricostruzione di casi di violenza contro le forze di polizia europee era oggettivamente un pezzo di letteratura che mancava. Fino a poco tempo fa erano voci singole solitamente di qualche sigla sindacale che si perdevano nel vento. Questo libro invece raccoglie con molte interviste tutte queste voci, svelando oltre a un gran numero di dati anche tutti gli aspetti di certe realtà. Come le zone in cui la polizia entra solo in certe condizioni, i fallimenti di alcuni modelli carcerari, e molto altro successo anche a Milano di cui abbiamo parlato con Federica Bosco, una degli autori.

Come sta andando il libro?

“Direi bene, abbiamo ricevuto persino meno critiche di quanto mi aspettassi per il tipo di libro che è, a parte qualche critica ideologica di chi non lo ha neanche letto”

Il libro si apre con un intervento del ministro dell’Interno Matteo Salvini

“Sì ma in quanto ministro, perché noi abbiamo iniziato il libro prima del mandato a questo governo: la nostra idea era chiedere o al capo della Polizia o al ministro dell’Interno e alla fine la scelta è caduta su Salvini”

Facciamo un passo indietro, come vi è venuta l’idea del libro?

“L’idea è partita da Stefano Piazza, è un giornalista svizzero presidente dell’associazione Amici della Polizia: aveva deciso di scrivere un libro per confrontare la situazione delle varie forze di polizia europee e aveva bisogno di qualcuno che seguisse l’Italia che è il cuore del libro visto che le sono dedicati molti capitoli: mi ha trovato perché  ha letto alcuni articoli che ho scritto sul tema della rotta balcanica, sinceramente ho accettato subito perché tra l’altro per lo stesso giornale online per cui ho scritto quegli articoli avevo appena intervistato Gianni Tonelli, oggi deputato della Lega e prima segretario nazionale del Sap: lui mi aveva raccontato diversi episodi in cui le forze dell’ordine venivano aggredite e anche sbeffeggiate, mi aveva detto chi è che difende i difensori? La frase mi aveva colpito molto per cui ho iniziato a fare interviste tra poliziotti, carabinieri, polizia penitenziaria”

Quindi sbirri non è riferito solo alla polizia

“No, a tutte le forze dell’ordine, ma per il titolo abbiamo scelto quella parola. Abbiamo dato voce a tutti i protagonisti: nel libro vengono raccontati episodi reali da chi li ha vissuti. Quindi sia chi è stato picchiato perché una certa squadra ha perso, a quello aggredito da un affiliato all’Isis.

Ma non sono storie che si sentono spesso

“Una degli elementi interessanti che è emerso è proprio che la stampa e l’opinione pubblica se ne occupano poco, a meno che non ci sia un morto. Allora ci sono tre giorni in cui la vittima diventa l’eroe, ma tutte quelle quotidiane non si raccontano. Eppure i dati su questo fenomeno sono in crescita sia a livello italiano che europeo”

Rispetto agli altri Paesi come siamo messi in Italia?

“Siamo un’isola felice: se andiamo a vedere la Francia, solo nelle ultime settimane di proteste dei gilet gialli sono più di mille gli agenti aggrediti, e non parlo di schiaffi, ma di mani e occhi perduti. Ma anche nella civilissima Svezia oggi i poliziotti vengono uccisi a domicilio: vengono identificati e tre giorni dopo arriva la spedizione punitiva a casa”

Ma chi sono quelli che organizzano queste spedizioni punitive?

“Il fenomeno è aumentato con il tema dell’immigrazione, degli attentati, fenomeni da cui la Francia è particolarmente colpita e in cui mancavano strumenti specifici: ad esempio mancava una legge che tutelasse le forze dell’ordine aggredite. Non c’era l’aggravante di aver aggredito un pubblico ufficiale. L’Italia da questo punto di vista invece è messa bene, ha dei servizi segreti che funzionano bene, c’è dialogo tra forze dell’ordine e servizi segreti. C’è invece il tema delle aggressioni in carcere e da questo punto vista anche l’Italia è in una situazione difficile come nelle altre nazioni, in particolare per la nuova legge sulle carceri aperte”

Ci spieghi meglio

“Oggi durante il giorno i detenuti girano liberi. Ho intervistato Capece, segretario del Sappe, e mi diceva che oltre il sovraffollamento, il secondo e terzo problema sono la possibilità di girare liberamente che ha anche favorito al radicalizzazione di alcuni detenuti e la noia. Siccome solo una piccola parte di ristretti è impegnata a cercare di ricostruirsi una vita, si annoiano: e la noia è distruttiva e favorisce anche la radicalizzazione”

La storia che colpisce di più del libro qual è?

“Ce ne sono diverse, ma a me personalmente è stata quella della Polfer che aveva individuato nella stazione Centrale di Milano un soggetto semi nascosto da un cappuccio che stava puntando una donna. Quando ha visto che si stava avvicinando a questa persona si è avvicinato e gli ha chiesto i documenti. Questo la prima cosa che ha fatto ha tolto il cappuccio  e in quel momento l’agente ha notato che aveva le caratteristiche dei radicalizzati, poi invece dei documenti ha estratto un coltello e lo ha colpito. L’agente come primo istinto ha avuto quello di prendere la pistola e sparare, ma essendo in un luogo pubblico il rischio era troppo alto, quindi è riuscito comunque a bloccare questo individuo. Mi ha raccontato che in quei momenti non sentiva nemmeno il dolore per l’adrenalina causata dalla situazione. Dopo l’arresto hanno scoperto che questa persona era un italiano con padre tunisino e dal materiale che hanno trovato in casa era un affiliato all’Isis pronto a organizzare un attentato. Le emozioni che mi ha raccontato l’agente, come la sua difficoltà a tornare al lavoro mi hanno molto colpito: soprattutto nel tornare nel piazzale antistante la stazione che loro chiamano “la terra di nessuno”. Un’altra storia che mi ha colpito è quella di un carabiniere che tentando di sedare una rissa tra bande di nazionalità diverse è stato morsicato alla mano e poi è uscito che questa persona era sieropositiva. Mi ha raccontato come sono stati giorni interminabili quelli in cui ha dovuto aspettare i risultati: mi ha colpito molto sapere che le forze dell’ordine non sono seguite da psicologi”

Quanto possono essere pesanti queste situazioni?

“Molto. Infatti un altro fenomeno in aumento è quello dei suicidi di membri delle forze dell’ordine. In Italia non tantissimo, ma in Francia i livelli sono molto più alti.  Per dare dei numeri: in Italia nelle carceri solo negli ultimi cinque anni i suicidi sono stati 35 e 2250 le aggressioni. Siamo nell’ordine dei 300 suicidi se si considerano anche le altre forze dell’ordine”.