Smascherati i furbi della Guardia Medica

Cinque medici del servizio di continuità assistenziale di Milano sono stati sanzionati con un provvedimento disciplinare dall’Ats perché durante un’ispezione non sono stati trovati in servizio alla centrale telefonica di via Farini, né erano impegnati in qualche visita domiciliare, nonostante risultassero in turno e avessero timbrato il cartellino.

Il fatto, confermato al Giorno da più fonti, emerge solo a margine di uno scontro che ha riacceso i fari sulla riforma della continuità assistenziale (l’ex guardia medica, che funziona la notte e nei festivi quando gli studi dei medici di base sono chiusi) nel capoluogo.

Dal 15 luglio, le sei postazioni dalle quali 22 medici per turno rispondevano alle telefonate dei milanesi al 116.117 (il numero unico dal 2020, ma già da sei anni le chiamate vengono filtrate da un centralino dell’Areu, diverso da quello dedicato alle urgenze di competenza del 112-118) sono state concentrate in una centrale unica in via Farini, con 18 dottori negli orari di punta e dieci in quelli “di morbida”.

Senza tagli al personale, perché sono stati potenziati gli ambulatori in cui i medici visitano di persona: da otto (con due postazioni nel Municipio 9, e nessuna nel 5 e nel 7) con undici professionisti in totale sono aumentati a 13 (l’ultimo aperto ieri in via Saponaro), coprendo tutti i Municipi con 17 dottori negli orari di punta (la prima serata dei feriali, dalle 20 all’una e 30, e i festivi dalle 9 alle 21) e oltre 300 ore in più a settimana secondo i calcoli dell’Ats Metropolitana.

Il sindacato si era però attivato, ha spiegato Salvatore Monteduro, segretario confederale con delega alla Sanità della Uil Milano e Lombardia, chiedendo un incontro all’Ats a seguito di una lettera aperta firmata da un centinaio di camici bianchi alla vigilia del debutto della nuova organizzazione, in luglio: protestavano per la riduzione dei turni in postazione telefonica e per la centrale unica (chiedevano di tenerne quattro), preconizzando che “per i cittadini risulterà molto difficile parlare con un medico di notte”.

La Uil una settimana fa ha proclamato uno stato d’agitazione, accusando l’Ats di “mancanza di dialogo e di apertura”, ma lo scontro è divenuto pubblico lunedì scorso, alla vigilia del tentativo di conciliazione in Prefettura, quando “Uil Lombardia, insieme a Uil Fpl e Uil Pensionati” ha fatto sapere di voler querelare il direttore generale dell’Ats Metropolitana Walter Bergamaschi per non meglio precisate “affermazioni inaccettabili e denigratorie” che avrebbero “messo in dubbio l’operato della Uil” venerdì durante un incontro sindacale.

Al quale partecipavano anche gli altri due confederali (Cgil e Cisl), e tra i punti in agenda c’era la riorganizzazione del servizio di continuità assistenziale, ha replicato l’Ats Metropolitana, contestando alla Uil “affermazioni che non corrispondono al vero”, spiegando di “aver già risposto a luglio alla richiesta di chiarimenti” del sindacato e rispondendo alle preoccupazioni per i carichi di lavoro delle guardie mediche e di un allungamento dei tempi delle visite domiciliari con la centrale unica (prima della riforma, la media era una visita ogni tre operatori per turno) con i numeri forniti dal nuovo sistema, che tiene traccia di tutte le chiamate.

“Nei primi tre mesi, il servizio ha gestito senza alcun problema e con buoni livelli oltre 18 mila chiamate, effettuato 2.400 prescrizioni telematiche, 351 video visite e 361 visite domiciliari – ha fatto sapere l’Ats –. I carichi di lavoro sono risultati più che appropriati e rispettosi: in media ogni operatore in un turno di 12 ore risponde a 14 chiamate della durata media di meno di cinque minuti l’una”. A quanto Il Giorno apprende, sarebbe stata la discrepanza nel numero di telefonate evase da un gruppo di medici a far scattare l’ispezione che ha portato ai provvedimenti disciplinari.

Dei quali Monteduro precisa di aver appreso solo durante l’incontro di venerdì e che, assicura, nulla hanno a che fare con lo stato d’agitazione né con la querela al dg Bergamaschi: “Se qualcuno ha avuto un comportamento del genere, l’Ats ha fatto bene a prendere provvedimenti perché è molto grave e infanga il buon nome di 150 medici che lavorano nel servizio di continuità assistenziale a Milano”.

Dopo l’incontro in Prefettura, la Uil ha sospeso lo stato d’agitazione ed è stato fissato un incontro con l’Ats il 20 novembre: “Avvieremo un confronto per capire insieme come valorizzare il servizio. Non chiediamo di tornare indietro”, spiega il sindacalista. Quanto alla querela, invece, la Uil non ha ottenuto le pretese “pubbliche scuse”, dunque “andiamo avanti”, assicura.