Isagro abbandona gli asset chimici

Isagro abbandona gli asset chimici. Già alla Star Conference di Borsa Italiana del marzo 2019 Giorgio Basile, presidente e azionista di riferimento di Isagro SpA, quotata al segmento Star di Borsa Italiana, parlava di futuro. Ora questo futuro sta arrivando e desideriamo approfondire con lui gli aspetti salienti della sua politica espansiva. Del resto aveva introdotto il proprio intervento di marzo 2019 rivolto a investitori e giornalisti del settore, proprio con queste parole: “Non vi racconterò solo che cosa stiamo facendo, ma anche che cosa vogliamo fare”. Vediamo con lui come si è mossa Isagro negli ultimi nove mesi e, soprattutto, come si muoverà nel 2020.

Abbiamo assistito nel 2019 a una certa crisi nel mercato mondiale degli agrofarmaci, e anche i risultati di Isagro, sia in termini di fatturato, sia in termini di andamento azionario, si sono rivelati abbastanza deludenti. Come mai si sono presentate queste difficoltà, e su quali elementi potrebbe basarsi una ripresa del titolo alla Borsa di Milano in un prossimo futuro?

“Distinguiamo i temi di mercato dai temi della società. Il mercato in alcune aree geografiche ha avuto qualche problema, ma qui siamo nell’ambito del congiunturale. Quindi nessun alibi per quello che riguarda invece l’andamento della società che nel 2019, come dai dati annunciati per i primi 9 mesi, lascia immaginare di chiudere l’anno con un risultato largamente negativo-. Non è il mercato che ha giustificato questo, è un fatto solo parzialmente congiunturale. Ci sono dei fatti interni alla società”.

A che cosa si riferisce esattamente?

“E’ qualcosa che in primo luogo ha riguardato specificatamente un importante prodotto della nostra gamma, venduto in miscela con un altro principio attivo, ora revocato a livello europeo, il che ha determinato un impatto significativo. Ma, al di là di questo punto, in realtà noi nel 2019 siamo giunti al capolinea di un percorso, di una storia, che da anni ormai si andava a concretizzare e cioè la progressiva insostenibilità del modello di business di Isagro basato sulla scoperta di nuove molecole chimiche e il successivo sviluppo delle stesse”.

Quindi non svilupperete più nuove molecole chimiche?

“Questo modello, che è il modello storico, dall’origine della nostra ricerca, questo pezzo di attività è diventato anno dopo anno progressivamente insostenibile per il motivo molto semplice che il costo dello sviluppo si è incrementato di 6/7/8 volte nel corso degli ultimi 20 anni arrivando a costi assolutamente insostenibili per la dimensione limitata della nostra società rispetto ai colossi internazionali con i quali ci confrontiamo. Non a caso eravamo solo noi l’unica società piccola ancora con questo modello a livello globale”.

Questo aspetto era già stato segnalato da lei nel corso delle ultime conferenze in Borsa

“Non è che ce ne siamo accorti solo nel 2019, ma siamo dovuti arrivare al 2019 per completare lo sviluppo dell’ultimo prodotto, che è un fungicida sviluppato su base 50/50 con una nota società americana. Non potevamo interrompere questo progetto perché il valore ad oggi, concluso lo sviluppo, è importante. Purtroppo però in termini di cassa l’investimento, a causa della sua notevole dimensione, ha creato un eccessivo assorbimento di risorse”.

Pochi giorni fa avete comunicato la dismissione delle attività in India. Mi sembra di capire che con questa operazione si è creata una grande liquidità che sta portando un enorme beneficio alla società. Come pensate di sfruttare questa occasione?

“Io toglierei il grande … la liquidità diventerà molto rilevante quando avremo portato avanti altri pezzi del progetto. Vorrei però sottolineare come questa operazione non si sia presentata come una semplice opportunità per generare cassa per far fronte ad esigenze finanziarie. Assolutamente no. La cessione di Isagro Asia è il primo dei passi con i quali intendiamo a breve concludere il percorso che le accennavo prima. Parlo di mesi, non di anni perché il discorso è sicuramente all’interno del 2020 e nemmeno necessariamente alla fine del 2020. La svolta sarà nei prossimi 5 – 6 – 7 mesi con un obiettivo molto realistico, quello di dismettere gli altri asset chimici. Intendo dire asset chimici costituiti da prodotti esistenti, nonché da quelli nella pipeline di ricerca”.

Questa è una rivoluzione copernicana nelle strategie di Isagro dal 2020 in poi

“In un certo senso sì. Noi da quest’anno abbiamo dismesso l’impegno nello spendere come ricerca e investire nello sviluppo di nuovi prodotti. Quindi dismetteremo i prodotti della pipeline di ricerca: in altre parole smettiamo di spendere nella ricerca e sviluppo della chimica, cediamo gli assets, sia quelli che abbiamo già e che producono oggi un fatturato , sia quell’ultimo che abbiamo sviluppato che ancora non produce fatturato . Tutto questo progressivamente nell’intervallo di tempo che ho indicato, per generare una cassa, a questo punto sì molto importante, un multiplo di quello che abbiamo già realizzato con la cessione di Isagro Asia”

Ma si tratterà di una cifra più che elevata. Come pensate di reinvestirla?

“Reinvestiremo il ricavato di questi asset in altri mezzi per la protezione delle piante, quelli che attengono all’area del biologico. Non per l’agricoltura biologica solamente, ma per l’agricoltura nel suo complesso. Agricoltura tradizionale che si avvale di mezzi chimici, e dei quali si continuerà ad avvalere, ma per la quale continueremo a giocare il ruolo della Italian Creativity for Plant Health. Non cambia la nostra missione, solo che invece di fornire il prodotto chimico, forniamo il prodotto biologico, sia quello che già abbiamo, sia soprattutto quello che intendiamo sviluppare da oggi. Come? Con acquisizioni per integrare la gamma di prodotti che proporremo nella nuova struttura. E tenendoci le varie presenze all’estero in termini distributivi, però orientandole a vendere questa innovativa gamma di prodotti.”

L’acquisizione di asset esistenti avverrà solo in Italia e in Europa o in tutto il mondo?

“Guardiamo sia ad una possibile acquisizione in Italia, sia certamente anche nel resto del mondo. il punto è che privilegiamo nei limiti del possibile operazioni in Italia perché non vorremmo avere Isagro quotata in Borsa Italiana solo come holding di partecipazioni. Se facessimo tutte le acquisizioni di società in giro per il mondo, la Isagro rimarrebbe col suo picco di fatturato iniziale, ma diventerebbe solo una holding di partecipazioni nei settori. Nulla di male, ma preferirei una partecipazione significativa in Italia in modo tale che si abbia una consistenza attraverso operazioni di fusione. Insomma, ricreando il business della capogruppo che non può venire altro che da acquisizioni con relative integrazioni. Però è una preferenza non è una condizione.”

Lei parlava poco fa di Italian Creativity. Riuscirete a mantenerla?

“Il cuore della ricerca del nuovo comparto, che già esiste, deve essere italiano perché è strariconosciuta la capacità italiana ad un livello molto alto. Vero è che dobbiamo fare delle conversioni da cultura chimica a cultura bio, ma l’oggetto della protezione delle piante è quello. Allora, in tutti gli interventi, se c’è cultura di ricerca, si tratta di potenziarla con operazioni certamente non semplici, anzi impegnative. E con oneri finanziari e psicologici: però è il modo per avere una Isagro che abbia una vita futura con una partita giocabile.”

Pensa che influenzerà positivamente la quotazione del titolo questa svolta?

“La valutazione del titolo Isagro sul mercato esprime e riflette comprensibilmente la lettura dei risultati non solo dell’ultimo anno, ma anche dei risultati degli anni scorsi, che spiegano il valore basso del titolo. Che cosa manca però? Manca la consapevolezza del perché, ma solo i fatti lo dimostreranno. La cessione di Isagro Asia, comprata a suo tempo a un quarto del valore al quale è stata rivenduta, dimostra che quando avremo realizzato la cessione degli asset al valore che effettivamente hanno, il successo della svolta strategica in corso sarà evidente. Perché il valore degli asset per chi compra è espressione della propria capacità di estrarre valore , non della capacità di generazione dell’Isagro a causa dei suoi limiti dimensionali”.

Intende dire che ben utilizzati da aziende di dimensione maggiore gli asset di Isagro potrebbero generare fatturati molto più consistenti?

“Qui ci sono problemi di limiti finanziari e organizzativi, ma gli asset hanno un valore che non riusciamo ad estrarre perla nostra dimensione limitata. Nel momento in cui il mercato terrà conto non tanto del valore che noi estraiamo, ma di quanto gli asset valgono in termini di potenziale, ne avremo un grande vantaggio. E’ evidente che poi diventerà importante l’utilizzo della liquidità generata”.

Paolo Brambilla – Trendiest

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