Armi sì brigate no

Armi sì brigate noArmi sì brigate no. L’ultimo evento “scandaloso” della cronaca milanese in relazione alla guerra in Ucraina è stato un post del Consolato ucraino che annunciava l’inizio del reclutamento di volontari per la prima linea. L’idea, dicevano, era di costruire brigate internazionali sul modello di quelle inviate in Spagna prima della Seconda Guerra Mondiale. E subito una serie di pensionati si è sentita giovane e bella, per citare Jovanotti. Ma scriviamo “dicevano” perché l’annuncio è durato lo spazio di un mattino: in tutta fretta è stato cancellato e riproposto come “solo per ucraini” perché senza dilungarsi in tecnicismi per un italiano semplice è illegale. Ma non è chiaro perché l’Italia può mandare armi e rifornimenti, ma non truppe. E poi non sarebbe stato un reparto dell’Esercito italiano, ma semplici volontari. E allora perché armi sì e brigate no? Perché sembra che il Paese mantenga la solita linea del Ventennio più famoso: armiamoci e partite. Solo che si siamo evoluti: ora è direttamente armiamoli e restiamo qui. Fino a quando si potrà tenere una linea come questa? Anche perché da tutta Italia iniziano ad arrivare segnalazioni di processi contro persone o gruppi che hanno iniziato i reclutamenti di volontari. Gli Stati non sono tenuti alla decenza, perché è un campo che attiene soprattutto ai singoli cittadini. Ma alla lunga deve esserci un senso anche alla linea politica di uno Stato, altrimenti quel poco che rimane della così detta comunità nazionale si sfalderà del tutto e lo stesso Stato non avrà più nessuno a cui rivolgersi. Perché è come avere una Costituzione “più bella del mondo” ma che poi viene applicata per un dieci per cento: non solo non serve a un tubo, ma danneggia la credibilità delle leggi e dello Stato che su di esse dovrebbe reggersi.