4 Novembre 2019

Il diritto all’oblio. Come e quando si può ottenerlo

Il diritto all’oblio è il diritto di ciascuno ad essere “dimenticato” e si concretizza mediante la rimozione di tutti i link ed i riferimenti che rimandano ad un contenuto online ritenuto lesivo. Di tale diritto può parlarsi quando sia venuta meno l’attualità della notizia, quando l’esposizione dei fatti non sia commisurata all’esigenza informativa o risulti lesiva della dignità dell’interessato o quando la notizia – pur inizialmente diffusa nel rispetto delle condizioni poste al diritto di cronaca – sia stata ripubblicata a distanza di tempo con modalità lesive senza che la stessa sia tornata di interesse pubblico. Il diritto all’oblio è divenuto fondamentale soprattutto per Internet e per i siti d’informazione, poiché gli archivi digitali, indicizzati dai motori di ricerca, sono molto più facili da consultare rispetto a quelli cartacei e rimangono perennemente accessibili. La rete annulla la distanza temporale tra una pubblicazione e la successiva, ospitando notizie anche risalenti, spesso superate dagli eventi e quindi non più attuali. Ciò fa sì che quando si cercano informazioni su una persona si possa rapidamente arrivare a vecchi articoli nei quali si raccontano fatti di cronaca che potrebbero essere oggi ritenuti sconvenienti dal soggetto interessato. Accogliendo un ricorso presentato dalla Spagna, nel 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che i cittadini europei hanno il diritto di richiedere che alcune informazioni siano rimosse se queste sono “non adatte, irrilevanti o non più rilevanti”. La nota sentenza “Google Spain” del 13/05/2014 di fatto ha stimolato il Legislatore europeo ad elevare al rango di norma comunitaria il diritto all’oblio. È stato, infatti, stabilito che i diritti dell’interessato derivati dagli articoli 7 e 8 della Carta dei Diritti fondamentali dell’UE (rispettivamente “Rispetto della vita privata e della vita familiare” e “Protezione dei dati di carattere personale”) “prevalgono, in linea di principio, non soltanto sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull’interesse di tale pubblico ad accedere all’informazione suddetta in occasione di una ricerca concernente il nome di questa persona”. I giudici hanno sancito che se cercando qualcosa sul proprio conto su internet si trovi un contenuto segnalato nella pagina dei risultati che si ritenga non rilevante, deve essere possibile chiederne la “deindicizzazione”, ovvero la rimozione dalla lista dei risultati forniti. Se il motore di ricerca non rispetta la richiesta, il cittadino ha il diritto di presentare ricorso presso le autorità competenti per avviare un procedimento giudiziario. In buona sostanza, se un soggetto trova una notizia su Google che rimanda a un vecchio caso di cronaca che lo ha coinvolto, può chiedere al motore di ricerca che quel contenuto non compaia più nella pagina dei risultati quando qualcuno cerca il suo nome (l’articolo non sarà cancellato dal sito che lo ha pubblicato, ma semplicemente nessuno potrà arrivarci attraverso il motore di ricerca). Google ha il dovere di esaminare la richiesta (e molte volte la stessa viene accettata; da tempo infatti al fondo dei risultati è possibile trovare una nota che segnala che alcune pagine potrebbero essere state rimosse dalla lista). Dal 2014 ad oggi, sempre più rilevante è stato il ricorso a questo rimedio per garantire il “diritto al ridimensionamento della propria visibilità mediatica” (negli ultimi cinque anni, Google ha ricevuto oltre 850mila distinte richieste di deindicizzazione, che hanno interessato link verso 3,3 milioni di siti). La società decide volta per volta in autonomia, cercando di rispettare le indicazioni della Corte e affrontando le numerose cause intentate da chi si è visto rifiutare la richiesta di rimozione. Se, infatti, Google ritiene che l’interesse pubblico per l’articolo superi l’interesse del singolo che vorrebbe invece farlo rimuovere, può anche rifiutare la richiesta. Il singolo può quindi chiedere a un giudice terzo di occuparsene. La mole di richieste ha confermato i timori di molti osservatori sul rischio che le regole indicate dalla Corte sul diritto all’oblio online potessero essere utilizzate in modo arbitrario per chiedere la rimozione di contenuti limitando la libertà di stampa e il diritto di cronaca. Quando Google rifiuta una richiesta di deindicizzazione, avviene spesso che gli interessati si mettano in contatto con i gestori dei siti chiedendo che provvedano loro a escludere i contenuti dai motori di ricerca. In mancanza di un quadro normativo chiaro e con la prospettiva di dover sostenere spese legali, spesso i siti accolgono le richieste, limitando la loro funzione informativa e di fatto autocensurandosi. E proprio questo aspetto è stato sviluppato dalla Corte di Giustizia, con alcune implicazioni particolarmente rilevanti per la cronaca giudiziaria. Il profilo della persona, stilato dal motore di ricerca organizzando le notizie indicizzate, deve secondo la Corte rifletterne la condizione (anche giudiziaria) attuale, rimuovendo quindi i link ad articoli non aggiornati all’evoluzione processuale, ogniqualvolta l’impatto negativo sull’identità sia sproporzionato rispetto all’esigenza di agevole reperibilità della notizia. Così, anche qualora non si debba deindicizzare, le informazioni restituite dal motore di ricerca dovranno essere visualizzate in modo da riflettere la posizione giudiziaria attuale della persona. La notizia dell’assoluzione non deve, ad esempio, essere posta in coda a una pluralità di link più risalenti, relativi all’imputazione, alle misure cautelari, persino alla condanna non definitiva. Dev’essere, insomma, il criterio dell’esattezza e dell’aggiornamento a governare l’algoritmo dei motori di ricerca. Il diritto all’oblio è stato disciplinato anche dall’art. 17 del GDPR (Regolamento Generale sulla protezione dei dati personali, operativo per tutti gli Stati UE a partire dal 25 maggio 2018), che ha introdotto espressamente il “diritto alla cancellazione (<diritto all’oblio>)”. L’ambito di operatività della deindicizzazione è stato recentemente limitato dalla Corte di Giustizia alle sole pagine europee dei motori di ricerca. La sentenza del 24/09/2019, pronunciata in esito alla causa C-507/17 “Google LLC Vs CNIL”, ha infatti stabilito che il gestore di un motore di ricerca, quando accoglie una domanda di deindicizzazione in applicazione dell’art. 17 del GDPR “è tenuto ad effettuare tale deindicizzazione non in tutte le versioni del suo motore di ricerca, ma nelle versioni di tale motore corrispondenti a tutti gli Stati membri […] con misure che […] permettano effettivamente di impedire agli utenti di Internet, che effettuano una ricerca sulla base del nome dell’interessato

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Scontro sulle scuole fra Comune e Lega

“Per quanto riguarda la manutenzione straordinaria nelle scuole pubbliche da parte del Comune, i dati relativi al 2019 parlano di 19,5 milioni di euro, mentre nel 2020 diventeranno 13. Si tratta di 6,5 milioni in meno, il 34% in meno di fondi alla manutenzione e quindi alla sicurezza dei bambini“. Lo ha denunciato il Presidente del Municipio 2, Samuele Piscina, nel corso di una conferenza stampa svolta ieri pomeriggio a Palazzo Marino. Presenti anche il capogruppo in Consiglio comunale Alessandro Morelli, il presidente del Municipio 4, Paolo Bassi, e le consigliere comunali del Carroccio Silvia Sardone e Laura Molteni. Da Palazzo Marino è arrivata la replica dall’assessorato all’Educazione: “i 6,5 milioni di euro definiti come in meno non sono minori investimenti sulla manutenzione delle scuole, ma investimenti messi su capitoli sempre di manutenzione straordinaria delle scuole: in particolare – spiegano dal Comune – la cifra non fa riferimento al bilancio del 2020, ma al finanziato del 2019, ed era stata comunicata ai Municipi già due anni fa. Inoltre la stessa cifra è stata definita per poter finanziare maggiormente, per esempio, i cantieri per i Certificati di Prevenzione Incendi“. La conferenza stampa dei rappresentanti del Carroccio ha poi sottolineato le condizioni di numerosi istituti scolastici che sono rimasti chiusi o danneggiati in seguito al maltempo degli scorsi giorni: “con l’affidamento della manutenzione ordinaria dal 2018 a MM, la situazione è peggiorata, il numero verde non risponde e gli interventi non sono rapidi. Anzi, a volte richiedono mesi” ha sottolineato Piscina, che ha rilevato come, “se un genitore denunciasse alla Procura della Repubblica la situazione, il Comune dovrebbe chiudere la scuola per la mancanza di agibilità”. In merito, l’assessore Laura Galimberti ha replicato che il Comune “sta incrementando la manutenzione ordinaria grazie al supporto di MM, sia tramite appalti sia con interventi a gestione diretta. Purtroppo, durante questa fase di rodaggio, si sono verificate queste forti piogge, ma nonostante questo gli interventi sono stati il più possibile tempestivi, anche e soprattutto in quelle scuole che avevano subito i danni maggiori: nei giorni successivi sono stati eseguiti circa 30 interventi, grazie ad MM e al supporto dato dal Nucleo intervento rapido del Comune“. “Bisogna anche far si che le Scuole statali utilizzino davvero i fondi del Comune per le piccole manutenzioni: nell’anno scolastico 2018/19 avevano a disposizione un totale di oltre 700mila euro, ma ne hanno rendicontati ad oggi solamente 360mila” ha spiegato l’assessore, ricordando che al momento sono 43 i cantieri di manutenzione straordinaria avviati in città e 35 quelli ultimati nell’ultimo anno e che sono tre le nuove scuole aperte. Sono invece in corso i cantieri per le scuole Pisa, Viscontini, Strozzi, Brocchi, Magreglio e Adriano 60.  

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La Polizia Penitenziaria sventa evasione da niguarda

Gli agenti della Polizia Penitenziaria hanno sventato l’evasione di un detenuto dal reparto di Psichiatria 2 dell’ospedale Niguarda. Ne da’ notizia il segretario generale del sindacato Polizia Penitenziaria “S.P P.”, Aldo Di Giacomo, secondo il quale , il quale “è sempre più drammatica la realtà che vivono i Poliziotti Penitenziari in merito alla gestione di detenuti affetti da problematiche di natura psichiatrica“. “Nella giornata di ieri – ricostruisce il sindacato – un detenuto extracomunitario, approfittando dell’apertura delle porte del reparto ove è ricoverato da circa sei mesi, in occasione della visita dei parenti degli altri malati, ha cercato di darsi alla fuga, seminando il panico nel reparto“. “Solo il pronto intervento degli agenti addetti al controllo – scrive Di Giacomo – ha evitato che questi potesse riuscire nell’intento o arrecare danni a cose e persone al momento presenti“. Per Di Giacomo, “è impensabile che un detenuto possa restare ricoverato, come nel caso di specie, per quasi sei mesi in un ospedale civile. E’ assolutamente necessario rivedere, il collocamento dei detenuti affetti da problemi psichiatrici dopo la chiusura degli O.P.G.”. ANSA  

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Il Consiglio Comunale ha approvato il Bilancio Consolidato 2018

Con 24 voti favorevoli, 3 contrari e 9 astenuti il Consiglio Comunale ha approvato il Bilancio Consolidato per l’esercizio 2018. Si tratta della situazione economico patrimoniale che deriva dall’aggregazione del Bilancio del Comune con i bilanci delle società partecipate. Il risultato netto del Bilancio Consolidato 2018 è di 307,8 milioni di euro, con un patrimonio netto di 8,7 miliardi di euro.  

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Asta deserta, guardia medica in visita con i taxi

Guardie mediche in visita in taxi: è il provvedimento preso dall’Ast dopo l’asta deserta che avrebbe dovuto appaltare il consueto servizio alle ‘croci’ milanesi, che abitualmente forniscono vetture e autisti, nelle varie zone, per accompagnare i medici alle visite domiciliari. Il fatto è riportato oggi dal Corriere della Sera. Il sindacato dei medici Snami sottolinea soprattutto la questione della sicurezza del medico, auspicando un nuovo accordo con l’Anpas, l’Associazione nazionale delle pubbliche assistenze. Gli ultimi due bandi di gara sono andati deserti, riporta il quotidiano, perché le Croci non ritengono più conveniente il servizio. E’ stato così attivata una convenzione con il Comune  e Areu per la chiamata di un taxi all’andata e una al ritorno. ANSA  

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Celebrate le Forze armate in piazza Duomo

Si è svolta questa mattina in piazza Duomo, la tradizionale cerimonia dell’alzabandiera in occasione della festa delle Forze Armate, istituita 100 anni fa all’indomani dell’armistizio che decretò la fine della prima guerra mondiale. La cerimonia è iniziata alle 12 con lo schieramento delle forze armate: carabinieri, guardia di finanza, polizia, e anche i bersaglieri che hanno portato il loro labaro con il tradizionale passo di corsa. Dopo l’innalzamento del Tricolore è stato letto il messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quindi la fanfara ha intonato l’inno di Mameli e i le tradizionali musiche d’occasione, ‘Parata d’eroi’ e la ‘Fedelissima’, inno dell’Arma. Il prefetto di Milano, Renato Saccone, insieme al generale Gaetano Mariuccia, a capo del comando interregionale Pastrengo, hanno passato in rassegna le divise schierate. Hanno partecipato il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, in fascia tricolore, e per la Regione Lombardia il consigliere Carlo Borghetti, istituzioni di cui sono stati esposti i gonfaloni, assieme a quello della città metropolitana. Presenti anche i massimi gradi cittadini fra le autorità militari.  

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