Un morto a casa della quasi presidente Cartabia

Un morto a casa della quasi presidente CartabiaUn morto a casa della quasi presidente Cartabia. Perché in tanti non hanno saputo che nella casa per le vacanze del ministro della Giustizia Marta Cartabia è morto un uomo. E’ morto un operaio romeno “Secondo una prima ricostruzione dei fatti, la vittima – Costantin Cobanel, di origini romene e residente ad Aosta – è stato schiacciato da una putrella che gli è finita addosso per cause ancora da chiarire” riporta ilGiorno. Per una questione simile un normale imprenditore e un normale proprietario di casa avrebbero la Guardia di Finanza persino dentro le mutande, invece per ora risulta indagato solo l’imprenditore responsabile dei lavori. E stranamente, o forse no, la notizia non è stata l’apertura di tutti i telegiornali nonostante sia trascorso da poco il primo maggio. La festa dei lavoratori dove si è ricordato ancora una volta quanto sia facile infortunarsi o morire sul posto di lavoro. Ma un morto a casa della quasi presidente Cartabia pare non sia importante. Perché altro aspetto che in molti dimenticano è che Marta Cartabia è stata tra i nomi papabili per la Presidenza della Repubblica, lo scranno più alto in assoluto dello Stato. Perché lei fa parte di quel ristretto circolo di magistrati che si scambiano le poltrone più importanti dello Stato da qualche anno. E forse anche per questo ha suscitato un timore reverenziale di cui altri non avrebbero goduto. Nessun giornale manderà un inviato in Valle d’Aosta a raccontarci nel dettaglio che lavori sta svolgendo la ministra a casa sua, né avremo un dettaglio del suo patrimonio o delle sue ferie al mare, con foto scabrose come quelle di Formigoni sullo yacht. Nessuno si azzarderà nemmeno a investigare sui amici e parenti di Cartabia e i loro affari, perché con certi livelli della “politica” è meglio non giocare. E’ pericoloso persino lavorare come operai a casa loro, domandare e investigare è da pazzi. Certe persone si possono solo servire. Specialmente in Italia. E noi ci accodiamo perché se non osa chi può, chi è in fondo alla scala sociale come noi dell’Osservatore si inchina.