Rozzano: processo da rifare per Don Mauro Galli

Rozzano: processo da rifare per Don Mauro Galli. La Cassazione ha infatti accolto il ricorso presentato dai difensori del sacerdote accusato di aver violato sessualmente A. B. La questione ha avuto un eco nazionale e si trascina ormai da diversi anni. L’ex sacerdote della pastorale giovanile alla chiesa di San Pietro in Canazza a Legnano, era stato condannato per aver abusato sessualmente, nel dicembre del 2011, di un ragazzino che all’epoca aveva 15 anni. La corte di appello aveva ridotto da 6 anni e 4 mesi a 5 anni e 6 mesi la condanna. Ora però è tutto da rifare perché le ben dieci eccezioni sollevate dallo studio Zanchetti che difende Galli hanno colpito nel segno: si sono concentrate su molti aspetti, ma in particolare nel dettaglio di quale reato è stato contestato al religioso e alle testimonianze incongruenti in più punti della presunta vittima. Ma anche la poca considerazione per la versione alternativa dei fatti proposta dall’imputato: da una parte l’accusa sostiene che l’ex parroco avesse ordito una sorta di trama per far dormire l’adolescente da lui e molestarlo, dall’altra il religioso sostiene di aver ospitato il ragazzo perché dopo un litigio con i genitori minacciava di scappare di casa. Fatto di cui erano stati informati i genitori. Da una parte poi c’è il giovane che sostiene di aver subito una molestia notturna, dall’altro l’ex sacerdote che sostiene solo di averlo afferrato perché il ragazzo nel corso della notte aveva un incubo che lo stava facendo cadere dal letto. Insomma, due realtà completamente diverse che si affronteranno ancora in aula. Ma per molti protagonisti della vicenda sarà più la prosecuzione di un incubo perché la vicenda è comunque pesante, quale che sia il punto da cui la si osserva. E aveva creato guai persino all’attuale arcivescovo di Milano Delpini quando durante una testimonianza si era preso una colpa non sua: aveva dichiarato di aver spostato Galli in un’altra parrocchia, ma in realtà in quel momento non ricopriva ancora l’incarico che gli conferiva quel potere. Segno che anche i religiosi di alto rango di fronte alla sbarra possono sbagliare a ricordare.