Industria Italiana nel mirino delle femministe

Industria Italiana nel mirino delle femministe
Foto di JamesDeMers da Pixabay

Industria Italiana nel mirino delle femministe. Il direttore del giornale Filippo Astone è stato infatti costretto a precisare una sua posizione perché ha scoperto quanto può essere pesante il “pubblico ludibrio”. Ecco dunque il suo intervento esplicativo su come è finita Industria italiana nel mirino delle femministe: “Capita ogni tanto di essere fraintesi e di sottovalutare la logica del “pubblico ludibrio” connessa ai social network, che oggi domina i comportamenti di molti, anche al di fuori dei social network stessi. E’ successo a me, in qualità di direttore di “Industria Italiana”. La settimana scorsa, mentro ero in vacanza, ho ricevuto la mail di un gruppo di attiviste femministe che mi invitata a pubblicare un comunicato nel quale si auspicava l’aumento della quota del Recovery Fund che, nelle bozze, è destinata a sostenere la parità di genere. Invece di cestinarlo, ho fatto l’errore di rispondere, entrando nel merito. Ho risposto – spiegandomi male (mea culpa) mentre scrivevo dal cellulare – che non lo avrei pubblicato, perché sono contrarissimo a destinare quote del Recovery Fund a questo tipo di iniziative. A mio avviso quei fondi dovrebbero esclusivamente servire a incentivare (in forme non di sussidi e non lesive della concorrenza) attività industriali e tecnologiche che permettano una crescita dell’economia a medio termine. Crescita che era già indispensabile prima della pandemia, e che adesso è diventata vitale. Per far fronte all’emergenza, infatti, il debito pubblico italiano passerà da 2000 a circa 2500 miliardi, un ammontare che renderà insostenibili gli interessi se non ci sarà una decisa crescita economica. E se gli interessi saranno insostenibili, nel giro di qualche anno, purtroppo, ci ritroveremo in una situazione peggiore di quella che ha prodotto il Governo Monti, con conseguenze tragiche e una macelleria sociale che si porterà via il welfare, la scuola, le pensioni e i diritti sociali. E che danneggerà anche quelle pari opportunità che tutti – a partire dal sottoscritto – auspicano con forza. Per questo, gli sforzi andrebbero concentrati su ciò che produce sicuramente crescita economica, lasciando perdere non solo pari opportunità, ma anche contributi al Sud e alle fasce svantaggiate. E finanziando la sanità non col Recovery ma col Mes, che è ben più potente ed efficace. Apriti cielo. La risposta è stata travisata, pubblicata (era una mail privata….. bisognerebbe chiedere il permesso… così si dovrebbe fare) e io sono stato messo alla berlina come anti-donne. Ma nulla di tutto questo è vero. Giusto per chiarire con gli amici e i lettori:

1) Il sottoscritto e Industria Italiana sono convinti che le pari opportunità siano un tema serio e importante per l’economia e la società italiana. e che meritino iniziative e politiche valide.
2) Le iniziative volte a favorire l’avvicinamento delle ragazze alle materie Stem sono importantissime. Noi abbiamo fatto di tutto (da giornalisti) per sostenerle e lo faremo ancora.
3) La logica delle “quote rosa” applicata al business, in varie forme, ci lascia estremamente perplessi. Non piace a noi, così come non piace ad autorevoli imprenditrici e persino a filosofe femministe come Michela Marzano, della quale, per inciso, il sottoscritto divora avidamente ogni libro e articolo.
4) Non date retta, se per caso vi ci imbattete, ai commenti su di noi apparsi su un certo sito femminista
5) La prossima volta mi guarderò bene dal rispondere a certe mail. Mea culpa. Mea culpa. Mea maxima culpa
6) Viva le donne!!