A Gaza la colpa europea

Sono arrivate immancabili le manifestazioni a sostegno dei palestinesi mentre infuria lo scontro tra Striscia di Gaza ed Israele, razzi a profusione contro cannonate, droni e missili. Sono reazioni solite ad eventi ormai abituali  di conflitto senza fine. Nelle manifestazioni diffuse in tante piccole città e piccoli centri, piccole folle di vecchi e ragazzi, con tanta memoria colpevole e tanta ignoranza incolmabile. Lo scontro più forte lanciato da Gaza, dall’autorità di Palestina 7 anni fa ha lasciato macerie senza ricostruzioni. In compenso ora sono stati accaparrati 11 mila missili (gli M-30 dalla Siria via Iran, i razzi R-160 e i Fajr-5 da 75 km, i Qassam e Grad da 40 km) che ora vengono consumati velocemente, al ritmo di mille in pochi giorni. Non c’è alcuna possibilità che l’ennesima aggressione di Hamas, dominium di governo a Gaza, danneggi seriamente Israele ma è alta la speranza di poter mostrare le vittime, donne e bambini, delle reazioni israeliane, così da ottenere sempre maggiori aiuti internazionali. La strategia militare (servizi segreti Jehaz Amam e struttura militare Al-Mujahiddin al-Filastinun) di Hamas costa ca. $70 milioni l’anno per qualche centinaio di combattenti, approvvigionati ed addestrati, le cui famiglie, possono contare, in caso di morte di pensioni da €5mila. D’altro lato tutto il bilancio pubblico di Gaza è solo di ca. $500 milioni. Un quadro capace di smantellare ogni residuo romanticismo sull’autodeterminazione dei popoli dell’epoca anticolonialista.

Sembra proprio che 70 anni non abbiamo insegnato nulla. 70 anni di conflitti, di guerre, di guerriglia strisciante e di terrorismo, quattro guerre, tre intifade, 21 anni di attacchi a sorpresa da Gaza, quasi 70 condanne di Israele da parte dell’Onu hanno condotto ad un punto morto, fin da quel 2005 quando Israele si ritirò da Gaza ed altri territori occupati dopo le guerre. con diverse responsabilità. Il mondo arabo, innanzitutto. L’obiettivo di cancellare Israele dalla carta geografica unisce oggi solo la fazione Hamas, al governo nell’Autorità nazionale palestinese ed Hezbollah, partito armato e filo iraniano al governo in Libano, Lo diceva ancora la Persia del 2005; oggi si limita a sperarlo guardando l’orologio che segna il tempo della profezia al 2040 della fine ebraica. Non lo dicono più Egitto, Giordania, Siria, Libano, Libia, Iraq, Kuwait, Algeria, Sudan, che sostenevano nel ’67 per bocca del presidente irakeno, il nostro obiettivo è cancellare l’aberrazione dell’esistenza di Israele. Non lo dicono più neanche Emirati Arabi Uniti e Bahrei, dopo gli accordi di promossi da Trump e sono sulla stessa via Sudan e Arabia Saudita. Malgrado quel che propagandano le anime belle ci sono delle conseguenze a scatenare tante guerre, perdendole tutte; e ce ne sono ancora di più se il paese che si vuole distruggere, cresce e prospera con un modello di sviluppo inarrivabile tra tutti i vicini mediorientali,

Nondimeno l’ostilità a Israele è forse l’unico leitmotiv che unifichi il diviso mondo arabo e islamico, giustificandone l’ostilità al campo americano ed occidentale reo di difendere Israele. Ricco solo se ha petrolio, in corsa nell’immersione nelle novità tecnologiche digitali il cui know how è tutto straniero, il mondo arabo è conscio della frustrazione che l’attaglia; dalla caduta ottomana, i suoi territori sono stati regolati, gestiti, rivoluzionati secondo le ondate altrui di invasione, ritiro, neoinvasione, senza che gli islamici potessero mai toccare palla. Fra queste conseguenze della storia altrui, c’è anche lo sviluppo del Focolare ebraico, che però mai sarebbe divenuto Stato se gli arabi medesimi non avessero venduto le loro terre. Anche il passaggio dalla leadership terzomondista, rivoluzionaria e laica a quella jihadita, consumatasi tra i palestinesi nel 2005, ha seguito il crollo del marxismo nel nord del mondo più che l’avvento del khomeinismo. Ora dopo le recenti guerre, invasioni e posizionamenti militari Usa in tanta parte del mondo islamico, in loco c’è poco da dire, anche perché per ridimensionarli c’è stato bisogno della presenza militare russa.

I tempi della Guerra Fredda non ci sono più; Mosca, stabilmente amica della Siria, lo è anche di Israele. La quale, a forza di minacce, è divenuta una notevole potenza regionale, con il più forte esercito del quadrante mediorientale, con tanto di accettazione di Gerusalemme come sua capitale. La revanche islamica è affidata all’emigrazione in Europa ed al politicamente corretto negli Usa. La più giovane parlamentare Usa, la bella portoricana Alexandria Ocasio-Cortez, detta AOC, ha tuonato contro Israele come uno stato di apartheid. Gli estremisti dei diritti umani sostengono gli arabi, a loro dire, discriminati difendendo il loro stile di vita e di governo, che è opposto ai medesimi diritti. I democratici Usa, però, nella foga di cancellare il filoisraelismo trumpiano, si trovano di fronte paletti insuperabili storici ed economici. A Gerusalemme, per evitare le quinte elezioni in due anni, il partito islamista Ra’am di Mansour Abb, potrebbe coalizzarsi alla destra per permettere l’ennesimo governo Netanyahu, con enorme indignazione del moldavo, ancor più destro, Lieberman. In questa dialettica, non proprio da apartheid, mentre il conflitto di Gaza si è esteso a scontri anche nelle città israeliane da Lod a Tiberiade, parte degli arabi sono stufi dell’autorità palestinese che danna loro la vita. E l’opposizione di Yair Lapid non sembra meno di destra. Gli ultimi 20 anni di terrorismo strisciante hanno chiuso tutti gli israeliani alle interferenze del mondo esterno che spesso parlano senza sapere. Il risultato è l’incredibile sorpresa di un possibile governo araboebraico.

La verità è che mai i palestinesi sono stati tanto isolati nel mondo musulmano, nemmeno ai tempi del disastro di immagine dell’Olp per corruzione o dalla guerra civile del 2005. Negli anni, dal 2004 in particolare, sono scemati gli aiuti da centinaia di migliaia di dollari delle rimesse dei 20 mila palestinesi e libanesi del Brasile; o i $50 milioni che arrivavano da Arabia Saudita e Stati del Golfo. Quanto all’Iran, i suoi $3 o 100 milioni annui, a seconda dei momenti di maggiore o minore vicinanza politica, si sono sempre tradotti in armi. A finanziare i palestinesi paradossalmente resta l’Occidente con i 65 milioni Usa che Trump bloccò e che Biden vuole ridare all’Autorità.

E l’Europa, storica sostenitrice dell’Autorità Palestinese che non ha idee chiare. Nel 2001 il Consiglio Ue inserì Hamas nella lista nera delle organizzazioni terroristiche, congelandone i beni. Nel 2011 i palestinesi vennero ammessi come osservatore alle istituzioni europee. Nel 2014 l’europarlamento riconobbe lo Stato di Palestina con i confini del 1967 ed il Tribunale europeo cancellò l’iscrizione di Hamas dalla lista terrorista per motivi procedurali. Era appena arrivata, Alto rappresentante, la pigra Mogherini che si scatenò solo a favore dei palestinesi. Nel 2017 la Corte di giustizia  confermò il terrorismo di Hamas dando ragione agli Stati europei; nondimeno nel 2019 la stessa Corte etichettò i prodotti palestinesi come provenienti da Territori occupati. La Mogherini mantenne in ogni condizione il ricco flusso di finanziamenti, ca. €200 milioni a titolo collettivo e dei singoli Stati, per progetti di utilità sociale di persone fisiche o di altre organizzazioni associate a Hamas, come ammesso candidamente da von Burg, rappresentante Ue a Gaza e Cisgiordania. Il sospetto di un uso militare o di arricchimento personale è altamente plausibile.

Eppure, come si è visto dalle manifestazioni, il debole per i palestinesi è comune in Europa alle piazze come ai governi. Così si chiude il cerchio dalle manifestazioni citate all’inizio. L’ossigeno per la carneficina infinita kamikaze palestinese lo forniamo noi europei. Prevale sempre un modo orwelliano di trattare Israele, un mix di antisemitismo classico, ignoranza storica quasi totale e un riflesso pavloviano di simpatia verso quelli che sembrano i diseredati del terzo mondo in un mondo di inversione etica kafkiana. L’essenziale di Hamas è suscitare un fuoco di risposta israeliano per causare propri morti a beneficio delle tv internazionali. Le parole del premio Pulitzer, Krauthammer, scomparso nel 2018 sono tanto vere che in Israele si sono chiesti se i missili anti-missile Iron Domes, a protezione dei propri abitanti, non rientrino nella strategia di Hamas ed hanno giocato a propri scopi le tv internazionali.

Nel 70 d.c. Roma spazzò via gli ebrei per il mondo; entro il 2070 Israele tornerà sui suoi passi del 2005, pagherà sangue e risorse nel breve e lungo termine per l’annessione definitiva e la fine di Hamas che proseguirà la sua opera ancora in medio oriente fino a spegnersi come lumicino. L’Europa piangerà un po’ e poi ci passerà sopra; per lei anche i morti di questi giorni non sono veramente importanti ma solo l’occasione di discussioni, dichiarazioni ed il sogno di catturare qualche grande Sionista per giudicarlo a L’Aja.

Giuseppe Mele