Sala bastona i cinesi

Sala bastona i cinesi. E fa bene perché la Cina negli ultimi anni si è abituata a trattare con l’Italia in posizione di forza: troppa la forza del dragone cinese per contrastarla, i cinesi erano gli unici a spendere grandi cifre. Dunque in un Paese di arraffoni hanno avuto gioco facile. Paolo Sarpi è stata venduta da italiani ingolositi dalle generose offerte della comunità cinese, salvo poi accorgersi che China Town è China Town come dimostrano le sommosse di qualche anno fa quando (epoca Moratti) la comunità si rivoltò saldando con il suo vero governo, quello di Pechino. Oggi c’è un club che a quanto si dice non paga gli stipendi da parecchio. E anche sul nuovo Stadio pensa di poter fare ciò che vuole, tanto che Sala bastona i cinesi educatamente: finché non è chiara la proprietà, non si può andare avanti. Ma loro rispondono parlando d’altro: “FC Internazionale Milano ha una storia gloriosa ultracentenaria. Esisteva prima del Sindaco Sala e continuerà ad esistere anche al termine del suo mandato. Troviamo le dichiarazioni del Sindaco di Milano offensive nei confronti della Proprietà, irrispettose verso la storia e la realtà del Club e i suoi milioni di tifosi a Milano e in tutto il mondo nonché irrilevanti rispetto all’attuale iter amministrativo del progetto Un Nuovo Stadio per Milano. Se dovesse essere confermato che l’Inter e la Proprietà non sono gradite all’attuale amministrazione, sapremo prendere le decisioni conseguenti”. Quindi invece di chiarire cosa sta succedendo al loro interno, i cinesi usano la lunga tradizione interista come scudo suscitando dubbi sulle loro “cattive intenzioni” direbbe Morgan. Ma l’aspetto più surreale di tutta la vicenda è la parte di centrodestra d’accordo con i cinesi. Va bene attaccare Sala, ma almeno in modo comprensibile all’elettorato di centrodestra che va dal liberale spinto al patriottico. Cioè tutti quelli che sarebbe d’accordo a seguire una linea come quella di Sala. Peccato sia lui a farla sua e non un candidato sindaco. Ma per quello a quanto pare siamo passati da “a breve” a “non è una priorità”.