22 Marzo 2021

Confesercenti: decreto sostegni? Misure insufficienti e inique

Confesercenti: decreto sostegni? Misure insufficienti e inique. Misure inadeguate per molti settori gravemente danneggiati dalle politiche di chiusure” è questo il giudizio sommario di Gianni Rebecchi, Presidente Confesercenti Lombardia alla prima valutazione dei contenuti del cosiddetto Decreto Sostegni. “Il valore medio degli aiuti ottenuti fin’ ora dal sistema delle imprese è di circa 3.000,00 Euro per ogni impresa. Se pensiamo al calo dei consumi registrato nel 2020 rispetto al 2019 di circa 110 miliardi, possiamo renderci conto di quanto ancora resti da fare per sostenere le imprese: la misura tra ciò che serve e quanto è previsto rappresenta tutta la distanza tra chi governa e chi ha subito le conseguenze più drastiche del fermo attività imposto”. Il pensiero è rivolto a tante categorie che hanno dovuto chiudere i battenti e “responsabilmente si sono rese parte attiva alla lotta contro il covid, ai pubblici esercizi, alla ristorazione, al commercio ambulante non alimentare, ai servizi per il turismo e molti altri ”trattati oggi con superficialità a dir poco”. La scarsità di risorse è evidente soprattutto per le imprese familiari: sommando tutti i ristori, un’attività che fatturava 100mila euro nel 2019 e ne ha persi 80mila nel 2020 otterrà in tutto tra i 6 e i 7mila euro. E se per caso non avesse ricevuto le prime tranche, perché esclusa dal codice ATECO, riceverebbe in tutto appena 4mila euro: il 5% delle perdite (Confesercenti nazionale). “Se non vengono integrate le risorse per chiudere la partita dei ristori del 2020 dignitosamente e non si imposta una politica sulla ripartenza nel 2021, molte imprese potrebbero non farcela ampliando il divario tra chi nel Paese in questa vicenda ha pagato un prezzo altissimo e chi non ha scontato alcun sacrificio, specie in ambiti pubblici”.  

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Oggi evitiamo acquisti su Amazon?

Oggi evitiamo acquisti su Amazon? Perché per la prima volta va in scena uno sciopero di lavoratori Amazon: turni massacranti, diritti ridotti all’osso e la pretesa di una flessibilità mal conciliabile con il concetto di lavoro degli italiani. Perché uno dei problemi è senz’altro quello: il lavoro deve essere sicuro, cioè stabile nei pagamenti e nelle prospettive al di là del mercato e delle reali possibilità di un’azienda. “Se stabilizzi uno, te lo sposi” sintetizzavano gli imprenditori negli anni scorsi. Una perfetta sintesi di come il mondo del lavoro sia completamente distaccato dal mondo: perché a differenza dello Stato, che resta la più grande azienda del Paese, nessuno può davvero permettersi di concedere tutti i diritti. E infatti anche nelle famose piccole e medie imprese si va sempre ben oltre i propri compiti o orari di lavoro. Perché assumere uno che può non presentarsi più al lavoro, ma tu sei costretto a pagarlo, vuol dire dover chiudere l’azienda. Con Amazon il problema si ripropone come con i rider: ritorna l’idea di farne un’occupazione fissa con regole come per i dipendenti pubblici, ma così l’unico effetto è costringere alla chiusura delle attività. Molti sindaci con senso del reale costruiscono ponti d’oro ad Amazon quando intende investire su uno dei tanti paesini difficilmente individuabili sulla mappa dell’Italia. Ma il punto di lavori come il rider, di Glovo come di Amazon, è lo stesso dei lavoretti da universitari o da cameriere: la precarietà. Serve ad accumulare piccoli capitali per non sprofondare nella povertà, l’idea che diventi un lavoro da colletto bianco si scontra con la realtà. Così come i professori del Sud che si definivano deportati perché gli era stato detto che non essendoci classi al Sud, avrebbero dovuto spostarsi al Nord. Senza vergogna si paragonarono ai deportati dell’ultima guerra mondiale. Oggi però torna il tema per i 40mila dipendenti di Amazon. Quasi duemila euro al mese per i corrieri di Amazon sono abbastanza, perché è uno dei più alti del settore. Ma ci sono meno diritti che in Fca o nello Stato. Allora oggi evitiamo acquisti su Amazon? Perché è la richiesta dei dipendenti in sciopero. Noi non siamo appassionati, ma oggi lamentarsi perché non hai il posto fisso mentre guadagni meglio dei tuoi colleghi di settore ci pare una bestemmia in chiesa.

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Letta, con il suo arrivo alla guida del PD, ha dato il colpo di grazia alla sinistra

Letta, con il suo arrivo alla guida del PD, ha dato il colpo di grazia alla sinistra. Enrico Letta è il nuovo Segretario del Partito Democratico, che qualcuno ancora definisce di sinistra, ma che di sinistra ha ben poco, anzi nulla, se per sinistra si intende la difesa delle classi proletarie e dei lavoratori e non il falso perbenismo e giustizialismo, che spesso è proprio di quell’atteggiamento borghese e perbenista, che oggi non incanta più nessuno. Ma già prima che arrivasse Letta il PD era il partito dei borghesi, di quella sinistra definita radical chic, pseudo ambientalista e sedicente difenditrice della dignità umana, nonché dei valori umani, che si diceva affondasse le proprie radici nel Partito Comunista, rappresentato da uomini come Enrico Berlinguer. In realtà, appare molto evidente che il Partito Democratico si adornava di una veste non sua, giacché utilizzava i valori del suo passato politico per dimostrare di essere un partito vicino alle classi meno abbienti. Niente di più falso. Anzi! “La classe operaia va in Paradiso”, era il titolo di un film che ben definisce l’anima borghese di tale sedicente sinistra, che cerca solo il proprio benessere nel fingere di difendere i diritti di quella che ancora possiamo definire “la classe operaia”, ossia coloro che sono meno abbienti, in quanto i loro diritti non sono tutelati, anzi strumentalizzati per fini personali. Ed è per tale ragione che i meno abbienti vivono il disagio sociale, fanno fatica a vivere il proprio diritto di cittadinanza all’interno di una società che potrebbe dar loro tutela e il benessere necessario per vivere una vita dignitosa. La cosiddetta sinistra si è, per caso, imborghesita? La risposta è nei fatti, che ci circondano e ci parlano della realtà. Allora è bene rispondere: “Si, la sinistra si è imborghesita e, pertanto, non esiste più”. Si può constatare, difatti, che, da alcuni decenni, non sono stati indetti scioperi di rilievo da parte dei Sindacati di sinistra. In tanti dicono: “Sono di sinistra”. Occorre chiedere loro cosa significa tale affermazione. Parrebbe che essi intendano dire: “Non sono di destra”. Ma che cos’è la destra se la sinistra, in realtà, non esiste? La storia ci insegna che tutto viene superato dal processo della storia stessa, secondo un principio di miglioramento del preesistente. Non dobbiamo temere che la cosiddetta “sinistra” abbia spento le sue luci. Perchè? Perchè tutto ciò che di buono ed umano ha dato all’essere umano è stato un bene, che certo, ha lasciato la sua traccia indelebile ed una scia su cui ci si può incamminare, certi di andare verso nuove mete migliorative rispetto al passato. Occorre, tuttavia, sottolineare che i principi che la sinistra riteneva essere suoi, di sua esclusiva proprietà, in realtà, sono principi universali ed immortali ed, in quanto tali, destinati a sopravvivere a qualsiasi intemperie, a qualsiasi cambiamento, a qualsiasi tradimento, che l’animo umano spesso pone in essere, tradendo addirittura la propria identità e destinati a sopravvivere a qualsiasi catastrofe umanitaria. I principi universali ed immortali, tra i quali vi è il rispetto della dignità umana, la centralità del valore dell’essere umano, la sacralità dei diritti e dei doveri, il valore della vita, il valore della cultura, della formazione della coscienza umana ad accogliere il bene e a praticarlo, sono eterni e vivono in ogni contesto della vita umana, seppur minacciato dall’odio, dal nichilismo, dalla barbarie, dalla catastrofe sanitaria, che sembra voler far morire l’essere umano ed i suoi valori. Ed ecco, oggi e qui, riemergere, più forte di prima, al di là dell’etichetta, ossia “sinistra”, “destra”, “centro”, e chi più ne ha, più ne metta, l’anelito alla giustizia sociale, alla parità nelle sue più splendide espressioni, tra le quali quella femminile, all’accoglienza, alla solidarietà, alla cooperazione, alla condivisione dei beni, a livello universale, perché tutti ad essi possano accedere e di essi nutrirsi e sopravvivere. Letta, con il suo arrivo alla guida del PD, ha dato il colpo di grazia alla sinistra. Con realismo e senso di responsabilità ha staccato definitivamente la spina dal passato, che rimaneva un tenue e sentimentale ricordo, attestando di essere finalmente un partito liberal democratico, senza più alcun nascondimento. E bisogna ringraziare Letta che finalmente ha messo le cose in chiaro a differenza dei suoi predecessori, che ancora mantenevano, solo a parole, quell’antico legame con un passato glorioso. In realtà, già con Matteo Renzi si era evidenziata la volontà di trasformazione, poi non avvenuta del tutto, perché i tempi non erano ancora maturi. Assistiamo, non senza perplessità, che il Partito Democratico con Letta e il partito di Berlusconi, ora si assomigliano molto di più e sempre più si ha l impressione che, per molti progetti, vanno a braccetto, anche se devono fingere di essere cane e gatto. Che fantastico scenario! Bisogna prendere atto del fatto che un partito che difenda il popolo non esiste più, o forse, deve essere ricostruito, certo non utilizzando l’appellativo “sinistra”, ma l’appellativo “popolare” e “solidale”. Difendere le istanze del popolo, della classi meno abbienti, i diritti degli ultimi contro ogni forma di discriminazione, è un’esigenza non solo politica, ma morale, che tocca il piano dei sentimenti umani, ed è prerogativa delle persone oneste e solidali, che hanno a cuore la giustizia, che amiamo definire persone di “Buona Volontà”, non importa se sono stati simpatizzanti dell’uno o dell’altro partito tradizionale. Qualcuno parla delle sardine come anima “pura” della sinistra, ma assolutamente non possono rappresentare nessuno, perchè non hanno finalità certe e concrete. Parlano e basta! L’ attuale sinistra, ossia il partito politico Leu, che ha preso le distanze dal PD, appare essere velleitaria e, per tale motivo, non muove un dito a favore dei bisognosi di aiuto sociale ed economico. In tale contesto, che segna il crollo della politica tradizionale, si rende sempre più impellente la necessità di raccogliere il fermento e l’anelito del popolo dignitoso della nazione italiana, che porta nel cuore, il desiderio di democrazia e solidarietà, che sono, ineludibilmente, valori intramontabili. di Biagio Maimone

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