Il “barone nero” condannato a due anni per apologia di fascismo

Il “barone nero” condannato a due anni per apologia di fascismo. A darne notizia è lo stesso Roberto Jonghi Lavarini, storico esponente milanese dell’estrema destra. Una condanna in seguito alla quale sono iniziate ad arrivare manifestazioni di stima e sostegno dai membri di Aristocrazia Europea, associazione nobiliare alla cui fondazione ha partecipato lo stesso Jonghi Lavarini. Ecco la sua lettera:

Questa mattina sono stato condannato per apologia di Fascismo (Leggi Scelba e Mancino), a due anni di reclusione (pena sospesa), 1.000,00€ di ammenda, 5 anni di sospensione dai pubblici uffici, per un servizio televisivo de Le Iene del 2014, andata in onda senza la mia necessaria autorizzazione liberatoria, loro sintesi volutamente alterata e distorta di 3 minuti di una mia lunga e articolata intervista di due ore e mezza. Il giudice ha, in maniera assolutamente inaspettata ed inusuale, addirittura triplicato la richiesta di condanna del Pubblico Ministero, rimasto lui stesso evidentenente basito dalla sentenza. L’ avvocato Simone Andrea Manelli, che ringrazio, ha prima fatto formale e logica richiesta di aquisizione agli atti della intera intervista (rigettata), e poi condotto una precisa e puntuale difesa su tutti i punti contestatimi, chiedendo la mia piena assoluzione. Sapevo di venire condannato, non avevo, sinceramente, alcuna illusione, ma non in questi termini. Si tratta di una sentenza politica, ideologica, partigiana. Mi condannano per un “tagli e cuci”, non autorizzato, che distorce e ridicolizza il mio pensiero, senza nemmeno verificare prove e testimoni. Si tratta di una sentenza assurda, già scritta, vogliono consolidare una giurisprudenza antifascista per reprimere ogni dissenso. Tecnicamente, voglio rassicurarvi, che non ci sono grandi problemi, faremo certamente motivato ricorso e siamo vicini alla prescrizione del reato. Come ho già detto ai giornalisti presenti, purtoppo, sulla crisi patologica del sistema giudiziario italiano e sulla politicizzazione della magistratura, aveva perfettamente ragione Silvio Berlusconi. Il caso Palamara è solo l’ultima goccia che, in una nazione civile, dovrebbe far travasare il vaso… Non ho mai avuto alcuna fiducia nella giustizia italiana e questo ultimo tragicomico atto non fa che confermare il mio giudizio, rafforzare le mie idee, ed intensificare il mio impegno politico e culturale contro questo sistema e contro questi liberticidi reati di opinione, che ne evidenziano la strutturale debolezza e la recondita paura dei suoi vertici (il “deep state” italiano). La loro censura è solo il segno evidente della loro pochezza intellettuale e della loro fragilità politica.

ROBERTO JONGHI LAVARINI