Un verso a metà… (in una società sempre più liquida). “META Platforms” o più semplicemente “META”. Cosi Mark Zuckerberg ha cambiato il nome dell’azienda capofila del suo impero, Facebook, Instagram, WhatApp, Messanger, Oculus Rift, Mapillary e Jio Platform. Ma non è solo un semplice cambio di denominazione o un ricercato restyling di marketing ma qualcosa di più, infiltrare sempre più nel tessuto sociale, a partire dai più giovani, un nuovo modus operandi di vivere, dare corpo, pardon vitalità, ad una second life, ricordate? Già oggi la forma più simile a questi futuri mondi virtuali sono i vari e tanti videogame, dove per poter giocare contemporaneamente e collegarsi in tutto il mondo è necessario creare una propria identità ed entrare in “altro” ambiente. Ora il principale obiettivo è quello di arrivare, sfruttando la IA in modo esponenziale, prima degli altri in un mondo fatto di umani che interagiscono in uno spazio digitale, il Metaverso, utilizzando degli avatar, per sfuggire a una realtà distopica, come viene definita. Colonizzare un mondo nuovo e, chiaramente, monetizzare ancora il più possibile. Innanzitutto, cosa è il Metaverso? È la promessa, appunto, di passare in un mondo digitale a tre dimensioni dove immergersi e avere esperienze che coinvolgono anche il nostro corpo. Di fatto una tecnologia trasformativa che modifica anche la percezione del nostro mondo. Tutto questo è di una potenza abissale che deve quindi essere compresa a fondo e regolata. L’oggetto non esiste ancora ma lo stesso Zuckerberg parla di massimo 5 anni ma già ora di intravede a cosa aspira e cosa vuole da tutto ciò, il metaverso di Facebook sarà uno spazio virtuale in cui, come da romanzo, gli utenti di Facebook potranno interagire utilizzando degli avatar. Pensavamo fosse fantascienza se pensiamo alle atmosfere di “Ready Player One”, o al cyberspazio di “Neuromante” o a “Snow Crash” il romanzo di Neal Stephenson del 1992 o altri romanzi o film. Invece qualcosa sta accadendo nel mondo del digitale e del virtuale. In un interessantissimo articolo Daniele Manca, fa un’analisi, a mio avviso, consona e veritiera “Guai a prenderlo sottogamba, come facemmo con Internet alla fine degli anni Novanta noi tutti che già c’eravamo. E che forse consideravamo soltanto un bel gadget quel telefonino presentato da Steve Jobs nel 2007. Pretendeva di farci abbandonare la mini tastiera del Blackberry a favore di uno schermo da toccare. E cioè senza la fisicità confortante di quei tasti reali che riuscivamo a usare non solo grazie alla vista ma anche grazie al tatto. Quindici anni dopo abbiamo capito che potevamo quasi fare a meno del tatto e, scivolando su un duro vetro, riusciamo persino a comporre complicati testi. Già ma il Metaverso promette addirittura di ridarci tutte le sensazioni che proviamo con il nostro corpo. Interamente.” Certo Manca ricorda che non sia già così ma la possibilità che in un futuro non molto lontano dobbiamo ricrederci e quella che oggi sembra un qualcosa di fantascientifico posso arrivare e da mezza realtà divenga realtà, virtuale, ma realtà. Quindi è cosa buona iniziare a parlarne, ragionare, occuparcene e a preoccuparcene. Perché qui non si tratta di liquidare la cosa con un banale “è il progresso ragazzi” no, già, aggiungo io, la splendida introduzione dei social si è rilevata oramai con percentuali inimmaginabili, uno strumento dannoso e anche pericoloso con la deformazione della realtà vera e del senso stesso del pensiero autonomo e consapevole, questa non sarà una eguale a qualsiasi altra rivoluzione hi-tech che l’ha preceduta. Chi ben mi conosce sa che odio citarmi ma, se serve, ho già avuto modo di scrivere nel, diciamo cosi, “lontano” 2016, qualcosa che andava controcorrente “….dieci anni fa il WEB era già presente abbondantemente nella nostra quotidianità ma da geniale intuizione, da opportunità di conoscenza e sviluppo tecnologico, di diffusione e rapidità delle notizie, oggi, possiamo affermare, senza tema di smentita, che gran parte di esso, riguardante innanzitutto i “ social”, è divenuto ormai un mondo a parte, identico a se stesso, una miscellanea uniforme dove ogni cosa ha eguale valore, il basso e l’alto, il bene e il male, il vero e il falso, dove si erge prepotente l’invidia morbo dell’incultura. Si sta pian piano disintegrando il concetto di competenza, molti, nel web, diventano tuttologi ed è ormai divenuto, anche, foriero delle peggiori pulsioni umane che sfociano, a dir poco, nella più pericolosa superficialità sino ad alimentare le azioni più pericolose. Si creano e diffondono notizie “tossiche” al fine di creare una convinzione generale su una NON verità. Un luogo dove, purtroppo “l’ignoranza e la prepotenza lottano tra loro e… vincono entrambe”, e fui tacciato, da alcuni , di catastrofismo o, peggio, rifiuto del progresso o di timore. Sciocche baggianate, ma anche in questo caso, la superficialità di chi criticava, la faceva da padrona. Ho sempre ripetuto e oggi dinanzi al “fenomeno” Metaverso, lo ripeto con più convinzione, nulla può, vuole o deve bloccare lo sviluppo tecnologico, la scienza, il progresso e il futuro, ma bisogna assolutamente regolamentare gli sviluppi degli stessi, non sottovalutare e vivere le novità con l’ansia da prestazione tipica di chi non vuole ragionare e ha in sé il pensiero che latita, anche quello basico, ovvero fare una semplice analisi di visione, non del contingente, ma proiettata nel futuro. Oggi ne parlano tutti e fiumi di inchiostro, speciali in Tv e talk show a gogò, a discettare del pericolo “social”, delle fake news, di infodemia, di immersioni e manipolazioni collettive sul web, sulla pericolosità , per esempio del cyberbullismo, etc, etc, etc. Non dimentichiamoci che il tutto è accresciuto con l’emergenza sanitaria mondiale che ha imposto un cambio epocale e generalizzato di approccio anche al lavoro con il telecommuting per milioni di persone e riducendo a zero le opportunità di interazione sociale. Quindi, si pensa, in un mondo diverso post pandemico, potremmo aver bisogno più che mai di avatar pixelati. Vi è anche da considerare questo attivismo sia solo un motivo per dar slancio in un momento di difficolta dove Facebook non ha più l’appeal di una volta, e