Lo sfogo di un commercialista: “Un ennesimo schiaffo ai professionisti”

Lo sfogo di un commercialista: “Un ennesimo schiaffo ai professionisti”. Riportiamo il testo di una lettera firmata, lo sfogo di un commercialisti che parla dell’ennesimo schiaffo ai professionisti da parte di apparati statali feroci con i deboli come un “branco di lupi”:

Un gregge senza pastore. In balia dei lupi.
Non l’ho mai fatto, ma questa volta vi chiedo non solo di leggere, ma anche di condividere (sempre che
siate d’accordo, sia chiaro …).
Davvero si è superato ogni limite di decenza e al peggio, evidentemente, non c’è mai fine.
Ennesimo schiaffo ai professionisti e, purtroppo, poche denunce isolate da parte di chi, come me, non ha
ruoli istituzionali ma che, ogni giorno, tocca con mano la protervia con la quale l’Agenzia delle Entrate tratta
decine di migliaia di professionisti. Ai quali ha imposto adempimenti a raffica, spesso inutili e troppo
complessi, in un panorama normativo torrentizio, confuso e contradditorio. È la stessa Agenzia delle
Entrate che fa larghissimo uso dello smart working, a tutela della salute dei suoi dipendenti, ma che, nei
fatti, disprezza la salute di chi, da troppo tempo, continua a fornire alla pubblica amministrazione servizi
gratuiti, che servono a colmare le enormi inefficienze della macchina statale. Solo per avere contezza dei
numeri, oltre il 70% del gettito Irpef confluisce nelle casse erariali grazie al lavoro dei commercialisti. I fatti:
si è consumato, il 23 novembre, l’ennesimo oltraggio, che meriterebbe una conseguente e fortissima
protesta, nelle forme civilissime che i professionisti sanno utilizzare. Si chiedeva – legittimamente e
ragionevolmente – di individuare un automatismo che preveda la “sospensione delle scadenze fiscali e
contributive” per i contribuenti assistiti da uno studio professionale di un intermediario fiscale il cui titolare
e i collaboratori siano stati posti in quarantena per effetto del Covid-19. Si tratta, come è ovvio, di un
evento che può essere certificato dalle autorità sanitarie.
La risposta è un condensato di insensibilità, di arroganza e di disprezzo; una chiara testimonianza che il
rapporto di leale collaborazione e di reciproco affidamento, troppe volte ipocritamente sbandierato dai
vertici dell’Agenzia delle Entrate, è una menzogna che deve essere denunciata senza mezze misure. Scrive,
il Capo Divisione del Settore coordinamento e programmazione – Ufficio adempimenti e sanzioni – dott.
Paolo Valerio Barbantini che, “Ad avviso della scrivente, ferme le valutazioni di ordine politico, la chiusura
di uno studio professionale che svolge l’incarico di intermediario, per i motivi sopra richiamati, non sembra
riconducibile ad una ipotesi di causa di forza maggiore oppure a un evento eccezionale e imprevedibile che
legittima la sospensione od il differimento degli obblighi fiscali e tributari riferibili ad un soggetto terzo
estraneo al provvedimento sanitario. Infatti, sebbene in genere assolti tramite un intermediario abilitato, il
responsabile degli adempimenti tributari e fiscali resta in ogni caso il contribuente/cliente cui gli stessi si
riferiscono, che dunque risponde delle conseguenze anche sanzionatorie nel caso di mancato o tardivo
assolvimento, non potendo trovare applicazione l’esimente di cui all’articolo 6, comma 5 del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, secondo cui non è punibile chi ha commesso il fatto per forza
maggiore. Tale previsione è infatti riservata alla sola ipotesi in cui l’adempimento non sia stato assolto per
un impedimento riferibile al contribuente stesso”. Non pago, l’inflessibile dott. Barbantini irride anche chi
ha posto il quesito, precisando che “la Corte di cassazione, sezione penale, ha chiarito che […] la forza
maggiore che esclude la suitas della condotta è la vis cui resisti non potest, a causa della quale l’uomo non
agit sed agitur … Non sembra, in conclusione, ricorrere nel caso prospettato una oggettiva assoluta
impossibilità, da parte dei contribuenti/clienti dello studio sottoposto a quarantena, di porre in essere loro
stessi gli adempimenti di cui si chiede la sospensione, ma solo un eventuale difficoltà da valutarsi caso per
caso”.
Insomma, anche con dotte citazioni latine, l’Agenzia delle Entrate pretende di rafforzare la propria tesi,
salvo ottenere l’effetto di irritare ancora di più chi legge. Dunque, se il professionista e i suoi collaboratori si
ammalano e, magari, sono anche ricoverati in ospedale, i loro clienti dovrebbero forzare la porta dello
studio professionale, impossessarsi del computer e provvedere direttamente all’invio delle dichiarazioni. O,
in alternativa, potrebbero predisporre e inviare autonomamente la dichiarazione (come fosse un gioco da
ragazzi). Non aggiungo altro, salvo rilevare che, prima o poi, qualcuno dovrà rendere conto di questa
miserabile vergogna. I professionisti, oltretutto incredibilmente esclusi dai contributi a fondo perduto

poiché ritenuti non meritevoli, non chiedono elemosine, ma rispetto. Quel rispetto che si sono conquistati
con sacrifici enormi nel corso di decenni di lavoro massacrante, sacrifici che sono diventati titanici nel
periodo emergenziale. Una pagina tristissima, degna di un regime dittatoriale e che emana un
nauseabondo odore di prepotenza legalizzata.
Ecco, l’ho scritto e me ne assumo la responsabilità. Anche perché, ogni mattino, quando mi guardo allo
specchio, riesco ancora a non abbassare gli occhi