Quello strano silenzio sul così fan tutti in Atm

Quello strano silenzio sul così fan tutti in Atm. Una calma davvero sorprendente, perché abbiamo iniziato a “fare i nomi” come si usa dire. Abbiamo scritto come sia emerso dai primi interrogatori che gli stessi dirigenti di Atm consigliassero ai loro sottoposti come dribblare il regolamento interno al fine di ottenere “consulenze”. Le virgolette sono d’obbligo: secondo i magistrati invece si chiamano tangenti. Secondi e terzi stipendi irregolari che Paolo Bellini ed altri prendevano in cambio di aiuto per aziende private ad ottenere gli appalti di Atm. L’aspetto più surreale della vicenda è proprio che Bellini ha spiegato come due suoi dirigenti fossero perfettamente al corrente di quanto succedeva, ma secondo il grande accusato era un sistema tanto diffuso da essere considerato normale. O inevitabile. Abbiamo già scritto quanto sembri sbagliato pagare i manager pubblici meno di quelli privati, ma non è una giustificazione per rubare dalla cassa comune. Inoltre resta inevasa la domanda: se Atm con i suoi 10mila dipendenti macina 1 miliardo di ricavi all’anno, quanto potrebbe raggiungere senza questa tassa sulla corruzione? Centinaia di migliaia di euro a manager sommati per tanti manager costituiscono un bel gruzzolo. Soldi dei milanesi, che però in questa occasione sembrano distratti da altri. Eppure a Milano non si fa altro che discutere di quanto sia bello e funzionale il sistema di trasporto pubblico locale. Quando però viene fuori che è un mazzettificio, nessuno dice niente. Non vorremmo mai metterlo solo sul piano morale e penale (le mazzette sono comunque e ovviamente deprecabili) ma più su quello pratico: ad esempio, se si eliminassero i manger infedeli e le loro “consulenze” il biglietto della metro dovrebbe costare sempre 1,5 euro? Perché ai milanesi in periodo di crisi potrebbe essere utile risparmiare sugli spostamenti. Sempre che per il sindaco attuale e quello successivo non sia più importante lasciare mano libera ai Bellini di questo mondo. In fondo il popolo come ricordava il Marchese del Grillo “non è un cazzo”.