Editoriali

Il piano inclinato verso destra

Il piano inclinato verso destra. Tra i primi a scalpitare dopo le ultime regionali c’era stata Silvia Sardone, vicina in un primo momento a Fratelli d’Italia la bionda terribile del nord Milano è poi passata alle fila leghiste. E ottenendo pure un ottimo risultato alle elezioni europee. Insieme a lei anche Stefano Maullu, già europarlamentare di Forza Italia, si era deciso per il passaggio a destra proprio prima delle ultime europee. Per appena 180 voti non è riuscito a entrare a Strasburgo sotto le bandiere di Fratelli d’Italia a cui comunque ha portato quasi diecimila voti. La  tendenza però sembra non arrestarsi: in tanti anche su gradini più bassi della scala politica stanno pensando a un passaggio sotto bandiere di destra. L’ultimo che sembra in procinto di passare a FdI su piazza milanese è Andrea Mascaretti, “il Lord” lo chiamano per i suoi modi interni ed esterni sempre elegantissimi. Per ora Mascaretti è rimasto sul vago, ma dai rumors pare che la decisione sia già presa: tutto però verrà condotto con delicatezza e eleganza, come da stile di Mascaretti. L’uomo del Rotary può contare su molti appoggi nella così detta Milano bene, oltre che su ampie parti del mondo ecclesiastico con cui da sempre organizza eventi, manifestazioni e cene natalizie  per i più deboli della società. Per Fratelli d’Italia sarebbe senza dubbio un ottimo acquisto su Milano, anche in prospettiva: il passaggio anche di Mascaretti a FdI potrebbe infatti convincere altri indecisi di Forza Italia. Gli azzurri infatti sono sempre più in crisi e anche il pressing di Giovanni Toti si fa sentire: Gelmini ha provato a rintuzzare gli stimoli affermando pubblicamente “basta non siamo destra”. Una dichiarazione che ha allontanato ancora  di più una parte  di eletti e simpatizzanti da Forza Italia: se non c’è più destra nel centrodestra, allora rimane solo il centro. Un partito cioè da Udc del terzo millennio, rivolto più alla fascia anziana della popolazione e ai nostalgici degli anni Novanta. Questa visione però porta alla diaspora e a un piano inclinato verso destra: in tanti hanno capito che non si può pensare solo a una determinata fascia di popolazione o di blocchi elettorali.  Tanto per dirne una: gli attuali dirigenti azzurri non sarebbero mai in grado di diventare leghisti che fanno campagna elettorale al Sud. Non sanno cioè immaginare loro e il partito una volta guida dei moderati in un modo diverso, cioè più contemporaneo. Ma piano piano, di Mascaretti in Mascaretti, non avranno più nessuno a sostenere le gambe delle poltrone su  cui siedono.  

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Melchiorre Gioia diventa un luogo di ritrovo

Melchiorre Gioia diventa un luogo di ritrovo. La chiusura della prima parte del viale che porta dal cuore della città alla zona nord est è diventata l’occasione per riscoprire una nuova funzione a un trafficato e caotico viale. A iniziare sono stati dei ragazzi che hanno riutilizzato lo spazio liberato per una partita di pallone, poi è toccato a un gruppo di giovani che hanno deciso di organizzare un ritrovo una decina di giorni fa. Ora anche una piccola associazione milanese ha provato a richiamare chi è rimasto a casa per un pic nic serale nel mezzo della città. Il luogo in effetti si presta molto alle necessità: la strada è immersa in uno spazio lontano dalle abitazioni, intorno ci sono solo aree verdi, la biblioteca degli alberi e l’area verde verso Centrale, dunque qualunque agglomerato di persone non rischia di infastidire il riposo di nessuno. Inoltre si trova a metà tra due fermate della metropolitana, dunque è raggiungibile da diverse persone con la comodità e la sicurezza dei mezzi pubblici. In più è appunto immersa a suo modo nel verde. Per chi poi volesse raggiungerla con mezzi privati, tutto intorno ci sono vie ad alta percorrenza, dunque anche in questo caso è facile raggiungerla. La reazione dei milanesi va dunque considerata, non pensiamo sia davvero il caso di aprire una nuova zona Darsena, ma visto che l’Amministrazione ha avviato da tempo la logica dei cambiamenti temporanei potrebbe essere un fatto positivo. In fondo la programmazione dei lavori prevede che il viale prima o poi riaprirà (siamo cauti solo per gli eventuali ritardi) dunque non c’è comunque rischio di allargare la zona della movida di Corso Como. Però è il caso di porsi una domanda: sarebbe poi tanto un male se si allargassero le zone dedicate allo svago e a ritmi più lenti a scapito di quelle riservate ai rombi inquinanti di auto spesso ferme in ingorghi?  

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L’inesorabile crescita delle strisce blu

L’inesorabile crescita delle strisce blu. E’ il fenomeno silenzioso che accompagna l’allungamento delle metropolitane e nel contempo crea quasi più disagi dell’aumento del biglietto a due euro. In migliaia hanno provato a opporsi al cambiamento cromatico della segnaletica orizzontale, ma non ci sono mezzi reali per opporvisi: la normativa infatti è molto chiara e stabilisce che l’avvicinarsi di infrastrutture importanti rende una certa zona di alto interesse urbanistico, vale a dire una zona in cui non valgono le stesse regole che in quelle “normali”. Una delle regole che non vale è proprio il necessario equilibrio tra strisce bianche e strisce colorate. Possono diventare tranquillamente solo gialle e blu, colori che per i residenti si equivalgono. Tutto questo rende i cittadini molto incazzati, ma molto inermi: sembra proprio di tornare a fine Ottocento quando frotte di contadini tentavano di opporsi alle ferrovie che attraversavano i continenti. Una sfida persa fin dal principio per i contadini ovviamente. Oggi il problema però si ripropone in via Piranesi e dintorni e in via Bezzi e dintorni, proprio quelle vicine alla nuova Metropolitana 4. I cittadini sono allarmati soprattutto per il rischio di chi è partito tranquillo lasciando la sua auto sulle strisce bianche: il cambiamento infatti potrebbe rappresentare per lui o lei una raffica di multe al ritorno dalle vacanze, se non addirittura la rimozione della macchina. Un bello scherzo per chi torna rilassato dalle ferie estive: guarda e l’auto non è più dove l’ha lasciata. Il primo pensiero sarebbe un furto e se davvero il responsabile fosse invece il carro attrezzi non sarebbe poi così lontano dalla verità. Il Comune infatti come un mariuolo avrebbe aspettato che l’incauto milanese si spostasse sulla spiaggia per poi prendergli la macchina e restituirgliela solo dietro compenso. A Palazzo Marino è meglio che ci pensino, magari con una direttiva ad hoc per la polizia locale: già sarebbe imbarazzante spiegare certe verniciate alle auto viste negli anni scorsi, figuriamoci una montagna di multe e rimozioni rifilate alla chetichella. In fondo lo scopo dovrebbe essere migliorare la viabilità e la vivibilità, non taglieggiare vacanzieri.

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Le mammelle sterili di mucche egoiste – La risposta del popolo meridionale a Feltri

di Biagio Maimone – Dopo più di 60 anni, ossia dall’epoca in cui  numerose famiglie del meridione italiano si  trasferirono  nelle città “ubertose” del Nord  Italia alla ricerca di lavoro, il popolo meridionale dice basta alle offese continue,  ricevute da chi li ha sempre considerati  parassiti dell’economia del Nord, che avrebbe costituito il serbatoio economico  per “mantenere” un popolo di  terroni fannulloni e retrogradi. “Mantenuti dallo Stato” è l’aforisma con cui sono stati etichettati i cittadini del Sud Italia, in quanto i soldi derivanti dalle tasse pagate dagli italiani del Nord Italia  sarebbero stati  devoluti  e sono attualmente devoluti al sostentamento  degli italiani del Sud Italia. Il Sud Italia è stanco dei  luoghi comuni che offendono la dignità di un popolo e di una terra la cui importanza strategica nel panorama sociale e politico italiano è davvero straordinaria. Basta leggere i libri di storia, basta osservare il Mar Mediterraneo.Spiace dover affermare che il Nord Italia ha costruito il proprio benessere attraverso una politica discriminatoria che gli uomini che hanno governato, anche di origine meridionale, hanno posto in essere ed, inoltre, attirando le braccia operose degli abitanti del Sud Italia. Non è uno slogan, è storia scritta nei libri di testo. Tuttavia, per essere storicistici, non si può negare che il Sud Italia  sia  completamente innocente, ma occorre riconoscere che  è stato connivente con una politica che ha creato dislivello sociale ed economico, facendo fiorire il Nord a discapito del Sud , per chissà quali interessi economici di questa o quella persona salita al potere degli scranni del Parlamento italiano . Ma ecco che e nasce un nuovo fermento.  Si intende cambiare pagina: è arrivata l’ora! Il Sud Italia ha un’anima che pulsa di umanità e vuole prendersi cura dei propri territori,  rendendoli fertili e proliferi di benessere, nonché di arte, cultura e pensiero. I giovani non accettano di vedere le proprie terre avvolte nell’obsolescenza.  Ecco, quindi, farsi avanti la creatività di tanti che ideano progetti innovativi per il Sud Italia e desiderano fortemente attuarli. Sta per sorgere un fronte pronto a sfidare l’economia del Settentrione . I meridionali prendono coscienza delle proprie forze e rispondono ai settentrionali dicendo basta alle offese.  Sta sbocciando, infatti, una nuova era politica nel mezzogiorno. Le regioni del Nord vogliono l’autonomia? Ben venga perché anche il Sud la vuole. Filosofi, sociologi, giornalisti, economisti si incontrano al fine di  costruire un progetto politico e socio-economico per il rilancio del Sud e della condizione del popolo meridionale. Quei terroni che, secondo le dichiarazioni di Vittorio Feltri, succhiano dalle mammelle del Nord, replicano che le mammelle del Nord non hanno mai prodotto latte in quanto sterili di amore per il Sud Italia. 

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E se Melchiorre Gioia restasse chiuso?

E se Melchiorre Gioia restasse chiuso? In questi giorni agli scioperi estivi e ai tradizionali lavori stradali che esplodono in agosto si è aggiunta la chiusura per un mese di via Melchiorre Gioia. E proprio nel tratto in cui si congiunge con l’asse di viale Sturzo. Un ulteriore disagio per i milanesi, e non, rimasti a lavorare mentre il resto delle persone è già al mare o in montagna: quella infatti è una delle arterie principali che portano anche tutti i pendolari del nord Est di Milano nel cuore del capoluogo. Migliaia di persone che tutti i giorni percorrono tutta quella lunga via che parte da Garibaldi e arriva fuori dal capoluogo meneghino. Impedire questo flusso in pianta stabile sarebbe senz’altro un cambiamento molto impegnativo, ma siamo sicuri che la città non se lo possa permettere? Siamo in un momento di grande espansione per Milano. I privati hanno appena investito per creare altre torri e aree verdi che andranno a completare il Progetto Porta Nuova. Un quartiere del tutto nuovo che sta già creando le sue vittime, ma che indubbiamente sta rinnovando anche in senso positivo la vita delle persone: in questi giorni abbiamo visto una foto di ragazzi che hanno trasformato la zona bloccata in un campetto da calcio improvvisato. Un segno che Milano ha anche voglia di vivere oltre che di pensare a fatturare. E se Porta Nuova lasciasse la circolazione modificata in questo senso? Sarebbe poi davvero una tragedia se si iniziassero a chiudere i vialoni come Melchiorre Gioia? In fondo sono il risultato di un cambiamento della città in un altro periodo storico, quello in cui si passava all’età industriale intesa come fase finale dello sviluppo della macchina a vapore. All’epoca  si  chiusero i Navigli per aprire la strada alle auto. Oggi si può contare su un servizio pubblico sempre più in espansione e con integrazioni biocompatibili come i motorini elettrici di diverso tipo. L’auto non è davvero necessaria a nessuno all’interno di Milano, a patto che si potenzino  i servizi  aggiuntivi e  si smetta di piegarsi alla violenza dei taxi. Le città moderne hanno bisogno e diritto a  un servizio come Uber,  continuare a vivere nel terzo mondo per  una categoria che vive nell’illegalità del commercio delle licenze è inaccettabile. Quindi torniamo al punto: e se Melchiorre Gioia restasse chiuso? E lo scriviamo noi che viviamo oltre al blocco, giusto per informazione dei probabili haters in ascolto. Non prendiamo posizione a favore della chiusura, ma ci permettiamo di sollevare un dubbio.  

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Metro 5: bloccata un’altra scala mobile a Garibaldi

Metro 5, bloccata un’altra scala mobile a Garibaldi. Per chi è rimasto a lavorare, e a Milano si parla di tanta gente, è oggettivamente un disagio. Si dovrebbe cambiare qualcosa ma loro non sono capaci. Loro ci provano, ma non ci riescono. E per scrollarci di dosso i “lorsignori” e “loro” molto da stampa italiana, facciamo qualche nome: Beppe Sala ad esempio, che si occupa  di metropolitane solo quando c’è da aumentare i biglietti o stanziare fondi. Oppure la così detta opposizione di centro destra a Palazzo Marino, in grado di contestare Area C e la sua espansione quando tutti sanno che l’Ecopass mica l’ha introdotto Babbo Natale. Sulla metropolitana però ci sono altre questioni da approfondire. I Sollazzo di questa città dove sono? Perché gli aumenti del biglietto Atm saranno pure eccessivi o sbagliati, ma qualcuno ha voglia di mettercisi davvero sulla questione ferrovie? Lo scriviamo anche per il loro futuro politico: nei prossimi dieci anni a Milano quello che non sarà mattone, sarà rotaia.  Si preparano i primi esperimenti di metro a livello metropolitano con le previste espansioni di tutte le linee. Si prepara la circle line che creerà la prima circonvallazione su ferro. Insomma di materiale e spazio per “fare politica” ce n’è a profusione. Nel frattempo la nuova e modernissima M5 casca a pezzi. Persino nei suoi centri nodali ci sono scale mobili che devono essere chiuse per manutenzione. Un gran problema per chi deve usarle, ma un tema su cui riflettere per la città. Nonostante tutta questa carne al fuoco, nessuno si occupa di altro se non di 50 centesimi di aumento. Perché le varie opposizioni non si trasformano davvero in qualcosa di serio e chiedono di istituire una commissione o un’indagine di qualsiasi tipo sulla M5? Intendiamoci, non per scovare le varie associazioni mafiose (quelle cercheranno sempre di infilarcisi e ci pensa già egregiamente la forza pubblica), ma per capire come sono stati spesi questi soldi. Chi li ha presi e per cosa perché qui qualcosa non funziona e forse Milano merita almeno una risposta. I milanesi poi non sono vendicativi per carattere, ma si ricordano. E se un loro delegato all’Amministrazione cittadina chiedesse finalmente una risposta non potrebbero che esserne grati.  

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