Editoriali

La preoccupante diffusione delle baby gang

La preoccupante diffusione delle baby gang è un fenomeno sottovalutato. Sarà la crisi dei valori, della famiglia, della luna e del sole, ma in città si stanno diffondendo sempre di più gruppetti di ragazzi aggressivi e territoriali: l’ultima segnalazione è arrivata dal quartiere Donna Prassede. Una coppia è stata infastidita, per fortuna senza aggressioni fisiche, da un banda di ragazzi che rivendicavano il possesso della zona. Verrebbe quasi da ridere, se non ci fossero storie finite molto peggio. Sono raramente maggiorenni, spesso figli di immigrati o semplicemente di periferie socialmente degradate. Un’altra baby gang è attiva in zona Lambrate, dove secondo le segnalazioni di Lambrate Informata (a cui si deve l’immagine dell’articolo) si sono già resi responsabili di alcune aggressioni. I target di queste bande di giovanissimi sono coetanei o ragazzini ancora più giovani. Spesso si parla di furto di telefonini e i pochi beni in possesso di persone così giovani. A volte però spuntano fuori anche piccole armi da taglio. Una delle prime domande suscitate da episodi del genere è: di chi sono figli? Abbiamo già risposto prima: sono figli di immigrati e delle periferie. Quelle periferie su cui c’è molto da lavorare e non per forza con una bella piazza. Quelli sono interventi urbanistici buoni per una pagina sul Corriere Milano. Ci vuole un intervento sociale deciso e ampio: il fenomeno della preoccupante diffusione delle baby gang aumenta nei mesi estivi perché è il periodo in cui le scuole sono chiuse e questi ragazzi fanno parte di una fascia di popolazione che se va bene ha due settimane di vacanza. Per il resto del tempo sono intrappolati in una giungla d’asfalto con possibilità sempre minori di svago o di sfogo visto il ridursi progressivo dei servizi. Senza un investimento in questo senso da parte delle istituzioni cittadine, sarà difficile debellare questo fenomeno e in pochi anni ci troveremo con interi quartieri in cui non si può andare perché sono “zona” di qualcuno.

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Olimpiadi, sette anni di guai

Olimpiadi, sette anni di guai. Non vogliamo essere negativi, ma realisti. L’Expo 2015 ha insegnato molto, ad esempio come rilanciare l’immagine di una città e affossarla di debiti per un paio di generazioni. L’unico che può essere felice dell’assegnazione delle Olimpiadi invernali a Milano e Cortina è Giuseppe Sala: ora il suo mandato ha un significato, i suoi evidenti fallimenti su tutta la linea passano in secondo piano e le sue cause legali potrebbero diventare un capitolo minore della sua vita politica. Per tutti gli altri arrivano dalle Olimpiadi  sette anni di guai. Pensateci: buona parte delle opere previste per Expo, tra cui le linee metropolitane, sono in ritardo e vedono i costi lievitare senza limiti. Un duplice problema: da una parte per la carenza di servizi che vengono comunque fatti pagare (vedasi aumenti dei biglietti, tasse, ecc) dall’altra perché si blocca il bilancio già in parte vincolato da un esercito di dipendenti pubblici dal doppio lavoro. Expo come ha ben riassunto Otello Ruggeri, Fi, “ci ha lasciato in eredità lo street food, centinaia di aspiranti chef disoccupati e un’immensa area cementificata inutilizzata. Speriamo che a qualcuno venga in mente di farci il villaggio olimpico, almeno da un lato si eviteranno altre inutili gettate di cemento e dall’altro si impedirà che cada nel degrado“. Il fatto poi che sia Sala a dirigere la macchina secondo noi è un problema: come raccontano le inchieste su di lui, è un uomo in grado di falsificare i documenti pur di arrivare al risultato. Il famoso detto “fare carte false” però è positivo solo quando la situazione è emergenziale. Non a caso buona parte delle scorciatoie prese da Sala sono dovute alla grande fretta di concludere i lavori prima dell’apertura di Expo. Però affidare a un uomo abituato a rispettare solo le regole che reputa idonee è saggio per Milano? Siamo e rimaniamo garantisti, quindi gli auguriamo in tribunale una piena assoluzione, ma da giornalisti sappiamo quanto non sia tutto oro quel che luccica. Comprese le decine e decine di aziende fallite perché Expo e le società che giravano intorno all’evento non hanno pagato i loro debiti. Così come quanto fosse fragile in realtà tutta la struttura, progetto compreso: infatti ancora oggi gli unici felici di essersi liberati di un terreno agricolo in tangenziale (al prezzo di terreno edificabile) sono i Cabassi. Sala secondo noi non è l’uomo giusto, ma sarà lui. Perciò prevediamo per queste Olimpiadi sette anni di guai. Nel nostro piccolo cercheremo di vigilare sui presunti 3 miliardi che dovrebbero arrivare.  

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Olimpiadi invernali, il grande giorno è oggi

Olimpiadi invernali, il grande giorno è oggi. Le valutazioni sono finite e il sindaco Giuseppe Sala si gioca buona parte del suo mandato su quanto deciderà il Comitato olimpico internazionale. Le buone notizie per l’Italia è che due delegati che avrebbero proteso per la Svezia pare non saranno presenti, ma noi non ci crediamo molto. Anzi, speriamo quasi che Milano e Cortina perdano: le Olimpiadi invernali potrebbero portare nuovi investimenti sulle zone di montagna, anche se Cortina è già abbastanza ricca secondo noi. Se però le Olimpiadi dovessero sbloccare fondi anche per sviluppare altre valli, male non sarebbe. Però Milano si sta appena riprendendo dalla botta economica di Expo 2015, forse è il caso di aspettare ancora. Il sindaco Sala infatti cerca di tamponare i buchi di bilancio alzando ancora le tasse indirette come il biglietto Atm, arrivato alla cifra di 2 euro, ma senza altri extra sarà dura continuare a chiudere i bilanci. E Sala sa che è difficile continuare a proporsi come leader nazionale se non avrà concluso un tubo da solo. Magari lasciando pure Milano con il bilancio più bloccato di quanto non sia  già. Dal sindaco di Expo a sindaco che ha messo le ganasce alle ruote della locomotiva economica del Paese. Oppure possono arrivare le Olimpiadi, con un altro fiume di denaro extra da spendere e spandere, distribuendo favori sia ai ricchi di Cortina che ai meno ricchi di altre valli. Come per Expo basteranno poche opere, magari pure un po’ raffazzonate, ma spendibili mediaticamente e il gioco di Sala potrà continuare. Le prevedibili inchieste (per altro proprio quelle su Sala non sono ancora chiuse) non lo fermerebbero a quel punto. I debiti (manco quelli di Expo sono chiusi del tutto, nonostante diversi fallimenti aziendali) li lascerà ad altri. Per adesso c’è ottimismo da parte del primo cittadino, ma se andasse male? Vedremo, intanto per le Olimpiadi invernali, il grande giorno è oggi.

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Sala, il sindaco coi piedi nell’acqua

Sala, il sindaco coi piedi nell’acqua. Ospedali che cascano a pezzi, strade allagate, persone nel panico e un’immagine di una città alluvionata. Sempre nello stesso posto, quello in cui il sindaco Giuseppe Sala passa solo per annunciare che investirà sul quartiere dove si concentrano le proprietà della cooperativa Niguarda. E (anche) questa volta non c’era: era in giro per cercare di portare a Milano le Olimpiadi invernali. Una volta erano un’evento minore, buono per città come Torino (per altro la questione di quanto siano costate alla città non ha mai visto la parola fine). Sala però è alla disperata ricerca di un successo almeno secondario per rilanciare la sua immagine di uomo internazionale, perché senza un Renzi alle spalle sta rapidamente tornando a essere solo un uomo normale. Inaccettabile per lui e tutti quelli che a Expo si sono sentiti tanto internazionali e hanno guadagnato lauti stipendi negli anni delle spese e dei decreti da commissario speciale. Sala non si arrende e intanto la città affonda con le sue ambizioni. Il sindaco ha passato buona parte del mandato in giro a cercare di continuare a frequentare quel mondo che aveva visto a Expo e ha tentato di riportare a casa quei mesi che l’hanno fatto sentire così speciale. La città però nel frattempo affondava sui tanti debiti e promesse e, specialmente, sulla carenza di cura da parte del primo cittadino: la battaglia per la pulizia dell’alveo del Seveso, come per il completamento delle vasche di laminazione, è qualcosa di molto meno cool di un evento internazionale. Ma il problema è che riguarda solo i milanesi, mentre Sala e la sua corte già pensano alla dimensione nazionale. Però non si accorgono che ormai Sala è il sindaco coi piedi nell’acqua. E in certi ambienti la puzza delle acque del Seveso si sente. Non tutti sono boccaloni come gli italiani e sembrano aver inquadrato bene Beppe Sala: ogni competizione per agenzie europee o altro si è conclusa male. Ora attendiamo quella per le Olimpiadi, intanto nessuno ha risolto il problema delle esondazioni. Però si sono accorti che i conti non reggono e che si devono chiedere 50 centesimi in più ai milanesi più poveri (quelli che prendono la metro). Se anche le Olimpiadi invernali dovessero andare male, Sala avrà solo due scelte: o iniziare a fare il sindaco dei milanesi, o dimettersi per seguire le legittime aspirazioni da premier o ministro. Però è il momento di lavorare, perché al momento la sua carriera ha i piedi nell’acqua.  

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Nolo e la difesa dell’urbanistica tattica

Nolo e la difesa dell’urbanistica tattica. Non sono le sciure marie a sostenere che sia una buona idea cambiare l’immagine e la viabilità di via Rovereto, ma il popolo di Nolo nello storytelling che descrive la periferia milanese come un luogo di creatività e aziende innovative. Barbe lunghe, lavori spesso incomprensibili alle vecchie generazioni e la predilezione per un certo tipo di raffinatezza. Secondo noi però, in realtà il miracolo al contrario della zona tra viale Monza e via Padova è proprio quello di non aver cambiato davvero pelle nonostante l’arrivo della metropolitana: lungo l’asse della linea Rossa, si trovano ancora quartieri popolari con veri rappresentanti del popolo. Si incontrano marocchini che cercano di vendere set di coltelli (il prezzo? Un affarone assicurano), piccoli fruttivendoli cingalesi in cui la merce costa poco, congregazioni religiose a metà tra il Vaticano e Scientology, bar e attività in cui ancora non c’è il servizio di ricarica per le postepay, bancomat che funzionano a settimane alterne, stampatori di panette di droga (gli ultimi noti sono stati arrestati) e tanto altro. Il vecchio quartiere, come lo avrebbe descritto Pennac parlando di Belleville, che secondo i nolers con la barba da hipster necessita di vasi e panchine di legno. Il segmento sociale in questione gode di ottima stampa, ma non sembra rappresentativo della maggioranza degli abitanti della zona. Persone a cui piace poter vivere con serenità le proprie vie, senza bisogno di chiamarle street. Neanche la la ferrovia cittadina ha davvero cambiato questa fetta di città, magari povera ma con un suo fascino. Qui la taverna dei terroni si chiama davvero Taverna dei Terroni, con tanto di illustrazioni di uomini in canotta e la scritta “qui si mangia così”. Un luogo per persone semplici ancora non rastrellate dall’ennesimo processo di gentrificazione. Ai nolers però mancano le panchine. Il confronto con i residenti su via Rovereto però sembra inevitabile e pare che sia già stato avviato l’iter per un incontro pubblico con rappresentanti politici di Forza Italia e della Lega.  

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Urbanistica tattica, è una soluzione o un problema?

Urbanistica tattica, è una soluzione o un problema? La domanda è lecita nel momento in cui l’urbanistica tattica sta diventando una delle poche azioni di governo della presente Amministrazione. Sul piano dei grandi progetti per ora ha collezionato solo sconfitte, anche se rimane accesa la speranza per le Olimpiadi invernali. Una volta erano un evento secondario, ma in mancanza d’altro sono l’ultima carta per un Sala a corto di opportunità e sul viale discendente del mandato. Sulla gestione della città invece questa giunta ha perso il suo politico, Majorino. L’ex assessore infatti ha vinto il posto in Europa e difficilmente sarà presente quanto prima, lasciando così senza contenuti Sala: checché se ne pensi, Majorino aveva una forte impronta politica che era anche riuscito a imporre al tecnico Sala. Era l’anima sinistra della giunta. Adesso il primo cittadino si trova senza un’anima e senza grandi progetti: gli resta poco, tra cui l’urbanistica tattica. Come soluzione non sembra stupida: necessita di uno sforzo economico irrilevante per le casse del Comune, ma è in grado di cambiare il volto di pezzi di città ottenendo grandi riscontri di pubblico, ma soprattutto mediatici. Ma vale veramente la pena? In piazza Dergano sono scomparsi una decina di parcheggi per un intervento di urbanistica tattica, in via Rovereto un altro intervento ha avuto l’effetto di portare la movida dove non l’avevano mai vista. In sostanza più che una soluzione per i cittadini sembra una soluzione per l’Amministrazione. Da parte dei residenti delle zone dove viene applicata non si registra un grande entusiasmo, anzi: salvo rari casi, non ci sono persone soddisfatte, ma giornalisti di Repubblica entusiasti sì. Pronti a ricrederci, ma le auto servono ancora: l’urbanistica tattica è uno soluzione o un problema a seconda se la si intende come un modo per migliorare la vita dei cittadini o come un mezzo ulteriore di guerra al trasporto privato. In tempi in cui il biglietto Atm viene ulteriormente aumentato (+100% con le giunte di sinistra) non stupisce che l’urbanistica tattica piaccia a chi si muove con le auto del Comune o in zone 30: sarebbe molto bello organizzare un incontro pubblico con gli autori degli ultimi interventi di urbanistica tattica, forse sapranno spiegare meglio ai cittadini come e perché in realtà sia un’idea bellissima.

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