Editoriali

Elezioni, questa volta scegliamo bene

Questa volta scegliamo bene. Le elezioni sono importanti sempre, ma questa volta di più: come dimostra la crisi di alcuni suoi rappresentanti storici, il meccanismo dell’Unione Europea sta iniziando a funzionare. Le attività dei parlamenti nazionali, o forse dovremmo dire regionali, sono ormai per la gran parte un riflesso di ciò che accade in Europa. I veri cambiamenti si decidono a Strasburgo,  dove il Parlamento delle nazioni europee stabilisce le regole a cui tutti devono adeguarsi. E attenzione a sottovalutare l’importanza di un’unione di popoli come quella europea: mezzo miliardo di persone sono anche in grado di mettere all’angolo colossi come Facebook, di cui sono ancora tra l’altro il principale prodotto, ops cliente: insieme gli europei possono fare qualunque cosa e nessuno può davvero competere con un’unione di popoli come quella europea.  In un periodo di grande cambiamento, l’Europa deve cambiare e perciò dobbiamo contare in Europa. E prima ancora di contare a Roma: serve una rappresentanza forte nelle idee, portata avanti da persone con esperienza e senso delle istituzioni. Nel nuovo Parlamento europeo servirà dunque questo profilo, almeno così penso io, e proprio questo profilo indica chiaramente Giorgia Meloni. Fratelli d’Italia può contare sulla sua guida, per altro l’unico partito rilevante guidato da una donna, e su candidature di politici navigati come Stefano Maullu. Nomi che, penso io, possono offrire qualcosa che ora l’Unione Europea ha perso essendosi troppo concentrata sul mettere a punto i suoi meccanismi: prospettive. Una parola che è mancata per troppo tempo, impegnati come eravamo a contare le bottiglie di Junker e a finanziare solo l’industria tedesca e l’agricoltura francese. Oggi dobbiamo alzare lo sguardo verso i prossimi decenni in cui dovremmo affrontare sfide ben più impegnative di quelle degli ultimi anni: settant’anni di pace hanno distratto gli europei, ora è il momento di svegliarsi.  

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Il dubbio sollevato dalle elezioni olandesi

Ma se anche all’ombra della Madonnina ci fosse un risultato simile alle elezioni olandesi? Qualcuno ci spera e non è detto che faccia male: Milano si era già guadagnata il titolo di alfiere della resistenza all’onda giallo-verde che ha investito l’Italia nelle ultime consultazioni elettorali, mentre ovunque l’Italia cambiava i milanesi si confermavano conservatori progressisti. Il Partito democratico e Forza Italia infatti viaggiavano su percentuali da sogno rispetto al resto del Paese. E forse anche oggi potrebbe confermarsi la stessa tendenza: il gioco delle parti che ha portato a litigare Luigi Di Maio e Matteo Salvini non ha convinto molti. Le discussioni, anche animate, sembravano una perfetta recita per galvanizzare i rispettivi follower (ops, elettori) in vista della scadenza elettorale. Un teatro destinato a scomparire il giorno successivo al voto. E in effetti in parte ha funzionato: a leggere e sentire i principali canali della stampa italiana, esistono solo i due viceministri con Zingaretti che ogni tanto sporge il crapino. Qui e là vecchie glorie come Emma Bonino guadagnano un posto nei notiziari, noi crediamo grazie alle amicizie coltivate negli anni con la stampa più che per qualche vera proposta o per la consistenza dei sondaggi. Ma sappiamo che la stampa italiana spesso sbaglia, abbagliata da  un mondo che fatica a capire spesso per vecchi mali mai curati. E se succedesse anche questa volta? Se alla fine gli italiani fossero più avanti di molti analisti che si nutrono dalle stesse fonti da anni? Dopo tutto questo caos, tra migranti, canne light, redditi che la gente non vuole e quant’altro alla fine riesplodessero i vecchi partiti? Pensate cosa succederebbe se il Potere al Popolo di turno prendesse il 15 per cento e la Lega confermasse il 17. La lezione olandese avrebbe avuto il merito di essere premonitrice, per ora ha quello di aver sollevato un dubbio.  

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Genitori e figli, cosa abbiamo perso?

In questi giorni si parla soprattutto di genitori. Prima una donna tossicodipendente che prima si fa una dose al boschetto della droga di Rogoredo e poi si va a partorire in una cascina come gli animali. Dall’altra un giovane padre che uccide suo figlio praticamente appena nato (2 anni) e poi chiama i carabinieri.  Per non parlare di quello che ruba i regali al figlio per comprarsi la cocaina. C’è qualcosa che siamo persi negli ultimi anni? Medea non è una novità di oggi e persino in tempi recenti in molti hanno sentito parlare di Edipo, ma a Milano iniziamo ad avere troppi casi per non porsi la domanda: abbiamo bisogno di politiche tipo la Cina o di un lavoro mastodontico per ricostruire quella che una volta si definiva società? Il paradosso nel primo caso è che oggi i giornali riportano il grido di dolore della donna: “Non toglietemi mio figlio”. Onestamente speriamo che sia il solito titolo semi truccato per acchiappare lettori e che sia una frase estrapolata dal contesto: se lo ha fatto nascere in una stalla inzuppata di droga, le premesse per la vita del bambino non sono un granché. Il padre che ha ucciso il bambino a botte invece, dopo aver chiamato la polizia si è dato alla fuga. Grazie alle nostre forze dell’ordine il patetico tentativo di sottrarsi alle proprie responsabilità è durato molto poco, ma anche in quel caso ha diritto a essere padre? Persino gli assassini lo hanno, come era stato rivendicato nel caso di Martina Levato, ma gli assassini di figli? Dubbi che restano aperti, ma che ci ripropongono la questione: tra genitori e figli abbiamo perso qualcosa?  

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Usura e racket, a Milano vittime e carnefici vanno a braccetto

Che ci fossero i bauscia si sapeva, ma quando te lo conferma la direzione distrettuale antimafia è diverso. Alessandra Dolci è il volto dell’antimafia a Milano e ieri ha spiegato che “in molti casi qui a Milano l’imprenditore vittima di usura sviluppa rapporti di cointeressenza con i malavitosi, pensa cioè di poterli gestire, cosa che ovviamente non succede mai”. Eccolo là il bauscia: arriva il mafioso e lui pensa di poterne fare un dipendente perché in fondo è un giargiana. Invece no, si parla di gente che ha anche imparato a cambiare pelle: come ha spiegato Ferruccio Patti, presidente di SoS Usura, “è la mafia che si sta milanesizzando, a Palermo si evita ormai di sparare: hanno capito di poter concludere affari più ricchi se si evita di sparare”. La famosa mafia in doppio petto, che preferisce acquisire quote azionarie invece di piazze di spaccio. Finge di diventare socio di un imprenditore per sfruttarne l’azienda: ed ecco che becca pure il bauscia che è la figura perfetta, fino a che non si avverte il tintinnio di manette. E’ lì che si crea la differenza tra testimone di giustizia e collaboratore di giustizia: come ha spiegato Dolci, il primo è quello che avrà tutto il sostegno dello Stato in forma di protezione e benefit, l’altro invece è quello che si è convertito quando già c’era puzza di bruciato. Il primo invece è andato lui dallo Stato prima di stringere legami con le mafie. E lo Stato di strumenti ne ha come ha confermato Annapaola Porzio ha un curriculum infinito e di altissimo livello “gestisco un fondo milionario, ma non riesco a spenderlo: le denunce sono poche e anche quando arrivano, non viene presentata l’istanza”. Ma se il bauscia pensa di poter gestire i suoi carnefici trasformandoli in soci o dipendenti, ogni sforzo è vano.  

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Quando una nascita non è una buona notizia

Una donna ha partorito. Sarebbe una buona notizia, ma c’è un però: il racconto va completato. Una donna ucraina ha partorito nel boschetto della droga di Rogoredo. La donna è una tossica di meno di trent’anni. Dopo aver assunto l’ennesima dose, si è buttata come un animale a partorire in una cascina. Per quanto triste sia, l’unica buona notizia è un suo connazionale ha avuto almeno l’idea di chiamare il 118 per fornirle un minimo di assistenza medica. Avendo intossicato almeno in parte anche il nascituro, la donna è stata poi trasferita insieme al neonato alla clinica Mangiagalli. Questa vicenda ci riporta ancora una volta a quello che è indubbiamente un fallimento per l’Amministrazione Sala, per le istituzioni e anche di tutta la comunità milanese. Non dobbiamo negare gli sforzi di alcune parti della città per impedire lo sfascio umano che anima Rogoredo, ma se ancora ne parliamo è perché non sono stati sufficienti. A Rogoredo stiamo tutti perdendo una battaglia importante: Milano può rivendicare di essere l’immagine positiva di italianità che altre città, magari più antiche e in riva al Mediterraneo, non possono rivendicare. E’ la città delle possibilità, dove chiunque può trovare il suo spazio perché il lavoro a Milano è sacro in questo senso: se hai una buona idea e davvero sei disposto a spezzarti la schiena, qui trovi il tuo posto. E nel famoso “paese” da cui sei partito puoi tornare come donna o uomo di successo. Qui puoi essere ciò che vuoi senza dover parlare un’altra lingua. E’ il posto dove venire da giovani e da visitare da anziani. Ma poi, poi, si torna a Rogoredo: l’immagine di città della possibilità si è estesa al mondo dei tossici. L’eroina è tornata prepotentemente con vecchie e nuove mafie, è tornata e sta distruggendo l’ultimo sogno italiano. Ieri ha ucciso persino la magia della nascita. Speriamo sia l’ultimo omicidio, perché spento l’ultimo sogno si spegnerà del tutto anche l’Italia.

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L’ultima settimana di passione

A guardare il meteo, non ci aspetta un gran risultato tra una settimana. Il maltempo associato a temperature abbastanza basse rispetto alle medie stagionali lasciano infatti presagire un parlamento europeo dirompente. Una specie di tempesta politica. Tralasciando però le ipotesi, rimane un fatto: ci aspetta una settimana di passione. Sono anche passati i tradizionali arresti in periodo elettorale, quasi un voto di parte dello Stato per ricordare alla politica la sua presenza. Ora ci sono gli ultimi metri di corsa e sarà curioso anche vedere chi arriverà fino in fondo. Persino i due ragazzi terribili della politica attuale, Salvini e Di Maio, sembrano a tratti avere il fiato corto. Arriverà davanti il milanese o il napoletano? Staremo a vedere, l’importante è che si fermi l’escalation di dichiarazioni e di prese di posizione forti: il rischio infatti è che a rimetterci siano poi tutti. Milano e l’Italia hanno bisogno di una guida seria, in grado di portarla fuori dalla secche economico-sociali dove sembra ancora impantanata. E se non c’è tale guida il rischio di trovarsi come l’Argentina o la Grecia è concreto: la benzina a due euro dalle parti del lago di Garda in realtà c’è da anni anche se tutti se ne sono stupiti ora, ma qui il rischio è di trovarla a cinque euro al litro ovunque. Per non parlare di ospedali e infrastrutture varie. Prima di sapere cosa sarà la nuova Unione Europea, dovremmo avere qualche tranquillità in più sul futuro dell’Italia. Difficile che ce la daranno perché le dichiarazioni forti sono utili per raccattare voti, quindi non sembra esserci scampo: ci aspetta una settimana di passione.  

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