Editoriali

Un sabato leghista a Milano tra balconi e sovranisti

Il momento magico di Matteo Salvini è finito. Fare la voce grossa serve in politica, così come coltivare i rapporti con certi giornalisti per avere la certezza di un titolone, ma non basta. Come ha suggerito uno dei candidati di punta alle europee per i leghisti: finito il voto, Matteo deve chiudersi al Ministero a lavorare. “Il ministro torno subito” lo ha ben definito Verdelli, mago dei titoli tornato a dirigere Repubblica dopo la deprimente (per il giornale) parentesi firmata Calabresi. Salvini è sempre in giro, troppo adesso. I Cinque Stelle con l’appoggio di Conte e Mattarella lo hanno messo all’angolo nelle ultime settimane. Così Salvini ha provato a ripartire con toni ancora più duri e da Milano, quella che per molti italiani è la vera capitale italiana e traino economico e psicologico per tutto il Paese. Ma anche qui è andata male, ammettiamolo amici leghisti. Le pagine facebook come Signora Mia mentono pubblicando foto di prima che iniziasse il comizio per dire che non c’era nessuno, invece a vedere le foto reali si può dire che 30-40mila persone c’erano tutte. Meno della metà di quelle annunciate dal ministro dell’Interno. Un flop se si considera che Salvini ha riunito l’élite sovranista europea in piazza Duomo. Allo stesso tempo le annunciate balconiadi, le critiche al ministro tramite striscioni appesi ai balconi, sono state molto meno pervasive del previsto. Un flop anche quello in realtà, dimostrazione che l’opposizione a Salvini conta più amici tra i giornalisti che tra la popolazione. Gli striscioni si sono visti, alcuni oggettivamente molto divertenti, ma molti meno di quanto annunciato. Le manifestazioni di cui parlano i giornali, Salvini o le balconiadi, hanno coinvolto la popolazione molto meno di quanto non sia stato comunicato. Servisse, pare che questo sabato leghista abbia testimoniato una volta di più la distanza tra cosa succede nel mondo e quello che scrivono nelle redazioni dei giornali. Più che sabato leghista e balconiadi, un inutile sabato italiano.  

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Forza Italia, qualcuno ci crede ancora

Qualcuno ci crede ancora. Sembra strano in un Paese abituato a salire solo sui carri dei vincitori, annunciati o avverati, ma ci sono ancora persone che stanno portando avanti la campagna elettorale per Forza Italia. Dai banchetti ci arrivano le fotografie di quelli che ancora non hanno mollato. “Se oggi sono qui con il consigliere Vidal Silva è perché ci crediamo, io sono per il presidente Berlusconi e sono pasionaria solo per lui – dichiara Graziella Biondino – non molleremo mai perché possiamo ancora tornare a vincere con il centrodestra“. Sono ancora tanti quelli come Biondino e Silva a quanto pare, molti di più di quanto ci si aspetterebbe dopo le ultime batoste giudiziarie che hanno coinvolto i nomi forti di Forza Italia per la corsa alle prossime elezioni europee. Un colpo da cui però il partito di centrodestra sembra intenzionato a riprendersi il più in fretta possibile.  

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Elezioni, intervistiamoli tutti

Intervistiamoli tutti. Abbiamo deciso di proporre una semplice intervista a tutti i candidati alle elezioni europee. Inizieremo così perché abbiamo visto una recente ricerca in cui si dipingeva una popolazione ignara dell’Europa: il 70 per cento dei milanesi non ha avuto contatti diretti con Bruxelles, spiega la ricerca. Un problema condiviso anche da molti altri italiani, ma a noi interessa soprattutto ciò che sta all’ombra della Madonnina. Per questo abbiamo deciso di offrire un’opportunità ai candidati che sotto quest’ombra chiedono i voti per ottenere un posto al sole nel parlamento europeo: cinque domande uguali per tutti, nessuna censura, nessuna misura. Ecco le domande: 1. Perché ha deciso di candidarsi? 2. Quali saranno i temi su cui intende concentrare la sua azione politica? 3. Cosa pensa del sovranismo? 4. Cosa le fa pensare di poter vincere? 5. Quale sarà la prima cosa che farà una volta eletto/a? Chiunque è il benvenuto, la mail a cui mandarci le risposte e una vostra fotografia è info@osservatoremeneghino.info. Speriamo che saranno in tanti a cogliere questa opportunità, ma finite le europee non ci fermeremo: le nostre interviste continueranno con gli eletti dal territorio. Un modo per avvicinare la politica alle persone e viceversa, perché riteniamo che dare un volto ai titoli che sentiamo nei telegiornali sia l’unica strada per essere meglio informati. E una persona meglio informata è in grado di valutare meglio a chi dare il proprio appoggio.

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Il vero business sono ancora le rotaie

L’imprenditore Daniele D’Alfonso sosteneva di esser “messo bene” a contatti dentro ad Atm. Una situazione ottimale per arrivare a gestire il lavaggio delle rotaie di Atm. Essendo una città che ne ha talmente tante da avere pure un campionario di binari abbandonati, per l’imprenditore accusato di essere parte del giro di corruzione che ha travolto Forza Italia erano un ottimo affare. In Amsa aveva contatti con i sindacalisti, in Atm ancora non sembra chiaro, ma non possiamo escludere che si tratti dello stesso settore. Ma quello che veramente ci interessa è il punto infrastrutturale: sono ancora le ferrovie a rappresentare il business vero, è intorno ad esse cioè che si creano giri di centinaia di milioni di euro e si espandono città e servizi. Il bilancio del Comune di Milano è non a caso bloccato in buona parte dall’investimento per la Metro 4. Centinaia di milioni che sono vincolati a quell’investimento,  anche se l’operazione è già in ritardo di 4 anni e mezzo visto che doveva essere terminata e funzionante per Expo 2015. E se non fosse un caso questo ritardo? Se un’opera chiude, si chiudono anche i rubinetti pubblici e tocca lavorare tanto per guadagnare. Ma saranno sicuramente dubbi da penne avvelenate. Intanto però continuano a esserci segnali che ci sia qualcosa di sbagliato lungo le rotaie che vengono posate a Milano: quasi tutte le scale mobili della Metro 5 sono state costruite dalla Anlev. Una società parte di una piccola galassia di scatole e scatolette che fa capo alle stesse persone che costruirono le scale mobili della Metro 3. E che per lo stesso motivo caddero vittima di un’indagine per un giro di mazzette proprio sulla stessa opera. Ora, nulla vieta che le persone si redimano. Però diciamo che suona perlomeno strano vedere come siano le stesse persone. Alcuni grandi giornali lo sanno, ma non lo pubblicheranno mai. In parte è perché le rotaie portano soldi anche per le inserzioni pubblicitarie, in parte perché la stampa italiana è ormai addomesticata. Non cerca e rogne, anzi, le evita scientificamente e si dedica spesso a simil inchieste commissionate da questo o quel potere per colpire gli avversari. Anche per questo si trova bene con le rotaie che per definizione impongono un percorso dritto e non modificabile.

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Insulti persino agli alpini

Gli alpini stuprano. L’accusa è stata lanciata nel più vile dei modi: con le scritte sui muri. Siamo abituati da tempo all’incivile e vile vendetta dei così detti antagonisti contro muri e oggetti, ma almeno gli alpini lasciateceli stare. Sono uno dei patrimoni nazionali, sia umani che storici. Come i vigili del fuoco rappresentano la parte migliore di ciò che chiamiamo Italia: sono militari, ma senza il peso della divisa perché il loro legame con la montagna li rende qualcosa di più vicino. Sono come persone conosciute in armi, più vicine all’ideale del cittadino guerriero che ai generali che hanno spedito i nostri soldati a morire di leucemia oltre Adriatico (ah per altro quei generali hanno pure fatto carriera). Nonostante gli autobus girino con le scritte “Viva gli alpini”, benedicendoli così con l’unica benedizione che ormai vale in Italia cioè quella della sinistra,  c’è chi si è preso il disturbo di scrivere quelle scritte infamanti. Un gesto, appunto, vile, compiuto dagli stessi che affrontano mazze in mano la polizia o più spesso le auto di cittadini comuni che hanno avuto la sfortuna di parcheggiare nel posto sbagliato.  Però un gesto tanto debole nel pensiero e nell’atto suggerisce uno spunto essenziale: oggi come oggi l’Italia ha decisamente bisogno di ritrovare l’unità di pensiero e di lingua che la definisce come nazione. La mancanza di un pensiero comune causata dalla distruzione dei valori precedenti porta a una confusione il cui primo risultato è l’odio: un piccolo esempio lo ha fornito Diego Fusaro che in un recente intervento ha inserito l’idea di mettere fasciatoi nei bagni degli uomini in un presunto complotto mondial-capitalista per distruggere la figura del maschio. Ora pensiamo che come spesso accade Fusaro abbia detto un’idiozia, ma lui ha capito che un certo mondo è morente e non morto: sono ancora tanti gli uomini che si sentirebbero frustrati nella loro mascolinità se dovessero cambiare in pubblico un figlio. E di solito sono gli stessi che finiscono per essere clienti della sterminata comunità di transessuali importata in Italia da ogni parte del mondo. Ma il punto non è tanto scoprire se il “Paese della famiglia” sia effettivamente il centro di un complotto mondialista per avere la più grande comunità di trans del mondo con la regia occulta della Chiesa,  ma la reazione di Fusaro. A un’iniziativa che poteva essere utile o ignorata, ha risposto con l’idea di un complotto. Una qualche trama oscura, insomma odio. Ma Diego non è il problema, anzi, aiuta a capire come si sente buona parte della società: al centro di una lotta con qualcosa più grande di lei, un mondo che cambia senza che nessuno glielo abbia chiesto, in cui sembra all’opera qualcuno che vuole aggiungere sofferenza all’aumentato dolore della vita. Dall’altro lato una generazione di passaggio, senza passato perché gli è stato insegnato a rinnegarlo, senza presente perché nessuno sa indicare una strada e senza futuro perché la crisi è arrivata nel mezzo della vita, né alla fine né all’inizio, dunque non c’è stato un mondo migliore prima né la speranza di uno migliore dopo. L’unico linguaggio che resta è dunque quello dell’odio: quando non si sa ciò che vale di più, cioè il vecchio “conosci te stesso”, si può solo individuare ciò che si odia. Ciò che non si vuole. O che si vuole distruggere. Compresi gli alpini, uno degli ultimi concetti viventi. Noi invece pensiamo di sapere chi siamo, per questo ancora più forte scriviamo: VIVA GLI AlLPINI!

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Municipio 9 verso le elezioni?

Questa volta la questione non è solo di pesi interni alla maggioranza, ma si tratta solo di numeri. Femminino, a capo del gruppo di Forza Italia in Consiglio municipale, ha annunciato ieri sera che lui e i suoi non saranno più nella maggioranza. Valuteranno provvedimento per provvedimento. Tecnicamente non esiste più la maggioranza, politicamente invece la corrente di Altitonante e Tatarella (seppure arrestati entrambi) sembra ancora in grado di mettere sotto scacco le parti sopravvissute alla mannaia della Dda di questi giorni. L’unico pezzo da novanta, a questo punto per ora dobbiamo prudentemente scrivere, di Forza Italia senza alcun coinvolgimento nell’inchiesta sembra essere Giulio Gallera. Però l’uomo della Sanità in Lombardia ha una bella gatta da pelare. Lardieri non è riuscito a tenere insieme la maggioranza e ora in piena campagna per le europee si trova con il rischio di dover di nuovo tentare il miracolo di vincere il Municipio 9. Dopo che il centrodestra ha ottenuto oggettivamente pochi risultati e litigato tanto, sarebbe difficile riproporsi. Sicuramente ancora di più con lo stesso volto. Ma, come si dice, chi vivrà vedrà, le ragioni della politica sono come il meteo: si è certi del risultato solo quando è troppo tardi per rimediare. Forse il centrodestra negherà l’evidenza e resterà in carica con qualche alchimia, forse Femminino diventerà improvvisamente assessore municipale, forse ha appena terminato la sua esperienza politica perché sarà valutato come traditore. Sicuramente non era una sfida facile raccogliere un ente pubblico dopo anni di gestione di sinistra e con ampi quartieri ancora in mano ad essa. Per non parlare della nuova malavita che in certi quartieri non si fa problemi a sfidare apertamente anche la polizia. Forse semplicemente non era la squadra giusta, o il capitano giusto: però la carenza di grandi risultati pare sotto gli occhi di tutti. Adesso rimane da vedere cosa succederà ai piani alti, per constatarne i riverberi ai piani bassi. Però il tema resta quello: si tratta di numeri, non di pesi interni alla maggioranza.  

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