Editoriali

Il Fuorisalone più brutto di sempre?

Brutto. Anzi: brutto e cattivo. Il Fuorisalone 2019 si candida a diventare l’edizione più brutta di sempre: prima i caselli daziari insaccati nella juta di un artista africano, poi persino piazza Duomo con Maestà sofferente, l’opera di Gaetano Pesce che nessuno ha capito. E ha irritato quelli che l’hanno capita. I più hanno capito che si tratta di un paio di testicoli montati su un paio di gambe. Gli altri l’hanno presa invece come un’offesa: l’opera dovrebbe richiamare un corpo femminile vittima della violenza maschile. E già questo aspetto solleva molti dubbi sulle capacità estetiche dell’artista: Pesce voleva i seni femminili, ha installato due testicoli. Ma l’aspetto ancora più brutto è come l’artista sia riuscito a offendere proprio le donne. Dai blog femminili i commenti sono molto negativi: E come la rappresenti la violenza sulle donne? Violentandole: sessualizzi una poltrona, che infatti la donna, è risaputo, è solo un oggetto morbido sul quale accomodarsi; poi la decapiti e la riempi di spilloni come una bambolina voodoo. Cosa ci racconta questo oggetto, che definirei un gigantesco atto di onanismo auto-celebrativo? Che non hai capito niente di violenza sulle donne. E se la femminilità la chiami pure Maestà, a me pare una presa per il culo alta 8 metri. (da https://alledonnepiacesoffrire.wordpress.com) Allora ci chiediamo: il sindaco Giuseppe Sala davvero apprezzerà ancora l’installazione come detto nei giorni scorsi? E il Fuorisalone 2019 vuole davvero passare alla storia come l’edizione che più ha offeso le donne? Le prese in giro passano, ma il ricordo delle offese alle donne in questo periodo lascia un ricordo brutto. Anzi: brutto e cattivo.

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I caselli di Porta Venezia ostaggio di una brutta opera d’arte

Qualcuno se ne è accorto. I caselli daziari di Porta Venezia sono cambiati, in peggio. Tra un pranzo e un caffè nella trafficatissima piazza Oberdan milanesi e non sono rimasti stupiti per la bruttura apparsa in città: i caselli daziari sono stati ricoperti di sacchi di juta serviti a realizzare l’installazione “A Friend” dell’artista ghanese Ibrahim Mahama, curata da Massimiliano Gioni per la fondazione Nicola Trussardi in occasione dell’Art e della Design Week milanesi. Che siano un’opera d’arte a quanto pare è indiscutibile, che fosse il caso di realizzarla non è certo: se ci permettiamo di sollevare la questione è per il senso di disgusto provato da moltissimi milanesi e turisti. Giusto l’altro giorno un turista svizzero commentava: “Dopo i titoli spazzatura, gli italiani iniziano a trasformare in spazzatura anche la propria architettura”. Forse non ci voleva quest’opera dunque, non così, non in quel posto. Se Gioni e la fondazione Trussardi avevano intenzione meritoriamente di dare spazio ad artisti minori, non ce ne voglia Mahama, ma qui siamo ancorati a nomi più rilevanti del suo, potevano usare un loro immobile. Perchè snaturare due piccoli capolavori? Perchè ce lo spiega Rainews: “A Friend” vuole innescare una riflessione sul concetto stesso di soglia. Attraverso la ricerca e la trasformazione dei materiali, Ibrahim Mahama indaga temi come la migrazione, la globalizzazione e la circolazione delle merci e delle persone”. In effetti Porta Venezia è diventata un grande centro di accoglienza negli ultimi anni: la presenza di migranti in città è esplosa soprattutto intorno a Buenos Aires data la vicinanza con la stazione Centrale, ma forse non valeva la pena di dedicarci anche un’opera discutibile. Il parlamentare leghista Alessandro Morelli ha definito “una schifezza” l’opera che adorna i caselli di Porta Venezia e molte altre voci l’hanno contestata. L’unico aspetto positivo che ci ritroviamo noi è la sottolineatura di quanto i caselli abbiamo ritrovato una vecchia funzione: in tempi più antichi per passarci oltre bisognava pagare i signori della città. Oggi è di nuovo così a causa dell’Area C. Chi vive fuori dalla cerchia si è riscoperto cittadino di serie B. E qualcuno, viste le ultime tornate elettorali, se ne è accorto.

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Majorino in Europa tra gli applausi di tutti

Lui è contento, ma gli altri anche di più. E non solo i suoi compagni di partito, la disponibilità espressa da Pierfrancesco Majorino per una candidatura alle europee toglie un gran peso dal cuore di molti. Avversari compresi. “Sarà poi il Pd a decidere se sarò in lista o meno e gli elettori eventualmente a scegliere, ma sono pronto per questa sfida” ha  annunciato l’assessore al Welfare milanese.  Il sindaco Giuseppe Sala si è affrettato a fargli i complimenti e gli auguri perché Majorino “è cresciuto molto” ed “è “un radicale radicale nelle idee ma anche molto con la testa sulle spalle“. Un appunto per tutti i futuri candidati. Non gli chiederà nemmeno di dimettersi, come successo per altri membri della giunta e per spiegare la differenza applicata al caso: la campagna è breve, quindi possono sostituirlo. Ma l’ex direttore generale della Moratti in fondo ha tutto da guadagnare dalla partenza di Majorino per altri lidi: è uno che lo ha sfidato come in pochi hanno osato fare, ha gestito i servizi sociali con efficienza tanto da garantirsi una base in grado di richiamare migliaia di persone a ogni manifestazione. Tra l’altro proprio il muovere masse gli ha garantito la forza di spostare l’asse del Pd e della giunta milanese a sinistra. Senza di lui le personalità in giunta si riducono a poco: nessuno immaginerebbe nemmeno di sfidare il sindaco alle primarie. Così mentre Sala gongola, al massimo avrà un Majorino ridimensionato da una batosta se torna scornato, gli avversari festeggiano anche di più. Sono contenti perché Sala da solo non potrà più contare sulle legioni che il giovane (beh sì in Italia Majo è un giovane) assessore è in grado di muovere a Milano: le sue manifestazioni pro immigrazione e porti aperti non piacciono a molta parte della destre. E anche a destra si sa che Majorino sa amministrare i servizi sociali, anche se magari non piace l’impostazione teorica, un sostituto potrebbe essere un  piccione più impallinabile. Meglio, molto meglio se va via Majo, è un pensiero diffuso. L’entusiasmo è tanto da far supporre che per le europee il neocandidato potrebbe avere dei voti non previsti come quelli di chi lo vede come il sinonimo di “migranti ovunque”. Lui è contento, ma gli altri anche di più.  

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La delusione del Municipio 9

Come amano ripetere alcuni della giunta municipale, il Municipio 9 per dimensioni è “la terza città della Lombardia”. Un ente numericamente molto rilevante, ma che sembra allo sbando. L’assessore alla Sicurezza, ruolo di assoluta rilevanza visto che proprio sul tema è stato sconfitto il centrosinistra dopo una vita, è stato prima silurato e poi non sostituito. Ma è solo un esempio. Il presidente Giuseppe Lardieri, con sorpresa di moltissimi, era riuscito a condurre una campagna che ha strappato alle sinistre una delle loro roccaforti, ma poi sembra non essere all’altezza del compito di governare: da mesi ormai la sua maggioranza si dibatte in una crisi che fa saltare commissioni, partire eventi in ritardo o che fa andare deserti i bandi. Un primo colpevole era stato individuato in Andrea Pellegrini, tornato a essere semplice consigliere dopo un’esperienza come assessore alla Sicurezza, ma anche la sua (mancata) sostituzione non ha risolto i problemi. Tra i pochi che cercano di mandare avanti la baracca, ovvero governare, c’è l’assessora Debora Giovanati, record woman di preferenze e a quanto pare l’unica davvero attrezzata dell’attuale giunta per governare: crea e fa partire bandi, gestisce le sue deleghe, insomma fa quello per cui viene pagata. Ma sopra di lei c’è un uomo che sembra ottimo come candidato, ma pessimo come presidente. Secondo molte voci, persino interne alla sua stessa maggioranza, Lardieri ha parlato tanto e concluso molto poco. Sarebbe una vera delusione per i sostenitori del centrodestra che erano entusiasti di una vittoria inaspettata. Ma se in campagna elettorale spegnere, allungare tempi e modi del dibattito, può funzionare, non altrettanto si può dire del post elezioni. Governare non è semplice, soprattutto macchine complesse come quelle pubbliche. Lardieri però non sembra attrezzato, rischia seriamente di passare alla storia come una triste delusione per gli elettori e per i suoi padrini politici.  

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