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Servizio civile digitale, Aidr: iniziativa della Dadone supera gap generazionale

Servizio civile digitale, Aidr: iniziativa della Dadone supera gap generazionale. “Un ponte generazionale per la diffusione della cultura digitale, lodevole l’iniziativa della ministra per le politiche giovanili Fabiana Dadone. L’associazione Aidr plaude il progetto di istituzione del servizio Civile Digitale, che ha debuttato in occasione della cerimonia della Giornata Nazionale del Servizio Civile, svoltasi a Roma. L’iniziativa – prosegue l’associazione Italian Digital Revolution, volta a colmare il divario in materia di competenze digitali, fornirà ai ragazzi un’occasione non solo per accrescere il proprio sapere, ma darà loro la possibilità di mettere a sistema competenze e professionalità al servizio del territorio e delle fasce di popolazione, che ancora non possono beneficiare delle potenzialità offerte dalla rivoluzione digitale in atto. Durante la cerimonia, alla presenza delle massime autorità istituzionali, e che ha visto la partecipazione entusiasta di migliaia di volontari del servizio civile, collegati online da tutto il Paese; è stata illustrata la scaletta degli interventi: 9.700 dei 56.205 operatori volontari saranno impegnati nell’aiuto alle persone meno digitalizzate, in fase sperimentale con la pubblicazione del bando saranno coinvolti i primi 1007 volontari, che potranno partecipare ai 103 progetti previsti. Attraverso l’attività di formazione sul territorio, il Servizio civile digitale punterà a raggiungere un milione di cittadini, contribuendo a portare al 70% la quota di popolazione in possesso di competenze digitali di base entro il 2026, in linea con gli obiettivi fissati dal Pnrr. “Grazie all’impegno del Governo nel valorizzare questo istituto, che offre ai nostri giovani una straordinaria esperienza di vita e un’ottima occasione per rafforzare le proprie competenze, abbiamo esteso il più possibile il raggio delle opportunità per le nuove generazioni – ha dichiarato la Ministra per le politiche giovanili Fabiana Dadone”. “I nostri ragazzi sono protagonisti del cambiamento- ha sottolineato nel suo intervento il Capo Dipartimento alle politiche Giovanili Marco De Giorgi – la giornata celebrata oggi a Roma ne è una chiara testimonianza. Grazie allo straordinario contributo di migliaia di volontari, abbiamo promosso un tavolo di discussione sulle tematiche di grande attualità: digitale, ambiente, sport, salute, lavoro, PNRR. Alla consultazione hanno partecipato oltre 14 mila ragazzi, ciò che è emerso è in primis, lo straordinario spirito di servizio mostrato. Il servizio civile rappresenta un’occasione unica di crescita personale e facendo esperienza di solidarietà sociale, ma offre altresì un momento di acquisizione di competenze, in direzione degli obiettivi promossi in occasione dell’Anno Europeo dei Giovani.” Le celebrazioni sono state scandite da un intenso programma dei lavori, dopo i saluti del Sindaco di Roma Roberto Gualtieri e del Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, sono stati avviati i tavoli di discussione, moderati direttamente dai ragazzi, su Transizione Ecologica, Transizione Digitale, Giovani e Sport, Giovani in Europa, Giovani nel Terzo Settore, Giovani e Lavoro. La sessione plenaria, ha visto gli interventi dei Ministri Vittorio Colao, Patrizio Bianchi, Elena Bonetti, e i Sottosegretari, Ilaria Fontana, Carlo Sibilia e la Segretaria di Stato francese per la Gioventù e l’Impegno, Sarah El Hairy.

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Dati e illusioni, il paradosso della conoscenza

Dati e illusioni, il paradosso della conoscenza di Alessandro Capezzuoli funzionario ISTAT e responsabile osservatorio dati professioni e competenze Aidr Un dato è un dato, due dati sono un’osservazione, tre dati sono conoscenza. Detta così, a freddo, senza un’opportuna contestualizzazione, può sembrare una frase rubata a una puntata della serie televisiva The Big Bang Theory. Cosa da non escludere a priori, peraltro. In realtà, si tratta di una riflessione maturata in questi due anni di vita sospesa, anni in cui ogni singolo dato, anche il peggiore, è stato spacciato per un’illusione di verità, una finta conoscenza, e la scienza è diventata un nuovo dio in cui credere, un’entità soprannaturale che ha permesso di agire in suo nome per ridefinire le regole di comportamento della collettività. Questa divinità si è palesata sotto forma di affermazioni spericolate e di dati spesso imprecisi, confusi, ricchi di errori, di omissioni e di evidenze smentite a colpi di contraddizioni, di false rassicurazioni e di finte certezze. Lo dico subito, così sgombriamo il campo da qualsiasi dubbio: io non ho bisogno di un dio scientifico in cui credere e considero questa nuova religione, che sfiora lo sciamanesimo e la cialtroneria, ben più pericolosa delle vecchie religioni a cui almeno va il merito di aver avuto Gesù Cristo o Buddha come leader rivoluzionari al comando. Non metto i like ai tweet dei virologi perché ho dei riferimenti diversi, più autorevoli, e considero la ricerca scientifica una faccenda troppo seria, che si fa nei laboratori e non può essere ridotta a dei ridicoli annunci pubblicitari diffusi sui social network o nei salotti televisivi. Insomma, sono uno di quegli inguaribili nostalgici che vedono nella ricerca scientifica il mezzo per arrivare “gratis” alla conoscenza. E quando dico gratis intendo dire che rinnego qualsiasi forma di profitto associata speculativamente alla parola scienza. La conoscenza deve essere alla portata di tutti, un po’ come l’amore. Ma cosa è, esattamente, la conoscenza? In modo semplicistico, si potrebbe dire che la conoscenza è la risposta a un qualche tipo di domanda. Domandare permette di capire, e capire consente di conoscere. Di sopravvivere. Di migliorare.Di evolversi. Si può vivere senza amicizie, senza un braccio, perfino senza amore, ma non si può vivere senza domandare e senza cercare delle risposte. È chiaro che ci sono domande e domande: non a caso si dice che è meglio avere domande giuste e risposte sbagliate piuttosto che il viceversa. Cosa si domanda, a chi si domanda e cosa ci si aspetta dalla risposta rappresentano i cardini su cui si basa il processo che porta alla conoscenza. – Come ti chiami? – Alessandro. Alessandro è un dato. Un dato che mi descrive in minima parte e che potrebbe essere integrato da un insieme di altri dati, quali possono essere l’età, la corporatura, il colore degli occhi e un’invidiabile testa diversamente tricotica e fantasiosamente pettinabile, per fornire una descrizione più precisa. Alessandro è anche una risposta. Ma a cosa serve una risposta di questo tipo a chi ha posto la domanda? Sicuramente non serve a conoscere tutti gli uomini che si chiamano così. Non fosse altro per un’evidenza empirica, oserei dire una falsificazione, dimostrabile facilmente: esiste almeno un altro Alessandro che fa di cognome Barbero e ha dei capelli maledettamente folti. Una foresta. Sembra un playmobil con gli occhiali. Ne consegue che avere o meno i capelli è anch’esso un dato importante ma insufficiente per conoscere tutte le persone che si chiamano Alessandro e tantomeno per distinguere un Alessandro da tutti gli altri. Si potrebbe obiettare che la questione, posta in questi termini, è alquanto capziosa: per distinguere una persona da tutte le altre basta aggiungere il cognome, la data e il luogo di nascita e il problema è risolto. A parte il fatto che uno scrittore non cerca obiezioni ma conferme, e non cerca detrattori ma discepoli, l’obiezione è corretta. In parte. In parte perché potrebbe esistere un altro Alessandro, con lo stesso cognome, nato nello stesso luogo e nello stesso giorno. Ma non è questo il punto importante. Anche avendo a disposizione dei dati identificativi precisi, si potrebbe affermare di “conoscere” realmente Alessandro? Un fisico direbbe che il nome, il cognome, la data e il luogo di nascita sono volgari convenzioni introdotte dall’uomo e che non hanno nessun valore scientifico. Ma voglio dissociarmi da me stesso e di conseguenza dai fisici. Dirò che la volgare convenzione, l’identificativo, può essere utile durante un interrogatorio o per notificare una cartella esattoriale, ma di certo non è utile per conoscere la persona a cui si chiede il nome. Escluderei anche l’opzione “riscossione”, a meno che non vi piaccia essere contornati da quegli amici che Campbell, facendo ricorso agli archetipi mitologici, piazzerebbe irrimediabilmente tra il mutaforme e l’imbroglione. Se vi state chiedendo voglio proprio vedere questo cretino dove vuole arrivare, vi rispondo che il cretino vuole arrivare a mostrare un’evidenza banale: un dato, da solo, non serve quasi mai a nulla. Anche quello che può sembrare importantissimo, che so, la temperatura corporea o il numero di globuli bianchi, non fornisce risposte certe su eventuali patologie e di conseguenza sulla conoscenza di un fenomeno correlato. Direte: “Quindi?”. Quindi usare i dati a sproposito, senza metodo, non serve a granché, specialmente quando l’utilizzo è finalizzato a supportare dimostrazioni e ipotesi fraudolente. Per rendervi conto di quanto sia ricorrente il ricorso truffaldino ai dati parziali e incompleti in un discorso, basta accendere la TV e sintonizzarsi su qualche rarissima trasmissione in cui si parla di Covid. Se avrete la fortuna di cogliere uno degli sporadici attimi in cui compaiono “gli scienziati”, avrete anche il privilegio di comprendere meglio il senso di questo articolo. E dei dati. Se io dico che è stata superata la soglia di allerta del 10% di occupazione delle terapie intensive, ho fornito un dato. Un dato allarmante, però, attraverso il quale posso creare paure e pregiudizi amplificati dai media e dai toni catastrofici. Se però aggiungo che la soglia di allerta, negli ultimi tempi, a seguito di decisioni che sembrano prive

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Hey Digitale, Hai nostalgia per l’Analogico?

Hey Digitale, Hai nostalgia per l’Analogico? Nella realtà virtuale ogni cosa è possibile e, quindi, può anche verificarsi un incontro tra un personaggio di un cartone digitale con un vecchio personaggio di un cartone nato da una serie di disegni proposti in rapida successione temporale per creare la percezione del movimento. I-digit il nuovo e dinamico cartone digitale incontra per caso A-Nalog, un vecchio cartone che riesce a muoversi solo grazie ai disegni del suo grafico e al sapiente lavoro di composizione in successione dei fotogrammi. I-Digit si muove velocemente e riesce a fare tante cose con facilità: bastano poche impostazioni del suo maestro grafico-programmatore per vivere una nuova avventura. A-Nalog è più lento, ogni sua nuova avventura è frutto di una lunga attesa, ma quando sa di essere pronto, riesce sempre a dare il meglio di sé: è allegro, si muove con naturalezza ed è sempre felice di farlo. L’incontro avviene per caso, durante uno delle ormai rare passeggiate di A-Nalog nei giardini del web. I-Digit. come mai in giro a quest’ora A-Nalog? i modelli tecnologicamente obsoleti non dovrebbero girare fino a tarda sera, siete così lenti e intanto che ritrovate la strada di casa, s’è fatta l’alba! A-Nalog. solito sbruffone, quelli come me occupano meno spazi, sono più attraenti, veri e trovano sempre la strada di casa ma vi fanno ritorno con calma, apprezziamo tutto quel che ci circonda. I-Digit. ma dai, in che mondo vivi! Lo sai che più dell’80% dei consumatori sostiene che la tecnologia ha migliorato anche in modo significativo le loro vite e tu perdi tempo a guardarti intorno? A-Nalog. Davvero? Beh, io sono diverso dagli strani individui con quelle strane cose nelle orecchie che trovi in giro, parlano da soli sbracciandosi e sono quasi sempre agitati! Io per strada non ascolto musica e non parlo al cellulare, mi godo il paesaggio, cammino, sorrido e saluto le persone che incontro. I-digit. In parte hai pure ragione, ma lo sai che più della metà delle persone ha dichiarato che non potrebbe stare senza telefono per un giorno intero? E poi lo sai che è possibile ascoltare tutta la musica che vuoi e quando vuoi in casa e all’aperto? Lo sai che il 40% delle persone ascolta quotidianamente musica in digitale o in streaming e che La maggior parte delle persone pagano per vedere film e programmi TV digitali, musica e videogiochi? A-Nalog. D’accordo, qualcosa di positivo il digitale ce l’avrà pure e a me, ad esempio, non dispiacerebbe avere a disposizione l’intera collana dei film della Walt Disney e vedermi i film quando mi pare. Però lasciami dire una cosa: L’analogico, prima dell’avvento del digitale, era il formato del suono originale perché gli esseri umani sono predisposti per sentire suoni analogici. Il mondo degli umani fino ai primi anni ’80 era un mondo senza audio digitale. I Compositori, i musicisti e i melomani vivevano in uno stato di pura felicità analogica proprio perché analogico era il formato del suono originale. Se ascolti un LP hai chiara la sensazione che sono esseri umani a fare la musica ed apprezzi anche le distorsioni dei suoni che il digitale non ha: il suono analogico corrisponde alla variazione di pressione dell’aria. È vero che sia i segnali analogici sia quelli digitali vengono utilizzati per trasmettere informazioni, solitamente tramite segnali elettrici e che in entrambe le tecnologie le informazioni, audio o video, vengono trasformate in segnali elettrici. La differenza è che nella tecnologia analogica le informazioni vengono tradotte in impulsi elettrici di ampiezza variabile, mentre nella tecnologia digitale, tu I-digit mi insegni, la traduzione delle informazioni avviene in formato binario (zero o uno) dove ogni bit è rappresentativo di due ampiezze distinte. Il segnale analogico è un segnale continuo caratterizzato da onde sinusoidali che la tecnologia analogica registra così come sono: ne viene fuori una registrazione più calda e vera pur con le imperfezioni che in fondo la caratterizza. Non è un caso che sia in forte ripresa il mercato dei giradischi e delle testine nella fascia alta dei produttori e che stanno crescendo gli appassionati del vinile, pensa che Amazon propone oltre centinaia di migliaia di titoli di LP. Certo c’è anche un po’ di nostalgica malinconia in molti clienti che quell’epoca l’hanno vissuta e stanno ritornando al vinile, ma ci sono anche tanti giovani che stanno riscoprendo la tecnologia analogica. Perché questo ritorno? Semplice, se ascolti un CD ben registrato … senti gli umani. I-digit. È Vero, i segnali digitali sono segnali a tempo discreto e discontinuo e sono rappresentati da onde quadre. Le forme d’onda del suono sono convertite in un insieme limitato di numeri (Bit binario) e sono poi registrati eliminando ogni imperfezione e distorsione: il suono è perfetto perché ogni rumore di fondo può essere isolato ed eliminato. Vediamo anche gli aspetti positivi del suono digitale: puoi portare con te una infinità di brani e ascoltarli quando e dove vuoi! E poi pensa anche alla fotografia digitale! Con gli smartphone di ultima generazione puoi fare milioni di foto e di video e conservarli tutti nel tuo cloud! Un immenso archivio di foto e video HD a tua disposizione! A-Nalog. hi hi hi, ero proprio in attesa di questa tua osservazione! Tu sei uno che non vive la vita, la registra! Tu fotografi qualsiasi cosa e conservi milioni di foto che non saprai nemmeno di avere fatto e che probabilmente non consulterai mai. Ma nel frattempo ti perdi gli attimi più belli della tua vita. Potresti invece goderti il tramonto e fotografarlo una sola volta con una vecchia 35 mm. e, soprattutto, vivere queste bellissime emozioni. Attenderai con ansia che il rullino di foto sia completato per poi passare allo sviluppo e stampare le poche ma significative foto che hai scattato. I-digit. No, no, frena! Ti stai sbagliando e di grosso! Non c’è nulla di sbagliato nell’utilizzo della tecnologia: le nuove fotocamere digitali consentono di scattare foto perfette e non mi sento affatto limitato nel guardarmi intorno e godermi gli attimi di vita che sto vivendo: utilizzo la

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I diritti nell’era digitale l’ebook di Aidr esamina tutele e doveri dei cittadini europei

I diritti nell’era digitale, l’ebook di Aidr esamina tutele e doveri dei cittadini europei Scrivano (Aidr): offriamo uno strumento utile per proteggere il nostro bene più prezioso, i dati online La rivoluzione digitale ha portato con sé uno stravolgimento della vita quotidiana e quindi, dell’organizzazione dei sistemi economici e sociali. Consumo e condivisione di dati online, sono il nuovo tesoro che alimenta l’era digitale: dalle foto postate sugli account personali, ai dati personali inviati per la prenotazione di un volo, ai pagamenti online, fino al pagamento della tv on demand. Chi governa realmente questa mole di dati, fino a che punto è lecito utilizzarli, come possiamo tutelarci? Nell’ebook di Aidr una disamina dei nuovi diritti, figli dell’era digitale. L’obiettivo principale del manuale online, disponibile gratuitamente a questo link (https://www.aidr.it/scarica-le-book-gratuito-di-aidr-i-diritti-digitali-dei-cittadini-europei/) è quello mettere a disposizione di tutti uno strumento agile, scevro da tecnicismi per addetti ai lavori, che renda consapevoli i lettori dei loro “nuovi diritti” in quanto cittadini europei di questo nuovo millennio, come sottolineato nella prefazione al testo da Agostino Ghiglia, Componente Garante per la protezione dei dati personali. Suddiviso in tre macro-aree: trattamento dati personali, diritto e gestione dei servizi e contenuti digitali, investitori digitali; il manuale è stato curato da Paola D’Elia già autrice e coautrice di pubblicazioni nell’ambito del Diritto Privato e del Diritto Privato Comparato con riferimento al Diritto dell’Informazione, Mauro Rosario Nicastri, Presidente dell’associazione Aidr e Dario Scrivano, avvocato penalista. “Il confine tra ciò che attiene alla sfera personale e ciò che viene volontariamente condiviso con altri, si è fatto via via più labile nel corso degli anni- sottolinea Dario Scrivano- a causa anche dell’estrema facilità con cui è possibile scambiare informazioni in rete. Con questo manuale offriamo al lettore una guida per conoscere e attuare tutti gli strumenti di tutela garantiti dalla legge per proteggere il nostro bene più prezioso, i dati personali.“

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Pianeta Terra – Ultima chiamata per salvare l’ambiente?

Pianeta Terra – Ultima chiamata per salvare l’ambiente? di Vito Coviello, Socio AIDR e Responsabile Osservatorio Tecnologie Digitali nel settore dei Trasporti e della Logistica. Nei lontani anni ‘30 del secolo scorso, il 32° Presidente degli Stati Uniti d’America, Franklin Delano Roosevelt, pronunciò durante un suo discorso questa frase: “Una nazione che distrugge il proprio suolo si distrugge. Le foreste sono i polmoni della nostra terra, purificano l’aria e danno nuova forza alla nostra gente ”. Oggi a distanza di oltre 90 anni, potremmo dire che aveva purtroppo ragione, ma l’essere umano ha continuato a non ascoltare i gridi di allarme e i segnali delle devastanti conseguenze dovute al cambiamento climatico causato dallo sfruttamento incontrollato delle risorse del Pianeta. La causa principale dei cambiamenti climatici è l’effetto serra provocato da alcuni gas che agi-scono proprio come una “serra”: catturano il calore del sole e lo trattengono provocando l’innalzamento della temperatura in ogni angolo del nostro pianeta. L’innalzamento globale della temperatura si sta verificando molto più velocemente rispetto alle stime degli esperti e i drammatici effetti sono visibili a tutti: o l’innalzamento del livello del mare a causa dello scioglimento dei ghiacciai, o l’aumento di CO2 e dei gas ad effetto serra generato dalla combustione di carbone, petrolio e gas causato in gran parte dalle centrali elettriche, dagli altri impianti in-dustriali e dai mezzi di trasporto, o L’aumento dei fenomeni meteorologici estremi, o la desertificazione causata dal cambiamento climatico e dall’uomo, perché il suolo è di per sé un serbatoio di CO2 che viene rilasciata con l’impoverirsi della vegeta-zione. L’uomo sembra essersi accorto del problema solo ora? Ovviamente no. Solo negli ultimi trent’anni troveremo migliaia di pubblicazioni, libri, articoli sul tema: gli esperti hanno presentato una infinità di dati scientifici e di proiezioni utili per comprendere la gravità del problema. Non sono state profezie quelle sui devastanti effetti dell’inarrestabile ed accelerato aumento del riscaldamento climatico, ma dati oggettivi che la comunità mondiale ha preso in seria conside-razione solo negli ultimi anni. L’organizzazione delle Nazioni Unite e L’Unione Europea hanno assunto dal 2015 precisi impe-gni per contrastare i cambiamenti climatici e, nello specifico: L’Unione Europea prevede · di ridurre del 55% e entro il 2030 le emissioni di CO2 rispetto al 1990 · di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha predisposto L’agenda ONU 2030 che prevede di raggiungere entro il 2030 tre obiettivi climatici: · ridurre del 45% le emissioni di CO2 entro il 2030, · raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 · stabilizzare l’aumento della temperatura globale a 1,5° entro la fine del secolo. L’agenda ONU 2030 si compone oltre alla lotta per il cambiamento climatico anche di ben altri 16 goals: Goal 1 – configgere la povertà, Goal 2 – sconfiggere la fame, Goal 3 – salute e benessere, Goal 4 – istruzione di qualità, Goal 5 – Parità di genere, Goal 6 – Acqua pulita e sevizi igienico sanitari, Goal 7 – Energia pulita e accessibile, Goal 8 – Lavoro e crescita economica, Goal 9 – Imprese, innovazione e Infrastrutture, Goal 10 – Riduzione delle disuguaglianze, Goal 11 – Città e comunità sostenibili, Goal 12 – consumo e produzione responsabili, Goal 13 – Lotta contro il cambiamento climatico, Goal 14 – Vita sott’acqua, Goal 15 – Vita sulla terra Goal 16 – Pace, Giustizia e istituzioni solide, Goal 17 – Partnership per gli obiettivi. Riguardo al Goal 13, promuovere azioni a tutti i livelli per combattere il cambiamento climati-co, Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Guterres, all’apertura del dibattito della settanta-seiesima Assemblea generale del 21 settembre u.s., ha detto che “… Siamo sull’orlo di un abisso e ci muoviamo nella direzione sbagliata. Sono qui per da-re l’allarme … il mondo non è mai stato più minacciato e più diviso .. il recente rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Cange è stato un codice rosso per l’umanità. Siamo a poche settimane dalla Cop26 di Glasgow, ma apparentemente lontani anni luce dal raggiungimento dei nostri obiettivi. Dobbiamo fare sul serio, dobbiamo agire in fret-ta,…”. La COP26 è la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021. L’ONU or-mai da circa 30 anni riunisce quasi tutti i Paesi della terra sul tema del clima, ma la priorità è stata veramente innalzata solo negli ultimi anni a seguito del rapido e imprevisto ulteriore peg-gioramento delle previsioni. Quest’anno la COP si terrà a Glasgow e avrà un carattere straordinario perché tutti i Paesi do-vranno assumersi impegni ben più onerosi per tentare di rispettare gli impegni assunti nella COP di Parigi di contenere a 1,5 gradi l’aumento del riscaldamento globale. Tutti i Paesi, compresa l’Italia, accettarono di sottoscrivere l’accordo con cui si impegnarono a raggiungere tale obiettivo entro il 2030. Ma qual è la reale situazione ad oggi? Nell’incontro effettuato fra 50 Ministri per L’ambiente ( riunione pre-COP26, presente per l’Italia il Ministro Cingolani) è emersa la necessità di fare di più se si vuole mantenere il riscaldamento sotto 1,5 gradi. Tutti gli Stati devono impegnarsi di più per la decarbonizzazione e, riguardo ai Paesi in via di svi-luppo, occorre garantire ogni azione per erogare entro il 2025 il fondo per il clima di 100 miliardi di dollari e disincentivare qualsiasi investimento nella ricerca ed estrazione dei fossili e con-centrare tutti gli sforzi degli investimenti verso l’utilizzo di risorse energetiche a impatto zero per l’ambiente. Cosa sta accadendo nel Pianeta? Quali sono gli inquietanti segnali che hanno finalmente spinto i Paesi a cercare le soluzioni per fermare il riscaldamento globale e impedire che si prosegua verso un irreversibile peggioramento? Scioglimento dei Ghiacciai. Lo Fusione o scioglimento dei ghiacciai in corso è un problema noto a tutti. Tanti sono stati gli allarmi lanciati nel corso degli ultimi due decenni sulla gravità del problema: dalla comunità scientifica, dalle associazioni ambientaliste, dagli esperti del settore e dalla gente comune. Negli ultimi 20 anni c’è stata una forte accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai, si calcola che abbiamo perso oltre 267 miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno, con un’impennata del 130% tra

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L’innovazione come leva dello sviluppo sostenibile

L’innovazione come leva dello sviluppo sostenibile  di Sandro Zilli, Innovation Manager e Resp. Osservatorio AIDR per l’Innovazione e la Crescita Digitale Stiamo vivendo un momento storico senza precedenti, caratterizzato dalla velocità e dall’imprevedibilità con cui avvengono i cambiamenti. D’altra parte, è anche un tempo utile in cui cogliere l’opportunità di realizzare quanto espresso negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030 delle Nazioni Unite ovvero: “costruire una infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile”. Considerando lo scenario estremamente complesso, serve una buona dose di creatività per pensare fuori dagli schemi, e riflessioni ambiziose per favorire il cambiamento dei paradigmi che ci hanno accompagnato in questi anni, con l’obiettivo di creare nuove basi e regole per gli investimenti che dovranno essere affrontati in termini di infrastrutture in vari ambiti come ad esempio: trasporti, irrigazione, energia, tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’innovazione è uno dei fattori determinanti per il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile che non può prescindere dal principio etico della “cor-responsabilità” ovvero un presupposto fondamentale che conduce a una visione “ecologica integrale” fondata sulla “centralità della persona”. Tali principi, sono le leve con cui supportare e rafforzare la capacità dei paesi di accrescere la produttività ed i redditi, nonché favorire migliori risultati nei servizi essenziali come la sanità e l’istruzione. Appare evidente che, gli sforzi per raggiungere obiettivi legati all’ambiente, come l’aumento delle risorse e l’efficienza energetica, siano indissolubilmente legati al progresso tecnologico. Senza tecnologia ed innovazione, non vi sarà nessuna opportunità di crescita e tanto meno di industrializzazione e, senza industrializzazione, non vi sarà sviluppo economico e benessere degli individui. Promuovere uno sviluppo industriale inclusivo e sostenibile è un passaggio fondamentale per supportare la prima fonte di generazione di reddito per le persone, favorire un aumento rapido del tenore e della qualità della loro vita, ma anche di incentivare lo sviluppo di soluzioni tecnologiche per un’industrializzazione che rispetti l’ambiente. Sebbene ci sia la volontà nel perseguire gli obiettivi sopra descritti, spesso manca una strategia adeguata ed una visione d’insieme che conduca al risultato desiderato. Per sostenere questo processo virtuoso, non esiste una ricetta da seguire, ma è necessario essere reattivi ed intervenire su alcuni aspetti strutturali che possano aiutare a riconfigurare i vari settori industriali. In Italia, ad esempio, dove il sistema produttivo è caratterizzato dall’ elevata presenza di piccole imprese spesso penalizzate dalla scarsità di risorse finanziarie, è necessario colmare il gap del ritardo nella diffusione delle nuove tecnologie esponenziali. In tali condizioni, non sorprende che ci sia un forte limite alla crescita perché lo sviluppo è limitato da una produttività più bassa rispetto a quella degli altri paesi che possono contare su conoscenze e tecnologie all’avanguardia. Inoltre, in Italia si registra non solo una bassa produzione di beni e servizi digitali, ma anche un modesto impiego di questi da parte delle imprese e degli individui. C’è un dato su tutti che evidenzia l’affanno del nostro paese ed è il livello di digitalizzazione dell’Italia all’interno dell’Unione Europea che ci vede solo al 25° posto tra gli Stati membri. Appare evidente che, al fine di accelerare lo sviluppo sostenibile ed una crescita solida e responsabile, tutti gli sforzi del paese debbano essere concentrati nel miglioramento delle infrastrutture materiale ed immateriali, nell’innovazione ed in modo specifico nella trasformazione digitale. È fondamentale quindi mettere in pratica un nuovo modello di economia; quello attuale, il cosiddetto modello lineare, è caratterizzato da una produzione sconsiderata che non tiene conto della limitatezza delle materie prime, del loro utilizzo non condiviso e dello smaltimento selvaggio degli scarti, ed è destinato ormai a divenire sempre più inefficiente e costoso per l’ambiente, per i cittadini-consumatori e per le imprese stesse. Oltre alle infrastrutture, è necessario incoraggiare una nuova cultura che veda al centro la ricerca scientifica, sia pubblica che privata, ma che soprattutto favorisca le innovazioni volte alla diversificazione industriale ed alla valorizzazione dei prodotti esistenti. Innovare richiede uno sforzo enorme per immaginare, introdurre, sperimentare ed è finalizzato a scoprire nuovi orizzonti e nuove opportunità. Decidere di innovare è una scelta strategica che può prosperare solo se ben strutturata all’interno delle organizzazioni. L’innovazione prevede la messa in campo di modalità sistemiche e ripetitive che grazie a strumenti, ruoli e processi dedicati, possono portare alla creazione di idee, tecnologie e progetti che costituiscono valore non solo per le aziende ma anche per il territorio in cui vanno ad operare. Innovare oggi vuol dire abbracciare nuovi mindset, favorire la cultura, ripensare l’organizzazione ed operare in altri ambiti modificando il modo di produrre, di progettare, di vendere e di fare marketing. La cultura dell’innovazione, per tradursi in risultati concreti, necessita di un coinvolgimento a tutto tondo, che trasformi la struttura interna delle organizzazioni e tenga conto, come leva fondamentale, dell’approccio multi-stakeholder. Occorre incoraggiare lo spirito creativo e imprenditoriale delle persone, creare nuove skill, investire nei talenti così da favorire la generazione di nuove soluzioni. Queste sono le parole chiave intorno alle quali ripensare il cambiamento e ripristinare l’ordine delle cose al fine di creare un nuovo paradigma di sostenibilità, capace di trasformare lo scenario attuale, caratterizzato da scarsità e situazioni critiche, in uno più moderno in cui si possano generare nuove opportunità. L’innovazione offre alle imprese la possibilità di diventare più competitive e di ottenere vantaggi economici considerevoli, consente poi di realizzare significativi risparmi in termini di energia con conseguente beneficio per l’ambiente, crea posti di lavoro a livello locale e offre opportunità di integrazione sociale. Solo attraverso l’innovazione e gli investimenti mirati è possibile sostenere il processo di industrializzazione e rispondere alle grandi sfide in materia di posti di lavoro, di crescita e di miglioramento della qualità di vita del singolo

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