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Alessandro Pavanati (Noi Moderati): “Riconoscere la dignità del lavoro”

Alessandro Pavanati (Noi Moderati): “Riconoscere la dignità del lavoro”. Ecco la lettera di presentazione del candidato: “Salve, mi chiamo Alessandro Pavanati e sono il candidato di riferimento della lista Noi Moderati (ex Nuovo Centrodestra) per il Saronnese in vista delle prossime elezioni regionali. Mi candido alle prossime elezioni regionali, perché credo in una forza politica che si ispiri alla cultura liberale e riformista e a quella popolare ispirata alla dottrina sociale cattolica. Per questo puntiamo sul “noi”, valorizzando prima di tutto il rapporto con il territorio e con le tante formazioni sociali in grado di mantenerlo in buona salute. Rappresentiamo la “gamba” di centro, civica e moderata del Centrodestra: chi vota noi vota la stabilità e il buonsenso necessari per rilanciare il nostro territorio. Crediamo che l’Italia si fondi su una lunga tradizione di rapporti virtuosi, dalla famiglia alle alleanze internazionali, dalle piccole e medie imprese fino alle migliaia di associazioni che costituiscono una fitta rete di “istituzioni informali”, senza le quali il nostro Paese sarebbe infinitamente più povero. Noi vogliamo sostenere i corpi intermedi e la loro funzione essenziale nel mantenimento della coesione sociale. Crediamo che l’Italia sia fatta tutti i giorni da chi si sente protagonista del cambiamento e prova a offrire il proprio contributo. Noi vogliamo che sia riconosciuta la dignità del lavoro, che si ripristini l’ascensore sociale, che sia premiato il merito e che chi rimane indietro sia accompagnato e non abbandonato a sé stesso. In sintesi, portiamo avanti con forza la nostra identità cristiana e liberale, nel segno di “più società e meno Stato”. Perché lo Stato possa essere veramente al servizio della persona. Per l’Italia, per l’Europa, a partire dalla Lombardia dal Saronnese, che ha bisogno di tornare centrale, per offrire servizi e rappresentanza “a km 0″ ai nostri cittadini”.

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Al via il corso di management scolastico di Altis

Al via il corso di management scolastico di Altis. A vent’anni dalla legge sulla parità scolastica, anche quest’anno prenderà il via il Corso di Management Scolastico e Direzione delle Scuole Paritarie, organizzato da ALTIS, scuola di alta formazione dell’Università Cattolica di Milano. La VI edizione del Corso rivolge una specifica attenzione al momento storico che le scuole paritarie (e tutto il sistema scolastico) si trovano a gestire. La presenza o meno della scuola paritaria oggi ha un impatto sociale molto più rilevante rispetto a 10 anni fa. Il corso si terrà a Milano, in Università Cattolica, dal 3 aprile al 23 maggio 2020, per un totale di 7 lezioni in 4 weekend (venerdì e sabato). Come racconta Suor Anna Monia Alfieri, docente e promotrice del corso, “Siamo sempre più consapevoli che per garantire il pluralismo educativo in Italia bisogna lavorare insieme: da un lato, lo Stato deve porre le condizioni per il raggiungimento di una piena parità, in modo da superare le disparità economiche tra istituti statali e paritari e favorire una «proficua, leale e necessaria concorrenza» (come suggerito recentemente dal Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati); dall’altro, le scuole devono continuare a migliorare la qualità della propria offerta formativa e dotarsi di strumenti e competenze per una gestione più efficace ed efficiente. Le scuole paritarie proteggono la libertà di scelta educativa e i diritti degli studenti, delle loro famiglie e dei docenti. Garantire la continuità di questo fondamentale servizio è un tema di grande urgenza. Per questo motivo, occorre continuare a migliorare la qualità dell’offerta formativa e investire adeguatamente nella formazione delle proprie risorse”. Il corso si rivolge a dirigenti scolastici di istituti paritari di ogni ordine e grado, a responsabili amministrativi e docenti avviati a un percorso di sviluppo professionale verso ruoli di responsabilità. Obiettivo del percorso è fornire consapevolezza del ruolo delle scuole paritarie nello scenario formativo italiano, competenze manageriali per la gestione efficiente ed efficacie degli istituti amministrati (pianificazione; gestione strategica, amministrativa e finanziaria; gestione delle risorse umane; stesura di un piano marketing e comunicazione) e strumenti operativi per l’applicazione delle competenze acquisite (anche attraverso un progetto da svolgere durante il corso). Per iscrizioni: https://altis.unicatt.it/altis-corsi-di-alta-formazione-direzione-e-gestione-delle-scuole-paritarie-degli-istituti-religiosi di Alessandro Pavanati

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Scuole paritarie, il dibattito è ancora aperto

di Alessandro Pavanati – Scuole paritarie, il dibattito è ancora aperto. Sulla scuola continua a consumarsi uno scontro fra ideologia e la razionalità di chi sa che per venire a patti con la realtà bisogna fare i cosiddetti “conti della serva”. A drogare il dibattito è ancora spesso il conflitto generato da una visione che identifica la scuola paritaria con la scuola privata ed elitaria, anziché concepire il servizio pubblico come quello che garantisce un’effettiva parità di accesso a tutti i cittadini secondo eguali diritti. In Italia, il sistema scolastico è egualitario sulla carta, ma nei fatti non rimedia le differenze di partenza tra gli studenti legate al contesto familiare e sociale, anzi le rinforza. Col risultato paradossale che, alla fine, abbiamo effettivamente un sistema scolastico elitario. Il Rapporto Ocse-Pisa mostra chiaramente che in Italia non tutti gli studenti hanno pari accesso a un insegnamento di alta qualità. Questa disuguaglianza può spiegare gran parte dei divari di apprendimento osservati tra gli studenti più favoriti e quelli svantaggiati. La possibilità di accedere all’educazione, infatti, rappresenta l’ago della bilancia dell’equità sociale. I dati raccolti dall’Ocse dimostrano come l’alta percentuale di abbandono scolastico in Italia sia chiaramente determinata dalle risorse economiche di cui dispongono le famiglie. Le famiglie più agiate tendono a scegliere le scuole pubbliche – paritarie e statali – migliori e seguono con più attenzione i loro figli. Coloro che hanno la maggiore probabilità di andare male a scuola o di abbandonarla senza diplomarsi, molto spesso vengono da famiglie povere o di immigrati, secondo il rapporto. Parlare di un contrasto fra scuola paritaria e scuola statale significa mettere in scena una guerra fra poveri, nella quale nessuno dei due pseudo-contendenti si rende conto di dover essere alleato dell’altro per la realizzazione di un vero sistema di istruzione pubblica. Se si applica il sistema del cosiddetto costo standard di sostenibilità per paziente, nell’ambito sanitario, non c’è ragione per farlo anche in quello scolastico. A strutturare una dimostrazione di come il costo standard di sostenibilità per studente sia il sistema sulla base del quale parametrare un vero servizio pubblico è stata Suor Anna Monia Alfieri, coautrice negli scorsi anni del saggio “Il diritto di apprendere”. “Puntare sulla scuola per promuovere una crescita equa del Paese – dichiara – significa garantire uguaglianza proprio nell’accesso all’istruzione: questa uguaglianza di accesso, cioè una libertà senza preclusioni economiche, da parte della famiglia, di scegliere la buona scuola pubblica paritaria o statale, in Italia non c’è. Quali possono essere le iniziative per migliorare questa disuguaglianza? L’Italia spende male per l’Istruzione pubblica statale, questo è un dato di fatto”. L’occasione è stata, negli scorsi giorni, il confronto organizzato a Milano dalla Uil Scuola, cui hanno partecipato tra gli altri anche Valentina Aprea, deputato di Forza Italia ed ex assessore all’istruzione della Regione Lombardia e Valeria Fedeli, senatrice del Partito Democratico ed ex ministro della Pubblica Istruzione. Un punto condiviso è stata l’esigenza di riattivare il tavolo sulla scuola a partire dal fatto che ogni alunno della pubblica statale costa al contribuente 10.000 euro all’anno, con scuole che cadono a pezzi, docenti sottopagati e alunni dispersi o “culturalmente azzerati”. “Tutto ciò – specifica Suor Anna Monia Alfieri – nonostante la sussidiarietà al contrario degli alunni delle paritarie che garantiscono ogni anno allo Stato entrate per più di 6 miliardi di euro. Infatti, non costano nulla (500 milioni di euro a fronte dei 53 miliardi, per un decimo della popolazione scolastica) e in più pagano le tasse per la scuola pubblica statale, che non frequentano”. Chiara la posizione della Uil Scuola, per cui la scuola è una funzione dello Stato e non può essere delegata al privato se non per consentire una sua convivenza alle condizioni della Costituzione. Un’impostazione che mostra chiaramente una divergenza di visione sociale, che tuttavia è sfociata nella comune intenzione di riaprire un confronto serio e aperto sul tema dell’istruzione.

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Scuola, Alfieri: “Il sistema è iniquo”

Scuola, Alfieri: “Il sistema è iniquo”. Un giudizio netto, come sono nette e articolate le risposte di suor Anna Monia Alfieri. religiosa esperta del tema scuola, che ha accettato di rispondere alle nostre domande dopo l’altrettanto gradito intervento di Alessandro Pavanati sul nostro giornale a proposito dell’incontro l’8 novembre sul destino scolastico dei figli degli italiani. 1. Come mai avete deciso di organizzare questo incontro? Con gli amici di UIL, desideravamo organizzare un evento rilevante per Milano, capitale di cultura, oltre che di economia. Soprattutto, abbiamo desiderato un convegno con protagonisti … “di tutti i colori” del mondo della scuola. Studenti compresi. Sintetizzo con le parole di Carlo Giuffrè, segretario UIL Scuola Lombardia: “La scuola è una comunità”. Dunque le voci devono essere molteplici. 2. Qual è lo stato del sistema scolastico italiano? Il giudizio arriva dall’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, nel suo Rapporto Politiche efficaci per gli insegnanti: una prospettiva OCSE-PISA, reso noto a fine settembre. Il sistema scolastico è il primo fattore propulsivo di un Paese, sia a livello economico che sociale. In Italia, il sistema scolastico è iniquo: egualitario sulla carta, ma nei fatti non rimedia le differenze di partenza tra gli studenti legate al contesto familiare e sociale, anzi le rinforza. Il Rapporto mostra chiaramente che non tutti gli studenti hanno pari accesso a un insegnamento di alta qualità. Questa disuguaglianza può spiegare gran parte dei divari di apprendimento osservati tra gli studenti più favoriti e quelli svantaggiati. La possibilità di accedere all’educazione, infatti, rappresenta l’ago della bilancia dell’equità sociale. I dati raccolti dall’Ocse dimostrano come l’alta percentuale di abbandono scolastico in Italia sia chiaramente determinata dalle risorse economiche di cui dispongono le famiglie. Le famiglie più agiate tendono a scegliere le scuole pubbliche – paritarie e statali – migliori e seguono con più attenzione i loro figli. “Coloro che hanno la maggiore probabilità di andare male a scuola o di abbandonarla senza diplomarsi, molto spesso vengono da famiglie povere o di immigrati” (Ocse) Puntare sulla scuola per promuovere una crescita equa del Paese significa garantire uguaglianza proprio nell’accesso all’istruzione: questa uguaglianza di accesso, cioè una libertà senza preclusioni economiche da parte della famiglia di scegliere la buona scuola pubblica statale o paritaria, in Italia non c’è. 3. Quali possono essere le iniziative per migliorarla? L’Italia spende male per l’Istruzione pubblica statale. Voci trasversali della politica, da Aprea a Fedeli, concordano. Ogni alunno della pubblica statale costa al contribuente 10.000 euro all’anno, con scuole che cadono a pezzi, docenti sottopagati e alunni dispersi o culturalmente azzerati… Tutto ciò, nonostante la sussidiarietà al contrario degli alunni delle paritarie che garantiscono ogni anno allo Stato entrate per più di 6 miliardi di euro. Infatti non costano nulla (500 milioni di euro a fronte dei 53 miliardi, per un decimo della popolazione scolastica) e in più pagano le tasse per la scuola pubblica che non frequentano. L’unico passaggio, di fatto, che la storia suggerisce a beneficio delle scuola pubblica italiana tutta è 1) l’individuazione del costo standard di sostenibilità per allievo nelle forme che si riterranno più adatte al sistema italiano, 2) la conseguente possibilità di scegliere, per la famiglia, fra buona scuola pubblica statale e buona scuola pubblica paritaria. Risultati: a) una buona e necessaria concorrenza fra le scuole sotto lo sguardo garante dello Stato; b) l’innalzamento del livello di qualità del sistema scolastico italiano con la naturale fine dei diplomifici e delle scuole che non fanno onore ad un SNI d’eccellenza quale è quello che l’Italia deve perseguire per i propri cittadini, c) la valorizzazione dei docenti e il riconoscimento del merito, come risorsa insostituibile per la scuola e la società, 4) l’abbassamento dei costi e la destinazione dell’economia ad altri scopi, magari non estranei al mondo della Scuola. Si innesca così un circolo virtuoso che rompe il meccanismo dei tagli, conseguenti a sempre minori risorse (perché sprecate) che producono a loro volta altro debito pubblico. Non illudiamoci che il Welfare possa sostenere altri costi; non a caso il Principio di Sussidiarietà, oltre ad avere una valenza etica, è anzitutto un principio economico prioritario. Europa docet. 4. Da questo governo vi aspettate attenzione sul tema dell’Istruzione? Da ogni governo mi aspetto attenzione… soprattutto intelligenza e apertura mentale, priva di istinti ideologici… Sto aspettando.    

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Scuole pubbliche statali, scuole pubbliche paritarie e scuole del mercato: tesi a confronto

“Scuole pubbliche statali, scuole pubbliche paritarie e scuole del mercato: tesi a confronto”. L’incontro, organizzato a Milano dalla Uil Scuola il prossimo 8 novembre, vedrà la partecipazione, tra gli altri, di Valentina Aprea, Valeria Fedeli, del segretario generale della Uil Scuola Pino Turi e di Suor Anna Monia Alfieri. In Italia il sistema scolastico è fondamentalmente iniquo: egualitario sulla carta, nei fatti non lavora per eliminare il gap socioeconomico tra studenti. La tendenza, anzi, è quella che vede chi è ricco avere sempre più opportunità di crescita e chi è povero sempre meno. Come dice qualcuno, in Italia “rimani sempre più ciò che nasci”. Il giudizio scaturisce da un’osservazione attenta dalla realtà, ma è persino supportato dai dati che arrivano dall’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, nel suo Rapporto ‘Politiche efficaci per gli insegnanti: una prospettiva OCSE-PISA’, reso noto a fine settembre. Il rapporto mostra chiaramente che non tutti gli studenti hanno pari accesso a un insegnamento di alta qualità e che questa disuguaglianza può spiegare gran parte dei divari di apprendimento osservati tra gli studenti più favoriti e quelli svantaggiati, sia all’interno dei Paesi che tra Paese e Paese. In circa la metà dei 69 sistemi economici esaminati, inoltre, gli insegnanti delle scuole con un’alta concentrazione di studenti svantaggiati tendono ad avere qualifiche o credenziali inferiori rispetto agli insegnanti delle scuole più avvantaggiate. La possibilità di accedere all’educazione, infatti, rappresenta l’ago della bilancia dell’equità sociale. I dati raccolti dall’Ocse dimostrano come l’alta percentuale di abbandono scolastico in Italia sia chiaramente determinata dalle risorse economiche di cui dispongono le famiglie. “Coloro che hanno la maggiore probabilità di andare male a scuola – riporta lo studio – o di abbandonarla senza diplomarsi, molto spesso vengono da famiglie povere o di immigrati”, al contrario le famiglie più agiate seguono meglio i ragazzi nel loro percorso scolastico, potendo accedere, tra le altre cose, anche all’istruzione privata. Puntare sulla scuola per promuovere una crescita equa del Paese significa garantire uguaglianza proprio nell’accesso all’istruzione: assegnare finanziamenti ad hoc alle scuole che agevolano l’iscrizione dei ragazzi delle famiglie più povere ed evitare le “segregazioni” (Ocse), laddove spesso i genitori più ricchi tendono a scegliere le scuole migliori per i loro figli, mentre i più poveri devono accontentarsi. Dall’equità deriva poi la qualità dell’istruzione, intesa come adeguamento delle strutture, formazione e maggiore remunerazione per i docenti, miglioramento e aggiornamento continuo dei programmi didattici, con particolare attenzione a una formazione orientata al futuro ingresso del ragazzo nel mondo del lavoro. È questo il tema che vedrà a confronto diverse posizioni, in occasione dell’incontro dal titolo “Scuole pubbliche statali, scuole pubbliche paritarie e scuole del mercato: tesi a confronto”, una tavola rotonda organizzata da Uil Scuola Lombardia a Milano presso l’aula magna del Liceo Classico Statale G. Carducci, il prossimo 8 novembre, indirizzato ai Dirigenti scolastici e ai docenti delle scuole della Lombardia. Al dibattito parteciperanno, moderati dalla giornalista Valentina Santarpia: Suor Anna Monia Alfieri, esperta di politiche scolastiche; Valentina Aprea, Camera dei Deputati (FI); Valeria Fedeli, Senato della Repubblica (PD); Camilla Sgambato, Responsabile ufficio scuola del PD; Francesco Schianchi, esperto aspetti antropologici e della formazione; Paolo Ramazzotti, Università di Macerata; Pino Turi, segretario generale UIL Scuola. “La scuola è una comunità”, sottolinea il segretario della Uil Scuola della Lombardia, Carlo Giuffrè. “Dunque – aggiunge – le voci devono essere molteplici. Siamo interessati e sosteniamo il modello di scuola previsto dalla Costituzione. È lo Stato che deve garantire a tutti l’istruzione e il raggiungimento del successo formativo. Il modello di scuola che abbiamo come riferimento è quello di una scuola statale laica, aperta, inclusiva, capace di funzionare come ascensore sociale. Siamo fortemente contrari a ogni ipotesi di regionalizzazione del sistema di istruzione”. Verranno messi a confronto un modello di scuola che vede come parametro di riferimento la scuola statale laica, aperta, inclusiva, capace di funzionare come ascensore sociale e che è contrario ad ogni ipotesi di regionalizzazione del sistema di istruzione con altre ipotesi ed esperienze volte comunque a preservare la funzione della scuola pubblica, paritaria o statale, su cui bisogna investire. «L’individuazione del costo standard di sostenibilità per allievo nelle forme che si riterranno più adatte al sistema italiano e la conseguente possibilità di scegliere, per la famiglia, fra buona scuola pubblica statale e buona scuola pubblica paritaria rappresenta, probabilmente, la chiave di lettura che consente di superare gli steccati ideologici e trovare una soluzione al problema scuola», sostiene suor Anna Monia Alfieri, che aggiunge: «Va riconosciuto all’allora ministro Valeria Fedeli il merito di aver rotto un tabù, prendendo in concreta considerazione, con la nomina di un gruppo di lavoro ad hoc, il modello del costo standard di sostenibilità come criterio di finanziamento dell’intero sistema pubblico di istruzione». Il dibattito si prefigura come un intelligente tavolo di confronto non affatto scontato, in una scuola statale di eccellenza, che rompe tabù di anni, in cui il mondo sindacale e il mondo della scuola paritaria si sono trincerati ognuno sulle proprie posizioni. Alessandro Pavanati

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