ARISA

La “lettera aperta” di A.R.I.S.A.: il mondo dello sport non vede la luce in fondo al tunnel

La “lettera aperta” di A.R.I.S.A.: il mondo dello sport non vede la luce in fondo al tunnel. In Lombardia il 36% dei centri sportivi. Dopo l’ultimo decreto del Governo non si intravede, per il mondo sportivo, quella luce in fondo al tunnel richiamata un po’ da tutti. Lo rileva A.R.I.S.A. l’Associazione lombarda (aderente a Confcommercio Milano) che riunisce le attività imprenditoriali di palestre, piscine, centri sportivi. Un “blackout” che si trascina da oltre un anno e che rischia di decimare il settore. “Questo messaggio è come una lettera aperta per far comprendere la drammaticità della situazione” spiega il direttore di A.R.I.S.A. Paolo Uniti. Nel 2019 – ricorda A.R.I.S.A. – in circa 6 milioni erano iscritti a una palestra, piscina o centro sportivo. In Lombardia è concentrato oltre il 36% dei centri sportivi con più 2 milioni di praticanti. “Sport e benessere fisico sono molto importanti ed è per questo – prosegue Uniti – che le attività devono al più presto ripartire: in piena sicurezza come già si sono attrezzate. Lo sport a tutti i livelli, al pari del sistema scolastico, deve tornare ad essere un punto di riferimento stabile nella vita quotidiana”. “I nostri centri, le nostre imprese, le nostre associazioni sportive ci auguriamo tornino presto a rappresentare – aggiunge e conclude il direttore di A.R.I.S.A. – quei punti di ritrovo anche per decine di migliaia di giovani che, nelle discipline sportive, hanno modo di applicarsi e di crescere. Mentre, nella cronaca di questo periodo, purtroppo emergono frequenti episodi di violenza giovanile. Anche sotto questo delicato aspetto, senza retorica, crediamo che i valori della pratica sportiva possano dare un utile contributo”.

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Piscine lombarde, ARISA: primo passo importante per evitare chiusure

Piscine lombarde, ARISA: primo passo importante per evitare chiusure. Ora acque più “calme” per le piscine lombarde alle prese con i limiti previsti con le linee guida per l’emergenza Covid. L’ordinanza di Regione Lombardia (la 604 del 10 settembre) ridefinisce le regole d’accesso agli impianti consentendo un maggior numero d’ingressi. La densità di affollamento in vasca è sempre calcolata con un indice di 7 metri quadrati di superficie di acqua a persona per le vasche (anche per sezioni) dove dimensioni, allestimento e regolamento dell’impianto consentono l’attività natatoria. Ma dove non è consentita l’attività natatoria l’indice scende a 4 metri quadrati di superficie di acqua a persona. E per attività motorie organizzate in acqua come acquagym ed acquabike (ecc.) il parametro da seguire è di 2 metri di distanza a persona. Le modifiche introdotte dalla Regione vengono incontro alla grande preoccupazione che era stata espressa in agosto da A.R.I.S.A. l’Associazione regionale imprese dello sport (aderente a Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza) sul rischio chiusura di molti impianti per l’impossibilità, con norme troppo rigide, di poter far fronte agli elevati costi di gestione a cui si sommano le procedure di sanificazione ed igienizzazione necessarie a garantire la sicurezza degli utenti nelle oltre mille piscine lombarde.  “Le novità dell’ordinanza regionale sono un primo passo importante per evitare chiusure di impianti – dichiara Angelo Gnerre, consigliere di A.R.I.S.A. – ora bisogna approfondire il confronto con le istituzioni, Comitato Tecnico Scientifico e Regione, anche attraverso ricerche e progetti pilota, per arrivare a nuovi parametri. La consolidata ‘letteratura’ mondiale sulla sicurezza dell’attività fisica e sportiva in piscina, vista la presenza costante di cloro attivo libero, ci consente, infatti, di guardare avanti”.

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Tutti gli appelli per non cedere alla paura del virus

Tutti gli appelli per non cedere alla paura del virus. In questi giorni se ne contano sempre di più, uno dopo l’altro si sommano gli appelli a non lasciarsi trasportare dall’ansia per il virus e ritornare a vivere. Milano è letteralmente andata in paranoia vedendo le strade e gli scaffali dei supermercati che si svuotavano. In tanti hanno scoperto il significato di telelavoro e smart working, ma ora è già il momento della reazione: il Comune di Milano, le associazioni di categioria, le parti sociali, è tutto un alzarsi di appelli per riaprire le attività e lasciar scorrere la vita. Così se il sindaco di Milano Beppe Sala lancia #milanononsiferma, lo storico ristorante Biffi della Galleria risponde con MilanoMeno10, promuovendo una petizione per convincere i ristoratori a applicare uno scontro del 10 per cento su tutto il menu. Le università come la Bicocca lanciano un programma di lezioni online e tutti cercano di dare una spinta alla locomotiva che si è fermata. Ma ecco alcuni altri appelli per il ritorno a respirare: ARISA – “Facciamo ripartire Milano dallo sport e dal benessere fisico” è la richiesta di più di 5.000 palestre, centri fitness, piscine e centri sportivi a Milano costretti alla sospensione di tutte le attività a causa delle ordinanze necessarie al contenimento del Coronavirus. “Per gli operatori del nostro settore è una situazione di grande difficoltà – denuncia Marco Contardi il presidente di Arisa, l’Associazione delle imprese dello sport, delle arti e del benessere fisico aderente alla Confcommercio milanese – perché non è possibile svolgere qualsiasi tipo di attività fisica e sportiva negli impianti di tutto il territorio”. “Si tratta di una restrizione fortemente impattante – continua Marco Contardi – Ricordiamo che fino a settimana scorsa, nei nostri centri sportivi e nelle palestre migliaia di milanesi, oltre a fare attività legate allo sport ed al benessere fisico, svolgevano anche attività relative al recupero motorio come ginnastica dolce e psicomotricità. Tutte queste forme di attività necessarie, in particolare per i bambini e per gli anziani, sono di fatto oggi bloccate con conseguenti gravi disagi se le restrizioni dovessero perdurare”. A.R.I.S.A. chiede di valutare l’apertura di tutte le palestre e centri sportivi per riporre l’attenzione delle Istituzioni non solo allo sport professionistico, ma anche a quello di base, oggi in forte difficoltà a Milano e hinterland. #milanononsiferma #losportcè   Federalberghi – Federalberghi e le altre organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative del settore turismo hanno sottoscritto oggi presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo un avviso comune sull’emergenza coronavirus, allo scopo di promuovere iniziative per la tutela di 300.000 imprese e 1,5 milioni di lavoratori, che producono ogni anno un valore aggiunto di 90 miliardi di euro, con più di 430 milioni di presenze turistiche ed oltre 48 miliardi di euro spesi in Italia dai turisti stranieri. Un primo blocco di interventi riguarda attività di diretta competenza delle parti sociali, come la stipula degli accordi che consentono l’accesso agli ammortizzatori sociali e l’attivazione di interventi di sostegno mediante la rete degli enti bilaterali. Ulteriori misure, che richiedono l’intervento delle istituzioni, riguardano la necessità di garantire l’intervento del fondo integrazione salariale e della cassa integrazione in favore di tutte le aziende e tutti i dipendenti, concedere indennizzi per le imprese e i lavoratori autonomi del turismo che abbiano subito una significativa riduzione dell’attività, sospendere i vari termini, inclusi quelli inerenti il pagamento di tasse, contributi e mutui, realizzare una campagna straordinaria di promozione del nostro sistema turistico e rilanciare l’immagine turistica dei territori. Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, evidenzia l’obiettivo perseguito dalle parti sociali: salvaguardare le attività economiche e i posti di lavoro, in tutto il territorio nazionale, condizione imprescindibile per assicurare la sopravvivenza del sistema turistico italiano, in attesa che passi la bufera e si ripristinino condizioni di normalità. L’avviso comune, immediatamente dopo la firma, è stato portato all’attenzione del Mibact, nel corso di una riunione per l’esame degli effetti dell’emergenza coronavirus, che si è svolta questa mattina presso il Ministero. FONDAZIONE CENTRO STUDI DOC – In seguito alle misure adottate per affrontare la diffusione del Coronavirus in Italia, è in costante aumento la cancellazione di spettacoli ed eventi culturali su tutto il territorio nazionale, con una perdita d’introiti irrecuperabili nel tempo e senza nessun tipo di copertura, accesso al credito o dilazione di pagamenti. Solo nel settore dello spettacolo dal vivo, Assomusica ha valutato almeno 10,5 milioni di minori entrate in 2 giorni. «Questa crisi che il D.C.M. del 25.2.2020 si propone di risolvere con smart working e periodi di ferie ha contribuito a far emergere la totale mancanza di riconoscimento per il lavoro di centinaia di migliaia di professionisti dello spettacolo, con enormi discriminazioni previdenziali e reddituali»: spiega Chiara Chiappa, presidente della Fondazione Centro Studi Doc, parte della Rete Doc, il più grande network cooperativo italiano nei settori cultura, musica, spettacolo e creatività, con oltre 8mila soci, 30 anni di storia e un fatturato aggregato di 71 milioni di euro nel 2019.   FONDAZIONE CENTRO STUDI DOC – L’appello lanciato oggi dalla Fondazione e inviato al ministro del Lavoro Catalfo, al ministro dei Beni Culturali Franceschini e al presidente INPS Tridico, richiede il riconoscimento di uno status giuridico specifico per i lavoratori dello spettacolo, che preveda in primo luogo l’assegnazione delle tutele previdenziali necessarie a scongiurare l’abbandono della professione in caso di malattia o difficoltà. Si richiedono con urgenza protezioni adeguate alla precarietà del settore, anche attingendo ai fondi ex-Enpals. Bisogna considerare, infatti, che per i lavoratori non assunti da fondazioni, cooperative o teatri, è quasi impossibile ottenere adeguate prestazioni, nonostante l’INPS disponga di un cospicuo e milionario fondo ex-Enpals e il lavoro nello spettacolo sia soggetto fin dal primo giorno al versamento di contributi INPS per malattia, FIS (Fondo d’Integrazione Salariale in caso di crisi) e disoccupazione (Naspi). Di seguito le 5 richieste più urgenti da riconoscere nell’immediato per affrontare la crisi causata in tutto il centro-nord Italia in seguito alle restrizioni del D.L. 6/2020 e del D.P.C.M. 25.02.2020: 1. Indennità di malattia riconosciuta a partire dal primo giorno come accade in tutti gli altri settori al di fuori dello spettacolo. Oggi è richiesto il versamento minimo di 100 giornate di contributi INPS dal gennaio dell’anno precedente; 2. Per l’accesso alla Naspi, l’abolizione del “ticket” licenziamento in caso di licenziamento per giustificato motivo a causa della

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