Una rete lombarda di community per curare i giovani con disturbo borderline della personalità
Una rete lombarda di community per curare i giovani con disturbo borderline della personalità (DBP), aumentati considerevolmente durante la pandemia. Secondo la letteratura scientifica i disturbi della personalità coinvolgono dal 10% al 15% della popolazione e il disturbo specifico borderline incide il 3%. Se si guarda alla fascia d’età under 24 si registra un notevole aumento del fenomeno: dal 7,6% nel 2009 al 13.6% del 2010 fino al 17,4% del 2011. Quasi 3mila persone nel 2018 si sono rivolti alle strutture sanitarie lombarde e del territorio svizzero del Ticino. Il progetto “Young Inclusion” è stato presentato oggi dal Presidente del Consiglio regionale Alessandro Fermi in una conferenza stampa a Palazzo Pirelli promossa nell’ambito delle iniziative del mese dedicato alla sensibilizzazione di questa patologia. All’evento sono intervenuti Letizia Caccavale Presidente Consiglio per le Pari Opportunità (CPO), Alcide Gazzoli Project Manager del Progetto Young Inclusion, Don Walter Magnoni Responsabile per il Servizio per la pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Milano e Raffaele Visintini medico psichiatra dell’Ospedale San Raffaele ideatore dei Gruppi Esperienziali Terapeutici (GET). Chiave di volta nell’approccio del trattamento GET sono le relazioni all’interno del gruppo tra pari. Il nuovo metodo psicoterapeutico è stato introdotto nel 2009 e viene applicato al San Raffaele, punto di riferimento nazionale per il trattamento del disturbo borderline. Durante la conferenza è stato proiettato un video sul percorso di guarigione affrontato da alcune giovani della Comunità per il trattamento del Disturbo di Personalità Borderline “Alda Merini” di Castellanza (VA). Disegni, collage e creazioni attraverso cui le ragazze raccontano la loro sofferenza, ma anche di rapporti che si riallacciano, gusti che si scoprono, giornate che si fanno più vivibili e un desiderio di vivere che si riaccende. Il video è parte della mostra digitale sulle storie di guarigione di alcune ragazze ed è visibile al link http://mostraborderline.younginclusion.org/ “Il disturbo borderline, che coinvolge nella maggioranza dei casi giovani donne, influenza pesantemente la vita delle persone diventando a volte quasi del tutto invalidante sotto il profilo relazionale- ha sottolineato il Presidente Alessandro Fermi intervenendo in conferenza- La Lombardia è stata una delle prime regioni che ha inserito la medicina di genere sulle differenze nella prevenzione, diagnostica e terapia all’interno del Piano Regionale di Sviluppo ritenendola un’evoluzione della medicina in generale. Il Consiglio Regionale quest’anno si dedicherà alla revisione della legge 23 e progetti come quello presentato oggi, capaci di fare una fotografia precisa e attuale sul territorio di una patologia in crescita, consentono di individuare elementi importanti di specializzazione preziosi nell’ottica della riforma sociosanitaria.” “Ci ha colpito l’aumento di questo tipo di disturbi tra i nostri giovani, specialmente tra le ragazze- ha dichiarato Letizia Caccavale Presidente CPO. Crediamo sia fondamentale non lasciarli soli e segnalare percorsi virtuosi di accoglienza, condivisione e cura che li aiutino a “riaccendere” il desiderio di vita. Per questo motivo il Consiglio per le Pari Opportunità sostiene questo progetto e la mostra digitale sulla storia di alcune ragazze guarite nelle comunità. Anche la politica ha un ruolo importante nel testimoniare ai giovani un messaggio di desiderio grande alla vita che riprendo dalle recenti parole di Papa Francesco “non rinunciamo ai grandi sogni. Non accontentiamoci del dovuto”. “Young Inclusion- ha aggiunto Alcide Gazzoli, Project manager Young Inclusion- opera per favorire l’inclusione, tra gli altri, di chi è colpito da disturbo borderline, attraverso il consolidamento di community care sul territorio lombardo: sono piccole comunità dove trovano accoglienza i soggetti fragili che qui sperimentano il ritorno ad una vita normale, grazie alla vita di gruppo che aiuta le persone a rimettersi in gioco e ad affrontare i piccoli gesti quotidiani e all’applicazione dell’innovativo Metodo GET” “Diventa importante ritrovare il senso del vivere- ha sottolineato don Walter Magnoni Responsabile per il Servizio per la pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Milano- Questo convegno, che ha all’origine esperienze concrete di accompagnamento di persone in difficoltà, è una preziosa occasione per riflettere sul cuore dell’uomo chiamato ad avere grandi desideri. Non possiamo accettare che giovani vite si spengano, c’è un fuoco da tenere acceso. La gioia di vivere può provocare un incendio capace di bruciare le idee di quei profeti di sventura che immaginano giovani senza futuro.” “Le chiusure e gli isolamenti dovuti al lockdown hanno esposto molti giovani a un grado di frustrazione alto, che richiede una struttura di personalità ben consolidata- ha spiegato Raffaele Visintini, Responsabile Day Hospital Disturbi di Personalità IRCCS Ospedale San Raffaele. In questo ultimo anno sono aumentate le richieste d’aiuto ai servizi per una diagnosi. Se l’inizio del lockdown, a marzo 2020, è stato protettivo per i soggetti borderline che tendono all’isolamento, il persistere delle limitazioni si è fatto sempre più soffocante, impedendo la relazione con gli altri, necessaria per gestire il vuoto della solitudine. Lockdown e DAD hanno reso ancora più evidente la grande ansia di questi soggetti fragili.” Il progetto in dettaglio Young Inclusion si propone di sostenere e recuperare situazioni di grave marginalizzazione attraverso la costruzione e il consolidamento di community care. Questo è quanto prevede il progetto Young Inclusion per soggetti fragili quali giovani con disturbo borderline, madri vittime di violenza e disabili fisici a causa di incidente. Avviato nel 2019 e sostenuto in Lombardia da dodici partner, il progetto ha ricevuto un finanziamento di 1.2 milioni di euro dal 2019 al 2022 dal Programma Interreg Italia-Svizzera. Gli interventi finora hanno consento la cura e l’inclusione di 110 pazienti fragili. La community care è una piccola clinica che richiede la convivenza di massimo otto persone per 18-24 mesi in un percorso finalizzato al reinserimento dei pazienti in ambito familiare, scolastico, sociale e lavorativo. In comunità le persone reimparano a prendersi cura di sé con stili di vita sani e regolari. Punto di forza del lavoro di gruppo è la partecipazione ai laboratori riabilitativi, artistici, di scrittura creativa e musicali. Young Inclusion si avvale di equipe integrate di operatori dei versanti italiano e svizzero, che collaborano per la cura psicologica di donne in strutture nel lecchese e nel varesotto e del Gruppi Esperienziali Terapeutici dell’Ospedale San