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Come è cambiata la comunicazione in ambito sanitario: il caso lombardo

Come è cambiata la comunicazione in ambito sanitario: il caso lombardo. Nel “Manuale di Comunicazione di crisi in sanità” le testimonianze dalla Regione tra le più colpite in Italia dalla pandemia. Come è cambiato il rapporto tra istituzioni sanitarie e cittadini dopo due anni di pandemia? Quali errori sono stati commessi e cosa devono fare i protagonisti del settore per non ripeterli? Come la Lombardia ha saputo adattare la propria offerta sanitaria e modulare tempestivamente il modello di integrazione pubblico privato? Come sono cambiate le comunicazioni e il modo di interfacciarsi con il paziente? ll volume “Manuale di Comunicazione di crisi in sanità” (ed. The Skill Press) di Andrea Camaiora analizza proprio l’eredità comunicativa dell’era Covid con un focus specifico su quanto accaduto nella regione tra le più colpite in Italia dalla pandemia. Il grande lascito di due anni di emergenza-urgenza è stata dunque la consapevolezza di come la gestione, la prevenzione e la comunicazione della crisi siano indispensabili, anche e soprattutto in ambito sanitario. Il Covid ha sicuramente rivoluzionato il modo di comunicare nelle sale d’attesa, nelle corsie, nei reparti di terapia intensiva ma è cambiata l’interlocuzione anche a livello istituzionale e direzionale. Sono cambiate le modalità e i supporti. Ci si è trovati di fronte a situazioni mai viste prima e la “crisi” è diventata purtroppo molto più frequente: medici e infermieri che erano in contatto stretto con i parenti delle vittime sono stati dunque i primi a dover sperimentare una nuova forma di rapporto e di comunicazione medico-paziente. In Lombardia lo hanno sperimentato sin da subito. “Ricordo perfettamente la mattina del 22 febbraio del 2020 – racconta Dario Beretta, presidente di Aiop Lombardia – quando, dopo che le notizie sul paziente 1 di Codogno erano iniziate a uscire, siamo stati convocati d’urgenza in Direzione Regionale Welfare per comunicazioni urgenti. Da allora possiamo dire che il mondo è cambiato perché per molto tempo ricorderemo gli anni pre-COVID e gli anni post-COVID, quando il coronavirus avrà terminato di interferire con la nostra vita quotidiana. Ma soprattutto è cambiata la sanità perché in questi due anni, dall’inizio dell’emergenza COVID, tutta la normale attività e la programmazione dei nostri ospedali è stata stravolta. Ricordo solo che gli ospedali privati, in sole due settimane nel mese di marzo dello scorso anno, hanno incrementato i posti letto di Terapia Intensiva da 270 a quasi 500 e hanno raddoppiato i posti letto di degenza per pazienti Covid”. “La Pandemia nella sua drammaticità – spiega Beretta – ha dunque cambiato radicalmente l’approccio alla quotidianità della sanità. Uno dei grandi insegnamenti che l’emergenza ci lascia è la capacità delle strutture sanitarie e di tutto il personale che opera al loro interno di modificare rapidamente la propria organizzazione ed il proprio modus operandi ma soprattutto di cambiare il loro modo di comunicare e rapportarsi con i pazienti. Da questo punto di vista lo sforzo maggiore è stato fatto in termini di interlocuzione con i parenti di chi stava male e di chi purtroppo ha perso la vita ma va tenuto conto anche il cambiamento imposto dall’uso di nuove tecnologie. Pragmatismo, preparazione, capacità di adattamento e buona volontà da parte di tutto il personale sanitario sono gli elementi che hanno permesso questo cambiamento”. Nuove forme di comunicazione medico-paziente ma anche la necessità di comunicare più velocemente, per esempio, per recuperare a inizio pandemia i dispositivi di protezione personale. “E’ un altro esempio di una nuova forma di comunicazione sviluppata in emergenza – dice Cristian Ferraris, direttore generale di Fondazione Sanità Futura – pubblico, privato e istituzioni si sono parlati più velocemente e altrettanto celermente hanno recuperato i dispositivi necessari, trovando una soluzione. Solitamente questo tipo di interlocuzione dura molto di più. La stessa innovativa impostazione, per esempio, va dunque utilizzata in futuro per la costruzione di processi di fornitura stabili che possano funzionare sia in momenti di normalità che in casi di emergenza. E’ necessario instaurare una rete strutturata compliant rispetto alle normative dei diversi Paesi e che metta a fattor comune il valore della rete stessa”

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Va in fumo il marketing di Sala

Va in fumo il marketing di Sala. Essendo ormai la città alla canna del gas sotto diversi aspetti, il sindaco di Milano Beppe Sala e il suo staff hanno inventato la boutade della città senza sigarette. Ottima idea per altro e lo scriviamo pur essendo solo quasi ex fumatori (è dura smettere), ma l’annuncio dice che succederà nel 2030. Siamo agli annunci con dieci anni di anticipo. Fosse qualcun altro sarebbe stato sbertucciato alla morte, ma si sa che a Sala tutto è permesso. Persino truccare le carte e sentirsi comunque a posto, anzi contestare chi prova a alzare un dito vista la martellante campagna di Cinque Stelle e, soprattutto, della sinistra su chiunque con anche solo un avviso di garanzia. Invece niente. Tutto bene. Surreale questa fase della politica e della vita nella polis milanese. Succede un po’ di tutto, spesso brutto, ma certi personaggi restano inamovibili. Noi crediamo che parte del problema sia il servilismo insito nella mentalità italiana: finché il principe gode del favore dei principi, nessuno lo tocca. E che Sala sappia di essere un IO come il Marchese del Grillo è ormai chiaro anche dalle risposte che dà tanto ai magistrati quanto ai suoi alleati. Eppure ci aspettavamo che qualcuno reagisse o che almeno non si facesse strumentalizzare dall’ennesimo colpo di marketing, ma si sa che i giornali non vivono d’aria. E le partecipate di Palazzo Marino comprano milioni di pubblicità che aiutano le esauste casse della stampa meneghina. E così il marketing di Sala va in fumo, non deve neanche sforzarsi di inventarsi un vero tema: basta buttarne nel mucchio uno di quelli che tanto piacciono ai salotti dove ormai fumare è cosa volgare. Come la carbonara e le grigliate. (Per non parlare dei fuochi d’artificio, roba da poveracci che spaventa i cuccioli. Pardon, i pet di famiglia. Che poi vanno portati dallo psicologo in via Mercato se no come si riprendono dallo shock?) E così l’ultima sparata di Sala, roba che Di Maio veniva crocefisso per settimane, invece guadagna tutti i titoli di apertura. Forse si tratta di ipnosi di massa, difficilmente troviamo un altro motivo di quello che pare più un delirio collettivo che il lavoro della stampa. Eppure questa è la città dove ci è voluto Libero per sapere che la figlia di un altro mostro sacro, Ilda Bocassini, ha preso una condanna a nove mesi per aver ammazzato una persona che aveva la sola colpa di attraversare la strada…ah prima che qualche penna si offenda: prima di titolare “Milano senza fumo”, avete in mano uno straccio di documento ufficiale in cui è scritto qualcosa della città senza fumo o il solito comunicato col timbro di Palazzo Marino?  

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