coronavirus

Gallera: prolungare le misure, se il contagio si estende gli ospedali andranno in crisi

“Se la diffusione si estende gli ospedali andranno in crisi tutti, non solo per i pazienti con coronavirus, ma per tutti i pazienti“, lo ha detto l’Assessore al Welfare Giulio Gallera nel corso della conferenza stampa sull’epidemia di coronavirus svolta a Palazzo Lombardia. “Le misure che sono state adottate domenica – ha aggiunto Gallera – alla luce dei dati di oggi sono assolutamente valide perché permettono di contenere la diffusione del virus, ed evitare che l’incidenza dei territori più colpiti raggiunga tutta la regione“. In funzione di questo, l’Assessore ha concluso, “Intendiamo mantenere per un’altra settimana sia nei Comuni della zona rossa che in tutta la regione gialla le misure previste dall’ordinanza di domenica scorsa. Questa è la nostra proposta“. Richiesta che è stata inviata ai ministri competenti dalla cui risposta dipenderà il testo della nuova ordinanza che dovrebbe essere resa nota entro domani sera. Secondo i dati esposti, a oggi sono stati fatti 4.835 tamponi: di questi il 75 per cento è risultato negativo, l’11 positivo e il 14 deve essere ancora processato. I casi positivi sono 531, di questi 235 sono ricoverati, 85 dei quali in terapia intensiva, mentre i decessi sono saliti a 17. In aree come quelle di Lodi arrivano in pronto soccorso anche 100 persone al giorno con quadri clinici compromessi, ha spiegato Gallera, motivando la preoccupazione su quanto potrebbe accadere se l’epidemia si estendesse ad aree più popolose. A supporto di quanto esposto da Gallera, le parole del professor Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, il quale ha confermato che gli ospedali lombardi sono “ai limiti della tenuta“, aggiungendo “gran parte dei letti, nei reparti di Rianimazione, sono occupati da questa patologia” e spiegando che per contenere il coronavirus, è necessario limitare il numero dei contagi, al momento ancora troppo alto: “Dobbiamo ridurre il numero riproduttivo del virus da 2-2,5 a 1“, ha spiegato il professore. In precedenza il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana in collegamento con L’aria che tira su La7 aveva spiegato l’emergenza verificatasi l’altra notte a Lodi: “Purtroppo questa notte è scoppiata un’altra emergenza a Lodi. Iprovvisamente nel pomeriggio di ieri c’è stata un affollamento di ricoveri: 51 ricoveri gravi di cui 17 in terapia intensiva. Lodi non ha un numero sufficiente di camere di terapia intensiva per cui sono stati trasferiti in altre terapie intensive della Regione“.  

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Tutti gli appelli per non cedere alla paura del virus

Tutti gli appelli per non cedere alla paura del virus. In questi giorni se ne contano sempre di più, uno dopo l’altro si sommano gli appelli a non lasciarsi trasportare dall’ansia per il virus e ritornare a vivere. Milano è letteralmente andata in paranoia vedendo le strade e gli scaffali dei supermercati che si svuotavano. In tanti hanno scoperto il significato di telelavoro e smart working, ma ora è già il momento della reazione: il Comune di Milano, le associazioni di categioria, le parti sociali, è tutto un alzarsi di appelli per riaprire le attività e lasciar scorrere la vita. Così se il sindaco di Milano Beppe Sala lancia #milanononsiferma, lo storico ristorante Biffi della Galleria risponde con MilanoMeno10, promuovendo una petizione per convincere i ristoratori a applicare uno scontro del 10 per cento su tutto il menu. Le università come la Bicocca lanciano un programma di lezioni online e tutti cercano di dare una spinta alla locomotiva che si è fermata. Ma ecco alcuni altri appelli per il ritorno a respirare: ARISA – “Facciamo ripartire Milano dallo sport e dal benessere fisico” è la richiesta di più di 5.000 palestre, centri fitness, piscine e centri sportivi a Milano costretti alla sospensione di tutte le attività a causa delle ordinanze necessarie al contenimento del Coronavirus. “Per gli operatori del nostro settore è una situazione di grande difficoltà – denuncia Marco Contardi il presidente di Arisa, l’Associazione delle imprese dello sport, delle arti e del benessere fisico aderente alla Confcommercio milanese – perché non è possibile svolgere qualsiasi tipo di attività fisica e sportiva negli impianti di tutto il territorio”. “Si tratta di una restrizione fortemente impattante – continua Marco Contardi – Ricordiamo che fino a settimana scorsa, nei nostri centri sportivi e nelle palestre migliaia di milanesi, oltre a fare attività legate allo sport ed al benessere fisico, svolgevano anche attività relative al recupero motorio come ginnastica dolce e psicomotricità. Tutte queste forme di attività necessarie, in particolare per i bambini e per gli anziani, sono di fatto oggi bloccate con conseguenti gravi disagi se le restrizioni dovessero perdurare”. A.R.I.S.A. chiede di valutare l’apertura di tutte le palestre e centri sportivi per riporre l’attenzione delle Istituzioni non solo allo sport professionistico, ma anche a quello di base, oggi in forte difficoltà a Milano e hinterland. #milanononsiferma #losportcè   Federalberghi – Federalberghi e le altre organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative del settore turismo hanno sottoscritto oggi presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo un avviso comune sull’emergenza coronavirus, allo scopo di promuovere iniziative per la tutela di 300.000 imprese e 1,5 milioni di lavoratori, che producono ogni anno un valore aggiunto di 90 miliardi di euro, con più di 430 milioni di presenze turistiche ed oltre 48 miliardi di euro spesi in Italia dai turisti stranieri. Un primo blocco di interventi riguarda attività di diretta competenza delle parti sociali, come la stipula degli accordi che consentono l’accesso agli ammortizzatori sociali e l’attivazione di interventi di sostegno mediante la rete degli enti bilaterali. Ulteriori misure, che richiedono l’intervento delle istituzioni, riguardano la necessità di garantire l’intervento del fondo integrazione salariale e della cassa integrazione in favore di tutte le aziende e tutti i dipendenti, concedere indennizzi per le imprese e i lavoratori autonomi del turismo che abbiano subito una significativa riduzione dell’attività, sospendere i vari termini, inclusi quelli inerenti il pagamento di tasse, contributi e mutui, realizzare una campagna straordinaria di promozione del nostro sistema turistico e rilanciare l’immagine turistica dei territori. Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, evidenzia l’obiettivo perseguito dalle parti sociali: salvaguardare le attività economiche e i posti di lavoro, in tutto il territorio nazionale, condizione imprescindibile per assicurare la sopravvivenza del sistema turistico italiano, in attesa che passi la bufera e si ripristinino condizioni di normalità. L’avviso comune, immediatamente dopo la firma, è stato portato all’attenzione del Mibact, nel corso di una riunione per l’esame degli effetti dell’emergenza coronavirus, che si è svolta questa mattina presso il Ministero. FONDAZIONE CENTRO STUDI DOC – In seguito alle misure adottate per affrontare la diffusione del Coronavirus in Italia, è in costante aumento la cancellazione di spettacoli ed eventi culturali su tutto il territorio nazionale, con una perdita d’introiti irrecuperabili nel tempo e senza nessun tipo di copertura, accesso al credito o dilazione di pagamenti. Solo nel settore dello spettacolo dal vivo, Assomusica ha valutato almeno 10,5 milioni di minori entrate in 2 giorni. «Questa crisi che il D.C.M. del 25.2.2020 si propone di risolvere con smart working e periodi di ferie ha contribuito a far emergere la totale mancanza di riconoscimento per il lavoro di centinaia di migliaia di professionisti dello spettacolo, con enormi discriminazioni previdenziali e reddituali»: spiega Chiara Chiappa, presidente della Fondazione Centro Studi Doc, parte della Rete Doc, il più grande network cooperativo italiano nei settori cultura, musica, spettacolo e creatività, con oltre 8mila soci, 30 anni di storia e un fatturato aggregato di 71 milioni di euro nel 2019.   FONDAZIONE CENTRO STUDI DOC – L’appello lanciato oggi dalla Fondazione e inviato al ministro del Lavoro Catalfo, al ministro dei Beni Culturali Franceschini e al presidente INPS Tridico, richiede il riconoscimento di uno status giuridico specifico per i lavoratori dello spettacolo, che preveda in primo luogo l’assegnazione delle tutele previdenziali necessarie a scongiurare l’abbandono della professione in caso di malattia o difficoltà. Si richiedono con urgenza protezioni adeguate alla precarietà del settore, anche attingendo ai fondi ex-Enpals. Bisogna considerare, infatti, che per i lavoratori non assunti da fondazioni, cooperative o teatri, è quasi impossibile ottenere adeguate prestazioni, nonostante l’INPS disponga di un cospicuo e milionario fondo ex-Enpals e il lavoro nello spettacolo sia soggetto fin dal primo giorno al versamento di contributi INPS per malattia, FIS (Fondo d’Integrazione Salariale in caso di crisi) e disoccupazione (Naspi). Di seguito le 5 richieste più urgenti da riconoscere nell’immediato per affrontare la crisi causata in tutto il centro-nord Italia in seguito alle restrizioni del D.L. 6/2020 e del D.P.C.M. 25.02.2020: 1. Indennità di malattia riconosciuta a partire dal primo giorno come accade in tutti gli altri settori al di fuori dello spettacolo. Oggi è richiesto il versamento minimo di 100 giornate di contributi INPS dal gennaio dell’anno precedente; 2. Per l’accesso alla Naspi, l’abolizione del “ticket” licenziamento in caso di licenziamento per giustificato motivo a causa della

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Gallera: entro domenica la nuova ordinanza. Altri due contagiati a Milano

Si è svolta oggi in Prefettura una riunione fra i prefetti lombardi e l’Assessore al Welfare di Regione Lombardia Giulio Gallera, per fare il punto sull’emergenza coronavirus. Al termine dell’incontro,  Gallera, che lo ha definito “molto positivo“,  ha dichiarato, “è chiaro che gli effetti del contenimento non si possono vedere in tre giorni, ma si vedranno in 10 o 15 giorni” quindi, “valutiamo se c’è la necessità di prorogarle (le ordinanze, ndr) per una settimana, magari mitigandole“. Nel frattempo a Milano sono stati riscontrati altri due casi di coronavirus. A risultare positivi un medico anestesista dell’ospedale San Paolo e un corista della Scala che lo scorso 12 febbraio aveva cantato nel Trovatore, che sarebbe già guarito. Le sale operatorie del complesso ospedaliero di via Rudini sono state sanificate, mentre è in corso la disinfezione di palazzo lombardia in seguito alla positività riscontrata nella collaboratrice del Presidente Fontana.    

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Amuchina e mascherina sotto chiave in ospedale

Amuchina e mascherina sotto chiave in ospedale. Siamo arrivati a questo perché negli ospedali i parenti dei degenti, ma probabilmente anche molti addetti a vari livelli, si rubavano amuchine e mascherine. Nei principali ospedali lombardi l’unica soluzione per non vederle sparire del tutto è stata mettere sotto chiave i rifornimenti. Nel Paese del chemmenefregaamè siamo messi così, dopo l’assalto ai supermercati anche questo. Poi qualcuno si stupisce che nessuno abbia voglia di venire in Italia, o che in generale all’estero l’italiano era visto come un disonesto già prima della crisi da Coronavirus. Eppure si va avanti così, senza colpo ferire: c’è l’emergenza Coronavirus? E io intanto mi rubo le risorse che servono a tutelare chi deve curarci, tanto che mi frega? Basta andare per le strade e c’è la consistente sensazione che in realtà l’italiano medio ha raggiunto l’apice di alcune specie destinate all’estinzione. La serenità umana con cui si passa sui cadaveri degli altri è il segno che non c’è nessuna comunità, solo un insieme si persone che costringe chi se ne cura a chiudere l’amuchina e mascherina sotto chiave in ospedale. Una follia in ogni Paese civile, la normalità in Italia. C’è voluta la crisi epidemica per scoprire che si può lavorare in smartworking, ma dubitiamo che la lezione servirà perché gli immobiliaristi come Manfredi Catella stanno riempiendo Milano di palazzi per uffici. Se non servissero, poi come vivrebbe il sistema macro parassitario?

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Contagiata collaboratrice di Fontana, Governatore in quarantena

Contagiata collaboratrice di Fontana, lo ha annunciato lo stesso Governatore di Regione Lombardia con un post su Facebook in cui ha scritto: “Una collaboratrice del mio staff è risultata positiva al Coronavirus. Oggi abbiamo quindi eseguito il test sia io che il resto della mia squara e, fortunatamente, al momento risultiamo negativi. “Questo comporterà per noi, come per tutti, un periodo di auto-quarantena di 14 giorni“. Fontana ha accompagnato il post con un video in cui ha dato aggiornamenti sull’evolversi della crisi sanitaria e sullo stato di salute suo e della squadra che se ne sta occupando assessori compresi.

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Coronavirus: a Milano riaprono i bar

Coronavirus: a Milano riaprono i bar. E’ durata poco, molto poco, la chiusura anticipata alle 18 per i bar di Milano. Oggi il Comune ha annunciato che sarà possibile rispettare gli orari normali, sebbene con alcune precauzioni: non potrà infatti esserci servizio al bancone, ma solo al tavolo. I locali dovranno dunque servire da bere solo a chi rientra nel numero massimo di coperti che ha a disposizione. Un segnale di Milano verso quel “Milano non si ferma” accennato dal sindaco Giuseppe Sala e auspicato da buona parte della popolazione. L’ansia per il Coronvirus è tanta e senza dubbio ha dei fondamenti da non sottovalutare, ma non è giusto fermare un’intera città per le ansie di una sua parte. Parte dei supermercati ha subito un assalto, ma buona parte no, segno che non tutti i milanesi avevano ceduto all’isteria prodotta dagli allarmi provenienti dalle varie autorità. Oggi si può già titolare, Coronavirus: a Milano riaprono i bar. E vogliamo festeggiare questa capacità di scommettere sulla serenità e moderazione che contraddistingue il milanese medio, seppur di fronte al panico generale e generalizzato di cui abbiamo già parlato sull’Osservatore. La riapertura dei bar è un piccolo segnale, ma sicuramente utile a lanciare un messaggio in controtendenza come solo il capoluogo sa fare anche nei momenti peggiori della propria storia, Coronavirus: a Mialno riaprono i bar. E la vita dei milanesi non si ferma.

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