Detenuto prossimo alla scarcerazione preannuncia crimini violenti
Nell’ambito dell’attività di prevenzione della violenza di genere svolta dai poliziotti della Divisione Anticrimine della Questura, è stata applicata – su proposta del Questore – la Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza nei confronti di un italiano quarantacinquenne, in carcere dal 2014 per violenza sessuale aggravata e maltrattamenti in famiglia. Per molti anni l’uomo, con un passato da assuntore di cocaina, si è reso responsabile di gravi reati in ambito domestico, abusando sessualmente della figlia adolescente primogenita. Inoltre, lo stesso è stato condannato per i violenti maltrattamenti in famiglia perpetrati per anni nei confronti della ex-moglie e degli altri cinque figli minori: in un’occasione, l’uomo ha addirittura lanciato un coltello da cucina all’indirizzo di una delle figlie, che ha colpito alla tempia la bambina più piccola, causandogli una ferita. Condannato a 7 anni e 4 mesi di reclusione nel 2014, in prossimità della scarcerazione dal carcere di Bollate avvenuta lo scorso 4 febbraio, ha manifestato sentimenti di vendetta nei confronti della ex moglie e dei figli, nonché verso l’assistente sociale che al tempo aveva fatto partire le indagini: “al massimo un paio di giorni e torno in carcere: il tempo di ubriacarmi e uccidere qualcuno”. I poliziotti della Divisione Anticrimine della Questura hanno, quindi, acquisito immediatamente informazioni dagli psicologi che avevano trattato il soggetto in carcere, i quali hanno segnalato negli ultimi tempi un certo nervosismo dell’uomo, con sentimenti di rancore verso la sua famiglia e l’assistente sociale che lo aveva denunciato. In un colloquio, lo stesso ha riferito di non voler andare a dormire in un dormitorio o su un cartone, preferendo ritornare in carcere “anche con una condanna all’ergastolo”. Tutti questi elementi hanno consentito l’applicazione della misura di prevenzione che, oltre a consentire un maggiore controllo del soggetto, gli proibisce di avvicinarsi alla ex moglie, ai figli e all’assistente sociale, e di comunicare con loro, con qualsiasi mezzo, potendo essere arrestato in caso di violazione, oltre all’invito a presentarsi presso il CIPM per sottoporsi ad un percorso di recupero (c.d. ingiunzione trattamentale), minimizzando il rischio di commissione di ulteriori e più gravi reati.
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