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ZTL scendono dell’8% gli ingressi. Monguzzi (Verdi): dati ingannevoli

Secondo i dati diffusi da Palazzo Marino, nel mese di marzo sono (dell’8%) gli accessi nelle ztl di Area B e Area C  rispetto allo stesso mese del 2023. Nonostante questo l’utilizzo dei mezzi pubblici risulta stazionario mentre è in aumento quello dei parcheggi di interscambio.
 Secondo l’ultimo report di Amat gli ingressi in Area C segnano una diminuzione del 6,46% dal lunedì al venerdì, il sabato -6,88%, fino a raggiungere un -9,9% la domenica. 
Diminuiscono, rispetto all’anno scorso, anche gli ingressi in Area B sia nei giorni infrasettimanali (-4,66%), sia il sabato (-10,02%) e la domenica (-14,35%). 
Rispetto al mese di febbraio, nei giorni infrasettimanali, per entrambe le ztl si tratta di diminuzioni più accentuate (era stato registrato un calo del 2,77% per Area C e del 3,21% per Area B). Va però considerato che quest’anno le festività pasquali sono cadute nel mese di marzo e ciò ha influito sulla media degli ingressi. In caduta libera i dati relativi allo sharing, che per bici e monopattini risente del minor numero dei mezzi a disposizione dopo i nuovi bandi: il car sharing cala del -16,5%, il bike sharing diminuisce del -22,2%, lo scooter sharing del -37,6% e i monopattini in condivisione del -67,8%. Dati che non convincono il Consigliere Comunale dei Verdi Carlo Monguzzi, secondo cui “Il Comune fornisce considerazioni ingannevoli”. “Ed è il terzo mese di fila che fa così per dimostrare che le auto diminuiscono e non è vero” aggiunge Monguzzi per poi elencare i motivi: “1)Confrontare marzo 2023 con marzo 2024 è ingannevole perché a marzo 2024 ci sono state le vacanze di Pasqua e quindi una forte diminuzione delle auto. Prova ne è che la diminuzione più consistente c’è stata il sabato e la domenica quando Area B è C non sono attive, questo già rende ridicole le considerazioni del Comune. 2) si continua a nascondere gli ingressi prima delle 7.30 e dopo le 19.30 che sono ogni giorno 50mila per area C e 200mila per area B 3) non viene più fornito l’indice di congestione del traffico che è  l’indicatore vero perché misura il traffico dalle 6 alle 24″. “È il solito imbroglio per non riconoscere che area B e C vanno riformate e in fretta. Giornalisti per favore riportate la verità!” conclude Monguzzi.

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Dati, Informazioni, Conoscenza: Verso un nuovo Rinascimento della Sanità

Dati, Informazioni, Conoscenza: Verso un nuovo Rinascimento della Sanità Giancarlo De Leo, Giancarlo De Leo, Consulente in Editoria Medico-Scientifica e Sanitа Digitale, Socio e Segretario dell’Osservatorio Sanitа Digitale dell’Associazione Italian Digital Revolution (AIDR) “Essere intelligenti significa avere la capacità di estrapolare informazioni più profonde e astratte dalla marea di dati che arrivano ai nostri sensi” (Steven Sloman, Philip Fernbach) L’evoluzione dei sistemi informativi ha rilasciato sempre più affinate metodologie di acquisizione e conservazione del dato, consentendo la gestione di enormi quantità di dati a costi contenuti. Però tale capacità di registrare ed archiviare dati di qualunque tipo ha finito, però, per ridurre notevolmente la possibilità e la capacità vera e propria di rendere leggibili i dati, e quindi, di trasformare i dati in informazioni. I dati  sono valori osservabili, misurabili e calcolabili di un qualsiasi attributo e sono simboli convenzionali che se considerati in modo autonomo non hanno un significato univoco,  rappresentano fatti o eventi, non ancora organizzati e classificati, in modo che gli utenti possano comprenderli e utilizzarli in un contesto di riferimento. Solo una volta fatta questa operazione il dato diventa informazione. Le informazioni sono la rappresentazione dei fatti (dati) collegati con altri dati e convertiti in un utile contesto per un utilizzo specifico ed organizzati in modo da essere comprensibili e significativi per l’utente destinatario, che è l’essere umano. La conoscenza consiste nel risultato che deriva dal collegamento di un’informazione con altre informazioni riferite a un particolare contesto e dal confronto con le conoscenze già acquisite. La conoscenza si basa sulle informazioni precedenti, sull’esperienza diretta, sull’intuito e sulla comprensione. La conoscenza è l’insieme di informazioni organizzate e elaborate al fine di diffondere comprensione, esperienza, accumulare culture e competenze relativamente a un problema o a un processo. Un esempio I dati sono definibili come attributi di oggetti e descrizione di stati fisici. La loro importanza è dovuta al fatto di essere la base per la creazione dell’informazione, ma non danno alcun tipo di giudizio o interpretazione della realtà: un esempio di dato è 37,5 °C (gradi Celsius). L’informazione ha invece un significato, fornisce un’idea a colui che la riceve. I dati si trasformano in informazione nel momento in cui chi li crea fornisce un significato. Ciò può avvenire in diversi modi: contestualizzazione: il dato si integra con il fine per cui è raccolto; categorizzazione: si integrano i dati con le loro unità di analisi o le loro componenti chiave; calcolo: si integra l’analisi statistica o matematica dei dati; correzione: si effettua la rimozione degli errori dai dati; condensazione: si aggiungono dati secondo opportuni criteri riassuntivi. L’informazione, per esempio, ci dice che il dato 37,5 °C esprime la temperatura corporea. La conoscenza è infine concepibile come un’entità più ampia, più profonda e più ricca dell’informazione. La conoscenza, nel caso riportato, ci dice che un individuo che abbia la temperatura corporea di 37,5 °C potrebbe avere un inizio di febbre e potrebbe essere uno dei sintomi del Covid-19. L’informazione è convertita in conoscenza, quando questa è processata nella mente degli individui; di contro questa diventa informazione quando è presentata in forma testuale, grafica, parlata o in altre forme simboliche. Gestire le conoscenze vuol dire preoccuparsi di garantire che queste siano disponibili nella forma, al destinatario, al momento e al costo giusti. Esistono diversi tipi di conoscenza e allo stesso tempo esistono anche modi diversi di gestire la conoscenza. Ma come è possibile gestire la conoscenza? La quantità di dati digitali è in crescita in modo tumultuoso in tutte le applicazioni industriali e commerciali. Con la rivoluzione digitale l’insieme di strategie e metodi per identificare, raccogliere, sviluppare, conservare e rendere accessibile la conoscenza delle persone che fanno parte di una organizzazione,  assume la moderna connotazione e prende il nome di Knowledge Management, o gestione della conoscenza organizzativa, avvalendosi in genere di strumenti delle tecnologie dell’Informazione. Il ciclo della conoscenza non può fermarsi alla trasmissione di dati e informazioni perché il loro rapporto è gerarchico e può essere schematizzato con la forma di una piramide. Alla base ci sono i dati, materiale “grezzo” e abbondante dell’informazione. Su un gradino più alto c’è l’informazione, cioè dati selezionati e organizzati per essere comunicati. Poi la conoscenza, cioè informazione rielaborata e applicata alla pratica. Al vertice troviamo la saggezza, conoscenza distillata dall’intuizione e dall’esperienza. Il Knowledge Management si focalizza su come poter mettere a servizio di tutta l’azienda le conoscenze professionali specifiche di ogni membro. Questa logica spinge il Knowledge Management a diventare un sorta di “filosofia” della collaborazione e della condivisione negli ambienti di lavoro. Può incontrare una certa resistenza da parte di esperti gelosi dell’indispensabilità del proprio ruolo, spesso raggiunto dopo anni di esperienza. Questa visione riduce la conoscenza a una sorta di “bagaglio” personale che il proprietario può portare via quando lascia l’azienda, arrecando un danno economico. Invece, quello della conoscenza è un ciclo che può portare alla produzione di nuova conoscenza solo tramite la condivisione e l’elaborazione di informazioni. La piramide della conoscenza è un tentativo che il Knowledge Management ha fatto per categorizzare e semplificare i concetti chiave coinvolti nei processi conoscitivi, con lo scopo di realizzare sistemi informatici in grado di gestire grandi quantità di dati. Il Knowledge Management viene spesso chiamato in causa in ambito sanitario per favorire la gestione centralizzata e il trasferimento delle informazioni tra organizzazioni sanitarie variamente distribuite nel territorio, per contrastare la naturale obsolescenza del patrimonio conoscitivo, in gran parte accentuata dall’impossibilità da parte del professionista di seguire il progresso scientifico distribuito in un’innumerevole quantità di pubblicazioni scientifiche, e per migliorare le capacità decisionali assunte durante la prassi clinica. Poiché l’apprendimento presuppone l’assimilazione, ma anche la produzione di nuova conoscenza, oltre agli importanti aspetti sopra citati, è parte integrante del Knowledge Management anche la formazione del personale sanitario, a cui le nuove tecnologie sembrano contribuire in maniera sempre più preponderante (e-learning). Una modalità assai utile è quella di veicolare conoscenza direttamente sul luogo di lavoro, quando il medico si trova a esercitare la prassi clinica e ad assumere decisioni che indirizzano il percorso diagnostico e terapeutico del paziente. È in

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Dati e illusioni, il paradosso della conoscenza

Dati e illusioni, il paradosso della conoscenza di Alessandro Capezzuoli funzionario ISTAT e responsabile osservatorio dati professioni e competenze Aidr Un dato è un dato, due dati sono un’osservazione, tre dati sono conoscenza. Detta così, a freddo, senza un’opportuna contestualizzazione, può sembrare una frase rubata a una puntata della serie televisiva The Big Bang Theory. Cosa da non escludere a priori, peraltro. In realtà, si tratta di una riflessione maturata in questi due anni di vita sospesa, anni in cui ogni singolo dato, anche il peggiore, è stato spacciato per un’illusione di verità, una finta conoscenza, e la scienza è diventata un nuovo dio in cui credere, un’entità soprannaturale che ha permesso di agire in suo nome per ridefinire le regole di comportamento della collettività. Questa divinità si è palesata sotto forma di affermazioni spericolate e di dati spesso imprecisi, confusi, ricchi di errori, di omissioni e di evidenze smentite a colpi di contraddizioni, di false rassicurazioni e di finte certezze. Lo dico subito, così sgombriamo il campo da qualsiasi dubbio: io non ho bisogno di un dio scientifico in cui credere e considero questa nuova religione, che sfiora lo sciamanesimo e la cialtroneria, ben più pericolosa delle vecchie religioni a cui almeno va il merito di aver avuto Gesù Cristo o Buddha come leader rivoluzionari al comando. Non metto i like ai tweet dei virologi perché ho dei riferimenti diversi, più autorevoli, e considero la ricerca scientifica una faccenda troppo seria, che si fa nei laboratori e non può essere ridotta a dei ridicoli annunci pubblicitari diffusi sui social network o nei salotti televisivi. Insomma, sono uno di quegli inguaribili nostalgici che vedono nella ricerca scientifica il mezzo per arrivare “gratis” alla conoscenza. E quando dico gratis intendo dire che rinnego qualsiasi forma di profitto associata speculativamente alla parola scienza. La conoscenza deve essere alla portata di tutti, un po’ come l’amore. Ma cosa è, esattamente, la conoscenza? In modo semplicistico, si potrebbe dire che la conoscenza è la risposta a un qualche tipo di domanda. Domandare permette di capire, e capire consente di conoscere. Di sopravvivere. Di migliorare.Di evolversi. Si può vivere senza amicizie, senza un braccio, perfino senza amore, ma non si può vivere senza domandare e senza cercare delle risposte. È chiaro che ci sono domande e domande: non a caso si dice che è meglio avere domande giuste e risposte sbagliate piuttosto che il viceversa. Cosa si domanda, a chi si domanda e cosa ci si aspetta dalla risposta rappresentano i cardini su cui si basa il processo che porta alla conoscenza. – Come ti chiami? – Alessandro. Alessandro è un dato. Un dato che mi descrive in minima parte e che potrebbe essere integrato da un insieme di altri dati, quali possono essere l’età, la corporatura, il colore degli occhi e un’invidiabile testa diversamente tricotica e fantasiosamente pettinabile, per fornire una descrizione più precisa. Alessandro è anche una risposta. Ma a cosa serve una risposta di questo tipo a chi ha posto la domanda? Sicuramente non serve a conoscere tutti gli uomini che si chiamano così. Non fosse altro per un’evidenza empirica, oserei dire una falsificazione, dimostrabile facilmente: esiste almeno un altro Alessandro che fa di cognome Barbero e ha dei capelli maledettamente folti. Una foresta. Sembra un playmobil con gli occhiali. Ne consegue che avere o meno i capelli è anch’esso un dato importante ma insufficiente per conoscere tutte le persone che si chiamano Alessandro e tantomeno per distinguere un Alessandro da tutti gli altri. Si potrebbe obiettare che la questione, posta in questi termini, è alquanto capziosa: per distinguere una persona da tutte le altre basta aggiungere il cognome, la data e il luogo di nascita e il problema è risolto. A parte il fatto che uno scrittore non cerca obiezioni ma conferme, e non cerca detrattori ma discepoli, l’obiezione è corretta. In parte. In parte perché potrebbe esistere un altro Alessandro, con lo stesso cognome, nato nello stesso luogo e nello stesso giorno. Ma non è questo il punto importante. Anche avendo a disposizione dei dati identificativi precisi, si potrebbe affermare di “conoscere” realmente Alessandro? Un fisico direbbe che il nome, il cognome, la data e il luogo di nascita sono volgari convenzioni introdotte dall’uomo e che non hanno nessun valore scientifico. Ma voglio dissociarmi da me stesso e di conseguenza dai fisici. Dirò che la volgare convenzione, l’identificativo, può essere utile durante un interrogatorio o per notificare una cartella esattoriale, ma di certo non è utile per conoscere la persona a cui si chiede il nome. Escluderei anche l’opzione “riscossione”, a meno che non vi piaccia essere contornati da quegli amici che Campbell, facendo ricorso agli archetipi mitologici, piazzerebbe irrimediabilmente tra il mutaforme e l’imbroglione. Se vi state chiedendo voglio proprio vedere questo cretino dove vuole arrivare, vi rispondo che il cretino vuole arrivare a mostrare un’evidenza banale: un dato, da solo, non serve quasi mai a nulla. Anche quello che può sembrare importantissimo, che so, la temperatura corporea o il numero di globuli bianchi, non fornisce risposte certe su eventuali patologie e di conseguenza sulla conoscenza di un fenomeno correlato. Direte: “Quindi?”. Quindi usare i dati a sproposito, senza metodo, non serve a granché, specialmente quando l’utilizzo è finalizzato a supportare dimostrazioni e ipotesi fraudolente. Per rendervi conto di quanto sia ricorrente il ricorso truffaldino ai dati parziali e incompleti in un discorso, basta accendere la TV e sintonizzarsi su qualche rarissima trasmissione in cui si parla di Covid. Se avrete la fortuna di cogliere uno degli sporadici attimi in cui compaiono “gli scienziati”, avrete anche il privilegio di comprendere meglio il senso di questo articolo. E dei dati. Se io dico che è stata superata la soglia di allerta del 10% di occupazione delle terapie intensive, ho fornito un dato. Un dato allarmante, però, attraverso il quale posso creare paure e pregiudizi amplificati dai media e dai toni catastrofici. Se però aggiungo che la soglia di allerta, negli ultimi tempi, a seguito di decisioni che sembrano prive

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Sala: non è vero che non è colpa di nessuno

“Quando il presidente Fontana dice che non è colpa di nessuno non è così, di qualcuno è colpa, il problema non è fare un processo ma correggere il malfunzionamento”. Così il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, è intervenuto nella conferenza stampa digitale promossa dai sette sindaci di centrosinistra di capoluoghi lombardi per chiedere alla Regione Lombardia chiarezza sui dati dei positivi da Covid, dopo che la regione è stata una settimana in zona rossa per errore. “C’è la capacità politica e quella tecnica, i due apparati devono lavorare insieme, è molto importante che ci sia un controllo tecnico forte su quello che si fa e credo che da questo punto di vista qualche pecca ci sia stata – ha aggiunto Sala, -. Questa storia andrà avanti e il problema non è dare le colpe, ma risolvere la situazione”. ANSA

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Sala: Regione mostri i dati

“Buttare in rissa la questione dell’Rt lombardo certamente contribuisce a non fare emergere la verità. E i cittadini lombardi, questa volta più che mai hanno il diritto di sapere come stanno le cose”. Ne è convinto il sindaco di Milano Beppe Sala che su Facebook, dopo la polemica sui dati che hanno portato erroneamente la Lombardia in zona rossa, domanda i dati. “La cosa più semplice per chiudere la questione è che la Regione Lombardia faccia vedere i dati”. “Una cosa è chiara – aggiunge -. Il sistema è collaudato, essendo in funzione da mesi, una sola Regione (la Lombardia per l’appunto) sostiene che l’algoritmo di compilazione ha una falla mentre per tutte le altre Regioni ha sempre funzionato senza problemi”. “Possibile che ci abbia visto giusto solo la nostra Regione? La cosa più semplice per chiudere la questione – conclude – è che la Regione Lombardia faccia vedere i dati. Il calcolo dell’Rt è un fatto eminentemente tecnico, non politico!”. ANSA

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Lombardia: meno di 10 persone in terapia intensiva

Continuano ad aumentare i guariti e dimessi (+97)  e diminuiscono i ricoveri in terapia intensiva (-6). Nelle province di Lecco e Sondrio non si registrano nuovi contagi. A oggi in Lombardia sono stati riscontrati 96.219 (+77 di cui 25 debolmente positivi e 24 a seguito di test sierologici). I ricoverati sono 148 (-3) dei quali  7 (-6) in terapia intensiva. I decessi sono stati 16.805 (+4).  I tamponi effettuati:  8.348, totale complessivo: 1.300.088. Nella provincia di Milano sono stati riscontrati  24.811 (+33) casi di cui 10.644 (+20) in città.

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