Davigo

Tranquillo Davigo a Robespierre è andata peggio

Tranquillo Davigo a Robespierre è andata peggio. Perché quando si passa la vita a fare ghigliottinare gli altri, la fine inevitabile è quella di essere ghigliottinati. O come ha parafrasato bene un noto blog di un grande giornalista: chi ha fiducia nella giustizia verrà giustiziato. Ma rispetto al suo storico predecessore è andata bene: Maximilien perse la testa letteralmente. Lei gentile Davigo dopo aver calpestato a parole la nostra Costituzione è ancora con la testa sulle spalle: perché le piaccia o no in questo mondo lei era uno di noi, non un sacro giustiziere che poteva definire gli innocenti “colpevoli che l’hanno fatta franca”. Perché le nostre leggi dicono che si è colpevoli in senso compiuto solo dopo il terzo grado di giudizio. Può seccare, ma è così. Siamo una democrazia. Magari con mille difetti, ma pur sempre una democrazia. Ed è il motivo per il quale lei stesso rimane innocente per altri due gradi di giudizio. Anche se non con le Mani Pulite di presidenziale memoria (almeno secondo la lettura che lei ha dato della giustizia negli ultimi decenni): lei e i suoi colleghi siete incaricati di applicare la legge, non di farla a vostro piacere. Pensi cosa avrebbe fatto lei a un italiano medio preso a giocare con le carte riservate come ha fatto lei. Perché questi sono fatti accertati dal processo: lei, complice una Repubblica debole, forse si è sentito superiore alla legge. E da anni va in giro a dire agli altri aberrazioni anti democratiche come il fatto che gli innocenti sono comunque colpevoli. E ora si trova nella surreale situazione di dover sperare di scamparla allo stesso modo. Magari grazie a qualche giudice che si porrà il problema di condannarla definitivamente. Magari grazie a qualche magistrato che dimenticherà nel cassetto un documento che la può inguaiare nello stile alla Bruti Liberati. Magari grazie a qualche procuratore alla Greco che perderà i telefoni. Insomma sarà un innocente con MA grossi come una casa. Perché in questi anni gli incensati censori hanno dimostrato di essere molto umani, troppo umani. E meno male. Perché la sfida non è mai stata arrestare tutti o liberare tutti, ma avere un sistema che funzioni. Il delirio di onnipotenza in cui si era persa la magistratura è bene che sia finito. Soprattutto per chi è incaricato di gestire la giustizia, perché il Popolo italiano ha diritto a una giustizia il più giusta possibile. Non alle ghigliottine in piazza. Perché è una soluzione da barbari. E noi siamo il Paese di Beccaria e affini. Il povero Cesare potrà finalmente riposare in pace. E anche lei: tranquillo Davigo a Robespierre è andata peggio.

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Davigo a processo per rivelazione segreto d’ufficio

Trent’anni fa con l’arresto di Mario Chiesa, a Milano, prendeva il via l’inchiesta Mani Pulite e oggi uno dei magistrati che allora era in prima linea è stato rinviato a giudizio per rivelazione del segreto d’ufficio. Si aprirà infatti il prossimo 20 aprile a Brescia il dibattimento nei confronti di Piercamillo Davigo, l’ex consigliere del Csm finito nei guai per la vicenda dei verbali di Piero Amara su una fantomatica Loggia Ungheria, caso che ha sollevato una bufera tra le fila della magistratura e che ha sullo sfondo le vicende di Eni e il modo (diverso) di condurre le indagini. A deciderlo è stato il gup bresciano Federica Brugnara proprio nel giorno del trentennale di Tangentopoli, occasione per cui Antonio Di Pietro, la toga simbolo di quella pagina di storia, ha consegnato a un post apparso sui social le sua amare riflessioni. Il giudice ha disposto che dovrà essere un collegio a stabilire se – come hanno ipotizzato i pm Donato Greco e Francesco Milanese, con il procuratore Francesco Prete – Davigo abbia davvero rassicurato il pm milanese Paolo Storari, che chiedeva di essere tutelato rispetto alla lamentata inerzia dei suoi capi, di essere persona autorizzata a ricevere quei verbali così delicati e coperti dal segreto istruttorio. Atti che a Davigo sono stati consegnati dal pubblico ministero nell’aprile 2020 e che poi “violando i doveri” legati alle sue funzioni e “abusando delle sue qualità” avrebbe diffuso ad altri componenti di Palazzo dei Marescialli in modo “informale e senza alcuna ragione ufficiale”, si legge nel capo di imputazione. Un’accusa condivisa da Sebastiano Ardita, ancora consigliere del Csm e che, ritenendosi danneggiato da quella diffusione, è parte civile nel procedimento ed è pronto a chiedere i danni. “Davigo si difenderà in dibattimento essendo certo della propria innocenza”, ha detto il suo legale, Francesco Borasi. Per Storari invece, il suo coimputato che ha scelto il processo con rito abbreviato, è stata chiesta una condanna a 6 mesi, il minimo della pena prevista dal codice. Mentre la difesa, rappresentata dall’avvocato Paolo Della Sala, ha ribadito la “legittimità” della sua condotta compatibile pure con il compendio normativo e “avallata nei comportamenti di altre persone” al Csm, nessuna delle quali “ha sollevato obiezioni formali”. In sostanza nessuno ha invitato a formalizzare la pratica Storari. Per lui si deciderà il prossimo 7 marzo. E proprio oggi, giorno dedicato all’anniversario di Mani Pulite, dopo mesi e mesi di silenzio, ha parlato chi con Davigo e Gherardo Colombo, ha indagato sul malaffare fin dalla prima ora. Antonio Di Pietro, adesso avvocato, sulla sua pagina Facebook ha scritto un messaggio che suona un po’ come una sconfitta: “Non è un giorno di festa 30 anni dopo. Sono 30 anni passati ma mi pare che aprendo il giornale ogni mattina sia tutto uguale a prima. Prima di andarmene vorrei mettere tutto in Rete affinché qualcuno un giorno possa leggere, per vedere quella diversa verità rispetto a quel che è stato raccontato”. “Sono una vergogna per il Paese – si chiede l’ex magistrato – i ladri, i corrotti, gli evasori fiscali, i mafiosi o chi, come me, li ha scoperti con l’inchiesta Mani Pulite?” “Ci volevano fermare – ricorda ancora -. Si sono messi in azione appena hanno capito che stavamo per arrivare ai piani alti del potere. Mani Pulite è stata fermata, anche perché mentre stavamo indagando sui ‘bauscia’ del Nord, siamo andati a toccare quelli che avevano contatti con la mafia al Sud”. Di quel periodo ha parlato lo stesso Davigo, oggi all’Università di Pisa per una tavola rotonda sui 30 anni di Mani pulite: “Tangentopoli emerse non perché arrivarono i magistrati ma perché quel sistema politico fondato sulla corruzione non resse dal punto di vista economico”, ha detto. E poi, con un riferimento anche al suo caso personale, ha aggiunto: “nel nostro ordinamento non esiste un efficace deterrente alla corruzione. Io stesso sono sotto processo, ma a parte che sono innocente, non ho alcuna preoccupazione, perché ho compiuto 70 anni e quindi resterei a casa”. ANSA

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Apertura anno giudiziario, gli avvocati contestano il PM Davigo

La riforma del regime della prescrizione, che la sospende dopo il primo grado, “presenta rischi di incostituzionalità” e “viola l’art. 111 della Costituzione, con il quale confligge, quanto agli effetti, incidendo sulla garanzia costituzionale della ragionevole durata del processo“. Lo sottolinea nella relazione per l’Anno giudiziario a Milano il Procuratore generale, Roberto Alfonso, che allo stesso tempo lamenta “spaventosi vuoti di organico e la mancanza di risorse che contribuiscono a determinare tempi lunghi del processo“. Hanno invece esposto i cartelli con tre articoli della Costituzione e sono usciti dall’aula magna gli avvocati della camera penale, nel momento in cui ha preso la parola il consigliere del Csm Piercamillo Davigo all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano. La silenziosa contestazione arriva dopo l’intervista rilasciata dal magistrato nei giorni a un quotidiano sulla riforma della prescrizione che ha suscitato diverse polemiche tra gli avvocati. “Abbiamo indicato tre articoli della Costituzione: il 24 che è per il diritto di difesa, il 27 che è la presunzione di non colpevolezza è il 111 che è il giusto processo. Accoglieremo Davigo con questi cartelli“, ha detto l’avvocato Giovanni Briola del direttivo della Camera penale. E’ stato comunque applaudito l’intervento in aula di Piercamillo Davigo, membro del Csm e presidente della Seconda sezione penale della Cassazione, mentre qualcuno ha urlato “Si levi il cappello e si vergogni” all’avvocato Gianmarco Brenelli che si è alzato in piedi durante l’inaugurazione dper esporre il cartello con gli articoli della Costituzione. La protesta degli avvocati penalisti milanesi contro Piercamillo Davigo è una iniziativa “gravemente impropria che vorrebbe negare la presenza stessa e la voce a un interlocutore, persino nella sua veste istituzionale“, una forma di “ostracismo preventivo“, ha affermato il presidente dell’Anm Luca Poniz nel suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario milanese. ANSA Partecipa al sondaggio Per quale partito voterai alle elezioni amministrative di Milano  VOTA

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