Zone: le aboliamo o no?
Zone: le aboliamo o no? Il tema è stato lanciato da Alberto Giannoni sul Giornale in questi giorni: visto che la riforma del decentramento non è mai stata completamente attuata, forse è meglio chiudere i presidi municipali. La riforma avviata dal centro destra oggi come oggi è ferma infatti al palo: esistono gli stipendi per gli assessori di zona, ma non possono fare praticamente nulla perché le norme non sono complete. Quindi adesso sono stati creati 27 nuovi stipendi, che alle ultime elezioni hanno ovviamente causato liti per la loro spartizione, per non fare un tubo. E per una volta non è nemmeno colpa della tanto odiata politica, ma di una impossibilità oggettiva ad agire. Per questo è partita la provocazione del Giornale, per tornare a parlare di un tema che sta oggettivamente danneggiando la città: i presidi territoriali in una Milano in fortissima espansione sarebbero essenziali proprio per accompagnare la corsa che il capoluogo lombardo ha avviato dalla vittoria di Expo 2015 (corsa che è partita prima del 2015 e che sembra destinata a proseguire almeno fino al 2026). Gli assessori centrali non possono davvero seguire ogni singola questione di ogni quartiere e potranno farlo sempre meno. Al contrario i loro colleghi di zona potrebbero, ma al momento hanno lo stipendio, ma non la possibilità di giustificarlo. E visto che parliamo di circa 1200 euro a persona, forse si possono trovare strumenti migliori per spendere decine di migliaia di euro al mese per persone che non servono. Sono trentamila euro al mese che potrebbero essere usati proprio per lo sviluppo delle zone, con quelle cifre le associazioni di quartiere organizzerebbero fior fior di eventi. Invece si preferisce lasciarli lì, versandoli a chi non può combinare molto se non provare a fare un po’ di rumore sui social e sui giornali.
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