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Bosco (lista Bernardo): “Più tutela per le donne vittima di violenza”

Bosco (lista Bernardo): “Più tutela per le donne vittima di violenza”. Giornalista, si occupa di sanità e da anni è impegnata nel sociale con diversi progetti. In passato ha seguito la comunicazione di alcune associazioni, scritto libri (La Bambina di Bogotà e Sbirri Maledetti Eroi) e condotto una trasmissione che metteva in primo piano proprio il grande lavoro del mondo associativo nelle città. Volontari che conoscono meglio di chiunque altro i problemi delle persone e della comunità e cercano quotidianamente soluzioni, spesso con poche risorse. “Quando Luca Bernardo ha deciso di correre per Milano è stato naturale per me seguirlo”-dice Federica Bosco-“lo conosco da tempo, abbiamo lavorato insieme su diversi progetti di contrasto alle dipendenze da fumo, alcol e droga, e di contrasto a bullismo e cyberbullismo nelle scuole e nello sport. Non solo, negli ultimi due anni e mezzo ho avuto modo di conoscere da vicino più di un centinaio di associazioni che popolano il terzo settore di Milano e che, durante la pandemia da Covid, hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo, mettendosi in gioco in prima persona per aiutare i più fragili e gli ultimi. Ne è nato un libro “RaccontaMI”, voci della città che si deve ritrovare”. Federica Bosco ha contattato le associazioni, ha parlato con rappresentanti di maggioranza ed opposizione dei Municipi perché il lavoro doveva essere neutrale e assolutamente apolitico. Non era suo interesse far emergere posizioni ideologiche ma piuttosto il racconto reale della città con i suoi pregi e difetti. Dopodiché ha girato per le strade, ha osservato, ascoltato i cittadini e fatto parlare i volontari. Ha scoperto una Milano dove il terzo settore è molto forte, ma spesso lasciato solo. Gli ambiti su cui verte la campagna elettorale di Federica Bosco Donna, madre e professionista. Conosce le difficoltà che hanno le donne ancora oggi a conciliare la crescita professionale con la famiglia. Questo concetto, che sembrava superato negli anni 2000, è prepotentemente tornato d’attualità con la pandemia, tanto è vero che la crisi economica post Covid si è fatta sentire soprattutto sulle donne, oltre il 55 percento di coloro che hanno perso il lavoro è donna. “Senza dimenticare le donne vittime di violenza per le quali occorre implementare un programma di aiuto e di protezione”-dice la Bosco-“lo sport è un altro argomento che mi sta particolarmente a cuore come strumento di aggregazione e prevenzione per i ragazzi e per gli adulti. È dimostrato infatti che fare sport con costanza e regolarità previene malattie croniche e degenerative. Pertanto, sarebbe opportuno incentivare corsi per adulti con sovvenzioni a chi ne ha necessità al fine di attivare un sano e corretto stile di vita che permetterebbe di ridurre i costi della sanità. Il programma di Luca Bernardo a questo proposito prevede nel quartiere di San Siro una vera e propria cittadella dello sport. Quali sono a tuo avviso le caratteristiche del Municipio ideale nel quale vivere? “Innanzitutto, ritengo che debbano essere valorizzati i quartieri. Negli ultimi anni sono stati completamente dimenticati e per fare questo occorre che le istituzioni siano più vicine alla cittadinanza. Dopo la pandemia Milano deve essere rivista e ridisegnata. È fondamentale ripensare una città a misura d’uomo che significa: fruibile a tutti, senza barriere architettoniche, con negozi e servizi essenziali di vicinato e luoghi di aggregazione per i ragazzi dove poter fare sport e incontrarsi senza correre pericoli. Tutto ciò non può prescindere da due cose: sicurezza e decoro urbano. Occorre incentivare la sorveglianza sulle strade e incrementare il numero delle forze dell’ordine presenti sui territori. Riqualificare infrastrutture per superare le barriere architettoniche e ristrutturare le case popolari che si trovano in una situazione di degrado. Per questo è importante rivedere anche i bandi di assegnazione in modo da superare i quartieri ghetto che oggi costellano Milano. Le problematiche predominanti e comuni su tutti i municipi. Il parere di Federica Bosco Innanzitutto, c’è una mancanza di sicurezza denunciata in ogni realtà interpellata. Nonostante il numero dei furti denunciati negli appartamenti sia diminuito, ma quelli reali sono davvero diminuiti?), nei cittadini è aumentato il timore di essere vittima di scippi, di furti o aggressioni in strada o tra le mura domestiche. A questo si aggiunge il degrado che, in particolare nelle case popolari, è evidente e comune in tutte le zone della città. Alcuni palazzi sono poi gravati dalla presenza di amianto che dovrebbe essere bonificato al più presto. Cosa chiedono i cittadini oggi in una città come Milano? Il desiderio comune è di essere ascoltati. Negli ultimi anni troppi si sono sentiti abbandonati dall’amministrazione, in particolare durante il lockdown. Dunque, l’approccio che oggi ha Luca Bernardo, che ricordiamo è prima di tutto un medico, è quello di ascoltare, individuare il problema e trovare subito la soluzione. Per questo ritengo che ascolto e impegno siano le parole chiave per vincere la sfida.

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Sbirri maledetti eroi, un libro da comprare

Sbirri maledetti eroi è un libro da comprare. E lo scriviamo dopo averlo letto con attenzione. La ricostruzione di casi di violenza contro le forze di polizia europee era oggettivamente un pezzo di letteratura che mancava. Fino a poco tempo fa erano voci singole solitamente di qualche sigla sindacale che si perdevano nel vento. Questo libro invece raccoglie con molte interviste tutte queste voci, svelando oltre a un gran numero di dati anche tutti gli aspetti di certe realtà. Come le zone in cui la polizia entra solo in certe condizioni, i fallimenti di alcuni modelli carcerari, e molto altro successo anche a Milano di cui abbiamo parlato con Federica Bosco, una degli autori. Come sta andando il libro? “Direi bene, abbiamo ricevuto persino meno critiche di quanto mi aspettassi per il tipo di libro che è, a parte qualche critica ideologica di chi non lo ha neanche letto” Il libro si apre con un intervento del ministro dell’Interno Matteo Salvini “Sì ma in quanto ministro, perché noi abbiamo iniziato il libro prima del mandato a questo governo: la nostra idea era chiedere o al capo della Polizia o al ministro dell’Interno e alla fine la scelta è caduta su Salvini” Facciamo un passo indietro, come vi è venuta l’idea del libro? “L’idea è partita da Stefano Piazza, è un giornalista svizzero presidente dell’associazione Amici della Polizia: aveva deciso di scrivere un libro per confrontare la situazione delle varie forze di polizia europee e aveva bisogno di qualcuno che seguisse l’Italia che è il cuore del libro visto che le sono dedicati molti capitoli: mi ha trovato perché  ha letto alcuni articoli che ho scritto sul tema della rotta balcanica, sinceramente ho accettato subito perché tra l’altro per lo stesso giornale online per cui ho scritto quegli articoli avevo appena intervistato Gianni Tonelli, oggi deputato della Lega e prima segretario nazionale del Sap: lui mi aveva raccontato diversi episodi in cui le forze dell’ordine venivano aggredite e anche sbeffeggiate, mi aveva detto chi è che difende i difensori? La frase mi aveva colpito molto per cui ho iniziato a fare interviste tra poliziotti, carabinieri, polizia penitenziaria” Quindi sbirri non è riferito solo alla polizia “No, a tutte le forze dell’ordine, ma per il titolo abbiamo scelto quella parola. Abbiamo dato voce a tutti i protagonisti: nel libro vengono raccontati episodi reali da chi li ha vissuti. Quindi sia chi è stato picchiato perché una certa squadra ha perso, a quello aggredito da un affiliato all’Isis. Ma non sono storie che si sentono spesso “Una degli elementi interessanti che è emerso è proprio che la stampa e l’opinione pubblica se ne occupano poco, a meno che non ci sia un morto. Allora ci sono tre giorni in cui la vittima diventa l’eroe, ma tutte quelle quotidiane non si raccontano. Eppure i dati su questo fenomeno sono in crescita sia a livello italiano che europeo” Rispetto agli altri Paesi come siamo messi in Italia? “Siamo un’isola felice: se andiamo a vedere la Francia, solo nelle ultime settimane di proteste dei gilet gialli sono più di mille gli agenti aggrediti, e non parlo di schiaffi, ma di mani e occhi perduti. Ma anche nella civilissima Svezia oggi i poliziotti vengono uccisi a domicilio: vengono identificati e tre giorni dopo arriva la spedizione punitiva a casa” Ma chi sono quelli che organizzano queste spedizioni punitive? “Il fenomeno è aumentato con il tema dell’immigrazione, degli attentati, fenomeni da cui la Francia è particolarmente colpita e in cui mancavano strumenti specifici: ad esempio mancava una legge che tutelasse le forze dell’ordine aggredite. Non c’era l’aggravante di aver aggredito un pubblico ufficiale. L’Italia da questo punto di vista invece è messa bene, ha dei servizi segreti che funzionano bene, c’è dialogo tra forze dell’ordine e servizi segreti. C’è invece il tema delle aggressioni in carcere e da questo punto vista anche l’Italia è in una situazione difficile come nelle altre nazioni, in particolare per la nuova legge sulle carceri aperte” Ci spieghi meglio “Oggi durante il giorno i detenuti girano liberi. Ho intervistato Capece, segretario del Sappe, e mi diceva che oltre il sovraffollamento, il secondo e terzo problema sono la possibilità di girare liberamente che ha anche favorito al radicalizzazione di alcuni detenuti e la noia. Siccome solo una piccola parte di ristretti è impegnata a cercare di ricostruirsi una vita, si annoiano: e la noia è distruttiva e favorisce anche la radicalizzazione” La storia che colpisce di più del libro qual è? “Ce ne sono diverse, ma a me personalmente è stata quella della Polfer che aveva individuato nella stazione Centrale di Milano un soggetto semi nascosto da un cappuccio che stava puntando una donna. Quando ha visto che si stava avvicinando a questa persona si è avvicinato e gli ha chiesto i documenti. Questo la prima cosa che ha fatto ha tolto il cappuccio  e in quel momento l’agente ha notato che aveva le caratteristiche dei radicalizzati, poi invece dei documenti ha estratto un coltello e lo ha colpito. L’agente come primo istinto ha avuto quello di prendere la pistola e sparare, ma essendo in un luogo pubblico il rischio era troppo alto, quindi è riuscito comunque a bloccare questo individuo. Mi ha raccontato che in quei momenti non sentiva nemmeno il dolore per l’adrenalina causata dalla situazione. Dopo l’arresto hanno scoperto che questa persona era un italiano con padre tunisino e dal materiale che hanno trovato in casa era un affiliato all’Isis pronto a organizzare un attentato. Le emozioni che mi ha raccontato l’agente, come la sua difficoltà a tornare al lavoro mi hanno molto colpito: soprattutto nel tornare nel piazzale antistante la stazione che loro chiamano “la terra di nessuno”. Un’altra storia che mi ha colpito è quella di un carabiniere che tentando di sedare una rissa tra bande di nazionalità diverse è stato morsicato alla mano e poi è uscito che questa persona era sieropositiva. Mi ha raccontato come sono stati giorni interminabili quelli in cui ha dovuto aspettare i

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