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Vigilante spara al figlio della convivente

Ieri sera, intorno alle 23, una guardia giurata nel corso di un litigio ha sparato al figlio 13enne della sua nuova compagna ferendolo al braccio. E’ accaduto in via Marco Aurelio. L’uomo, Angelo Di Matteo di 45 anni, rientrato a casa ubriaco, ha esploso il colpo che ha raggiunto il ragazzino al bicipite destro perché il 13enne sarebbe intervenuto durante una discussione tra la madre e il  compagno nel tentativo di difendere la donna. Dopo essersi dato alla fuga con la divisa da vigilante indosso e la pistola in pugno per le vie di Milano, Di Matteo, è stato inseguito fermato dai carabinieri in via Giacosa. Alla vista dei militari, gli ha puntato la pistola addosso ma l’arma non ha sparato, poi si è accasciato a terra lasciandosi ammanettare. La vittima, 14 anni a settembre, è stata portata all’ospedale Niguarda in gravi condizioni ma non in pericolo di vita. Accanto a lui la madre che da qualche mese aveva iniziato una convivenza con Di Matteo che  è stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio.  

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Prende a cinghiate il figlio perché si è travestito da donna

Ha picchiato il figlio di 11 anni poiché “disapprovava” il modo in cui stava giocando con il fratellino più piccolo di un anno. L’ha colpito preso a cinghiate fino a provocargli “evidenti segni sul braccio e sul ginocchio” per via degli abiti femminili che aveva addosso. Per questo un padre di 40 anni nato in Cina, ma che vive con la moglie e i due ragazzini nel milanese, è stato mandato a processo con citazione diretta dal pm Cristian Barilli con l’accusa di abuso dei mezzi di correzione. La vicenda, come si legge nel capo di imputazione, risale ai primi di giugno dell’anno scorso. L’uomo, interrogato dal pm, per giustificare il suo gesto ha spiegato: “La devianza sessuale per la nostra cultura, quella cinese, è un fatto di rilevante gravità“. ANSA  

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Muore di overdose mentre dorme con la figlia

Alla famiglia aveva detto di averla fatta finita con la droga, di essere pulito e la convivente si è fidata a lasciarlo da solo in casa con i figli, un bambino e una bambina di dieci anni con la quale si è coricato a letto. E’ stata la bambina ad avvertire la madre, nel frattempo uscita con un’amica, che il papà stava male, rantolava, aveva la schiuma alla bocca e a un certo punto non rispondeva più. E’ successo ieri nello stabile Aler di piazza Selinunte 3, in zona San Siro, e l’uomo deceduto per overdose è un marocchino di 45 anni, plurisegnalato come consumatore di stupefacenti. Appena appresa la notizia la compagna 35enne, pure lei marocchina, ha dato l’allarme: poco prima della 14 sono arrivate ambulanza e volante della Polizia ma i soccorsi non hanno potuto far altro che constatare il decesso dell’uomo. Accanto al letto è stata rinvenuta una banconota da venti euro con tracce evidenti della droga sniffata dal 45enne.

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Cocainomane sottrae i regali al figlio e lo minaccia di morte,

“Stasera la facciamo finita una volta per tutte, vi brucio vivi e vi do fuoco“: così un cocainomane italiano di 43 anni ha minacciato di morte il figlio 13enne e la madre 72enne, dopo aver preteso loro la restituzione dei regali di Natale, che probabilmente voleva rivendere per avere i soldi necessari a comprare cocaina. È stato proprio il figlio minorenne a chiamare il 112 da un appartamento di via Ceresio, zona Chinatown, a Milano, dove vive con il padre e la nonna: quando gli agenti sono arrivati sul posto, intorno all’1 di notte, lo hanno trovato insieme alla nonna, sul marciapiede davanti al loro condominio, entrambi in pigiama. Secondo quanto i due hanno riferito ai militari l’uomo, probabilmente in preda agli effetti della droga, ha iniziato a inveire contro i propri familiari e dopo le urla e minacce di morte ha aperto il gas da uno dei fornelli della cucina. A quel punto il figlio e la madre dell’uomo hanno deciso di scappare in strada e lì attendere i carabinieri. Sono stati gli uomini del Nucleo radiomobile a spegnere il gas e poi ad arrestare il 43enne, che nel frattempo era andato a fare la doccia. L’accusa è di maltrattamenti in famiglia. La madre dell’uomo ha riferito che si trattava solo dell’ultimo di una serie di casi di minacce, e che altre volte era capitato che il figlio si vendesse vestiti o altri oggetti per trovare i soldi necessari all’acquisto della droga.

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