infermieri

La formazione continua nelle Cure Domiciliari

 Paxme ha avviato un programma di formazione intensivo dedicato a tutti i suoi operatori. Coinvolge 80 professionisti per 700 ore di formazione continua sia nel campo delle cure domiciliari che nelle tecniche di comunicazione interpersonale. Ogni componente dell’équipe multidisciplinare di Paxme è infatti altamente specializzato e partecipa da sempre a corsi di formazione continua, convegni specialistici e di aggiornamento con lo scopo di arricchire costantemente le competenze professionali. L’organizzazione di questo programma formativo per l’erogazione di crediti ECM, interamente gratuito per i professionisti in quanto finanziato da Paxme, consente al personale di adempiere all’obbligo formativo triennale definito dalla Commissione Nazionale per la Formazione Continua. Il programma di formazione, coinvolgerà tutti gli operatori di Paxme, indipendentemente dal loro ruolo o anzianità – medico geriatra, fisiatra, palliativista, infermieri, operatori socio-sanitari, fisioterapisti, psicologi, assistenti sanitari – ed è esteso anche alle figure dirigenziali. Michele Mennillo, Presidente di Paxme, commenta: “La formazione in Paxme è un aspetto che ricopre un’importanza cruciale. Giorno per giorno ci assicuriamo che i nostri professionisti siano dotati degli strumenti teorici e pratici necessari per offrire cure domiciliari di qualità ai nostri assistiti. L’obiettivo finale è che ciascuno possa essere capace di valutare la problematica del paziente a 360 gradi sia dal punto di vista clinico, sia relazionale, migliorando la qualità della vita al domicilio, anche in presenza di patologie o comorbidità”. La formazione si articolerà in 25 incontri in cui si andranno ad approfondire tematiche trasversali. Tra i temi affrontati, dal punto di vista clinico/medico: la stipsi, la disfagia, l’uso della pressione negativa nella gestione delle ferite difficili, le medicazioni avanzate nel trattamento delle ulcere da decubito, il bendaggio elastocompressivo, ecc. Dal punto di vista relazionale verranno approfondite le modalità di potenziamento del problem solving e l’utilizzo dell’intelligenza emotiva nella relazione con la persona assistita e i suoi familiari. Una formazione specifica sarà infine dedicata alle cure palliative, la gestione della terapia e il nursing. “Con un’esperienza di oltre 20 anni nel settore delle Cure Domiciliari, Paxme ha sempre posto una forte enfasi sull’innovazione, sull’efficienza operativa e sulla soddisfazione dei suoi assistiti e delle loro famiglie – aggiunge il dottor Jacopo Tagliabue, Direttore Sanitario e Responsabile della formazione – Questo programma di formazione intensiva, teorico e pratico, è un segno tangibile dell’impegno di Paxme nel voler mantenere i più elevati standard nelle cure domiciliari”. Il programma formativo è progettato su misura per soddisfare le esigenze specifiche di ciascun ruolo professionale, tenendo conto dei più recenti sviluppi nel settore e delle migliori pratiche. È inoltre strutturato in modo da consentire una formazione continua nel corso del tempo, in modo che gli operatori possano costantemente migliorare le proprie abilità e rimanere al passo con l’evoluzione del settore delle cure domiciliari.  Paxme È un’organizzazione con oltre 20 anni di esperienza nell’assistenza sanitaria al domicilio. I suoi professionisti sono specializzati nella presa in carico, nelle loro case, delle persone che necessitano assistenza medica, infermieristica, fisioterapica. Paxme opera attraverso servizi di Cure Domiciliari e Cure Palliative Domiciliari nell’Area Metropolitana di Milano, nella provincia di Como, nella provincia di Monza e della Brianza. Con oltre 80 professionisti sul territorio assiste oltre 3.300 persone, eroga oltre 120.000 prestazioni infermieristiche e 15.000 fisioterapiche ogni anno.

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Valorizzazione infermieri, Mammì (M5S): «Il centrodestra scarica ancora Gallera, non vogliono discutere il suo pdl»

Valorizzazione infermieri, Mammì (M5S): «Il centrodestra scarica ancora Gallera, non vogliono discutere il suo pdl». Il Consigliere regionale Gregorio Mammì (M5S) ha presentato in Consiglio regionale una mozione urgente per chiedere l’impegno alla calendarizzazione entro dicembre, dei due progetti di leggi, uno a prima firma Gallera e l’altro a prima firma Rozza, in materia di valorizzazione della professione infermieristica. Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno votato contro. Mammì: «Il voto contrario della maggioranza evidenzia due aspetti clamorosi. Il primo, che il centrodestra ha votato contro l’impegno a calendarizzare il progetto di legge del consigliere Gallera, scaricandolo di fatto una seconda volta dopo la defenestrazione avvenuta a favore di Letizia Moratti nel gennaio del 2021. La seconda che il centrodestra sia disponibile a parlare di infermieri sui giornali, ma contrario a discuterne nelle Aule e nelle Commissioni regionali. Insomma, finché c’è da fare annunci per promuovere la propria campagna elettorale sgomitano, quando invece si tratta di lavorare e dare risposte votano contro i loro stessi progetti di legge. Se non siamo al teatro dell’assurdo, quanto meno è il caos totale. Oggi dobbiamo dare risposte, non basta fare annunci. Motivo per cui invito i consiglieri Gallera e Rozza a firmare la procedura d’urgenza per la calendarizzazione del loro progetto di legge, che presenterò presso gli uffici di Regione Lombardia» così il consigliere regionale Gregorio Mammì (M5S), dopo la bocciatura dell’urgenza, con voto contrario di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, del Consiglio regionale della mozione: “Sollecito avvio dell’esame consiliare di progetti di legge per il supporto delle professioni infermieristiche e delle professioni sanitarie in genere”.

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Protesta degli infermieri davanti al Pirellone

‘Non eroi ma professionisti’ è uno dei cartelli che gli infermieri aderenti al NurSind tengono in mano, indossando mascherine, camici monouso e cuffie chirurgiche, nel presidio che hanno organizzato davanti al Pirellone, sede del Consiglio regionale della Lombardia, nel giorno dello sciopero nazionale contro le “condizioni di lavoro inaccettabili”, per avere “stipendi dignitosi”. “A livello nazionale incrociamo le braccia perché non abbiamo ricevuto segni dalle istituzioni, né nazionali né regionali – ha spiegato Donato Cosi, responsabile lombardo del sindacato -. I nostri stipendi sono fra i più bassi d’Europa, la dotazione organica è calcolata in modo arcaico, dovrebbe esserci un rapporto di uno a sei con i pazienti, ma siamo uno a 12, non c’è programmazione per il futuro e non sono stati erogate le risorse della legge di bilancio 2020 per gli infermieri, lo saranno con il nuovo contratto mentre ai medici sono già state date”. ANSA

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Coronavirus, De Palma (Nursing Up): «Pericolosa emoraggia di infermieri nella sanità privata”

Coronavirus, De Palma (Nursing Up): «Pericolosa emoraggia di infermieri nella sanità privata”. Il pericoloso aumento dei contagi e la difficile situazione della sanità pubblica con gli infermieri costantemente e legittimamente sul piede di guerra, pronti a “impugnare la spada” per far valere i propri diritti, non rappresentano le uniche problematiche contro cui dover fare i conti. Anche la situazione della sanità privata e in particolare delle Rsa non attraversa, da tempo, un momento felice. Il Presidente del Nursing Up, Sindacato Infermieri Italiani, Antonio De Palma, a capo di un soggetto vicino, da sempre, anche alle esigenze dei colleghi che lavorano nel contesto privato, denuncia e solleva la questione della delicata emorragia di infermieri che si registra negli ultimi mesi in tali strutture e in particolare nei presidi dove sono ricoverati anziani. «Come sindacato, esordisce De Palma, facciamo notare come da mesi riceviamo telefonate di colleghi che ci chiedono di tornare nella sanità pubblica. Con il miraggio poi di un contratto continuativo, salvo accorgersi che forse, vista la situazione attuale, stavano meglio prima. Insomma se da un lato la coperta è davvero corta, sia da una parte che dall’altra, registriamo, denuncia De Palma, una pericolosa situazione di allarme tra gli infermieri, che vogliono andar via, in particolare i colleghi delle Rsa. Sorvegliate speciali sono il Piemonte, la Lombardia, l’Emilia Romagna ecc… La situazione della sanità privata è delicatissima: si attende da tempo immemore un rinnovo contrattuale che ancora non arriva, quando invece andrebbe finalmente ricreata quella serenità atta a dare impulso ad un settore fondamentale dell’assistenza sanitaria italiana. Non possiamo non pensare al particolare frangente in cui ci troviamo: con gli anziani costantemente a rischio, per il pericoloso e graduale ritorno del Covid. I datori di lavoro comprendano, una volta per tutte, che anche nella sanità privata senza gli infermieri si rischia il crollo inesorabile su tutti i fronti. Gli operatori di supporto, che troppo spesso si pensa di poter utilizzare con pericolose ed illegittime surroghe, non possiedono i requisiti professionali di legge “che invece sono indispensabili per offrire prestazioni sanitarie infermieristiche agli anziani”, quindi una assistenza qualificata ed autonoma a 360 gradi. Le persone fragili della nostra società vanno tutelate e protette, particolarmente in un periodo come questo, funestato dalla presenza del Covid 19, chiosa De Palma: laddove mancasse, nella sanità privata e nelle RSA, quel presidio assistenziale h24 incentrato ineludibilmente sulla responsabilità e sulla competenza professionale degli infermieri, rischierebbe di venir meno quel dispiegamento di professionisti che possiedono conoscenze e competenze per individuare e segnalare i primi segni della presenza del Covid 19. Nessuno sottovaluti questo aspetto, perchè quando si parla di competenze infermieristiche ci riferiamo a leve particolari e non fungibili da parte di chi non possiede analoga preparazione e qualificazione, che devono essere attivate per contrastare in maniera adeguata la malattia quando ancora è possibile farlo, quindi al primo verificarsi di condizioni sospette, allertando i servizi della ASL competenti e mettendo in campo tutte le prescrizioni previste dai protocolli. E’ solo con strategie di questo tipo che sarà possibile preservare e salvare numerose vite umane, conclude De Palma, ed è per questo che la nostra competenza professionale non può in nessun modo essere surrogata, se si desidera spezzare sul nascere le catene di contagio anche nella sanità privata e nelle RSA oggi più di ieri, visto che tutti siamo impegnati a combattere contro un agente biologico pericoloso e pervasivo come il Covid 19, conclude De Palma.

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Infermieri: Nursing Up convocato al senato

Infermieri: Nursing Up convocato al senato. Il numero uno del Sindacato Infermieri Italiani: «Accogliamo con piacere e fiducia la nuova proposta legislativa, che peraltro sarebbe stato coerente approvare prima di individuare le risorse umane attraverso il Decreto Valorizzazione. Occorrono una serie di norme strutturali, che regolamentino a livello nazionale la nuova fondamentale figura professionale destinata a rivoluzionare in positivo il nostro sistema sanitario». La Commissione Sanità del Senato ha deciso di convocare, domani, martedì 23 giugno 2020, il Presidente del Sindacato Nursing Up, Antonio De Palma, per un’audizione da tenere in relazione al nuovo disegno di legge sull’Infermiere di Famiglia n. 1346. Le battaglie portate avanti negli ultimi mesi dall’organismo di categoria, finalizzate a raccontare ai cittadini e agli organi di stampa, il valore di una nuova figura che, se inserita correttamente nel sistema sanitario italiano, potrebbe finalmente attuare l’agognata rivoluzione positiva, sono state ritenute importanti per proseguire nel corretto iter di chiarimenti e approfondimenti che porteranno alla messa in opera del progetto legislativo. «Un onore e una responsabilità, esordisce De Palma, essere convocato in parlamento per relazionare ai Senatori interessati su un argomento così delicato e nello stesso tempo complesso, intorno al quale vanno puntualizzati una serie di approfondimenti idonei a far sì che la legge colga esattamente gli obiettivi attesi dalla collettività. Come sindacato non possiamo che accogliere favorevolmente una legge, dice il Presidente del Nursing Up, ma sarebbe stato indispensabile, come invece è accaduto, non partire dalla coda. Sto dicendo che, prima di mettere in atto attraverso il Decreto Valorizzazione, l’assunzione di 8 infermieri ogni 50mila unità di cittadini, ovvero circa 9700 nuove figure professionali, sarebbe stato opportuno adottare, per legge appunto, delle norme che potessero sostenere adeguatamente le previsioni contenute nel citato decreto, e quindi creare perimetri di regolamentazione a livello nazionale, per l’inserimento dell’infermiere di famiglia nel nostro sistema sanitario. Tutto questo è necessario, se si vuole evitare che 20 sistemi regionali regolamentino, ognuno in maniera diversa, un servizio tanto importante in favore del cittadino. Tutto è possibile ancora, e se si deciderà di lavorare alacremente, approvando tempestivamente il disegno di legge del quale si parla, sarà ancora possibile ottimizzare e coordinare le norme tra di loro. Insomma, sottolinea De Palma, le norme contenute nel disegno di legge, potrebbero essere fondamentali per creare le condizioni strutturali e perimetrali, di livello nazionale, atte ad accogliere le previsioni contenute nel decreto Valorizzazione, e consentendo in tal modo l’attivazione della figura dell’infermiere di famiglia in maniera uniforme ed integrata in tutte le regioni del territorio nazionale, ovviamente lasciando a queste ultime i propri alvei di intervento e di autonomia organizzativa e gestionale, come peraltro già accade con i medici di famiglia. Bisogna, inoltre, individuare, la tipologia e le caratteristiche delle prestazioni infermieristiche che rientrano nel mandato ed alveo di competenza del nuovo professionista, anche per il loro impatto sui livelli essenziali di assistenza e con una chiara premessa: l’infermiere di famiglia non è propriamente un infermiere che svolge assistenza domiciliare, sebbene l’assistenza infermieristica a domicilio possa essere una delle classi di attività che questa nuova figura è chiamata a garantire alla collettività . L’infermiere di famiglia prende in carico il paziente e garantisce gli interventi di competenza in integrazione multi professionale con gli altri specialisti sanitari. Da ultimo, ma non per importanza, continua De Palma, bisogna creare un alveo contrattuale per questa nuova figura professionale, che sia distinto da quello del comparto sanità e che sia forte di un altrettanto solido riconoscimento giuridico. Anche qui, proprio per evitare che le 20 Regioni si muovano in ordine sparso e che non valorizzino fino in fondo le potenzialità del nuovo progetto sanitario, lo Stato deve fare la sua parte. Questo disegno di legge potrebbe essere lo strumento di elezione, ad esempio attraverso, disposizioni atte a creare un contratto nazionale di lavoro specifico per l’infermiere di famiglia, alla stregua di quello esistente per i medici di medicina generale. Insomma, conclude De Palma, bisogna strutturare un rigoroso percorso che consenta all’ infermiere di famiglia di essere un professionista in grado di offrire assistenza a 360 gradi, di interagire a livello multi professionale con le altre figure del sistema sanitario e di costruire servizi innovativi in favore del cittadino.

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Inchiesta sindacale sugli infermieri morti per Covid19

Inchiesta sindacale sugli infermieri morti per Covid19. A lanciarla sono i sindacati di categoria e in particolare Nursing Up, che ha deciso di promuovere un’inchiesta sindacale sugli infermieri morti per Covid19. «Il momento è arrivato, non concediamo più proroghe o appelli. Questo Governo ci deve relazionare sui numeri effettivi dei colleghi infermieri deceduti durante il Covid-19 e deve soprattutto fornirci i dati reali dei contagiati suddivisi per categorie di attività. Abbiamo diritto di sapere, esordisce Antonio De Palma, Presidente del Nursing Up: in un Paese civile, una classe dirigente che si rispetti, ha il sacrosanto compito di andare fino in fondo. E se neanche il Premier Conte e il Ministro della Salute, clamorosamente, non fossero al corrente delle cifre, promuovano subito una inchiesta interna per fare luce su quanto accaduto. Gli organismi di categoria come il nostro, che da sempre si battono per “rendere evidenti” le qualità dei nostri infermieri, professionisti forti, leali coscienziosi, carichi di umanità e doti professionali che mettono in campo a disposizione della salute pubblica, e anche la Fnopi, Federazione Nazionale Ordini Professioni Infemieristiche, vanno messe al corrente prima possibile su quanto è accaduto». Già a marzo, come Sindacato, avevamo avuto il coraggio, e non ci risulta che lo abbiano fatto altri sindacati, di diffidare Conte, i Ministri Speranza e Dadone e tutti i governatori delle Regioni: alla diffida avevamo aggiunto una costituzione di mora indirizzata proprio al Presidente del Consiglio. Di fronte a quello che si registrava come un aumento costante e allarmante del numero di operatori sanitari contagiati, siamo subito intervenuti con una azione forte e significativa. Ad oggi, però, sbotta De Palma, nessuno si è fatto vivo con noi, nessuno ci ha guardato negli occhi per raccontarci la verità. I laconici comunicati dell’Inail o dell’IIS non ci bastano, non forniscono tutti i numeri che vogliamo conoscere, non rendono giustizia a tutto quello che gli infermieri hanno subito. Soprattutto non danno un senso ai colleghi che hanno perso la vita». I numeri dell’Escalation di contagiati e morti ci proietta oggi, con il senno di poi, in un vero e proprio film horror. I numeri che abbiamo a nostra disposizione sono da bollettino di guerra, ma non ancora sufficienti a capire, ad avere un quadro reale. «Non ci resta che provare a far luce da soli, e per questo abbiamo promosso una nostra inchiesta sindacale», continua De Palma: 4 aprile 2020 – 25 infermieri deceduti, oltre 5.500 contagiati 7 aprile 2020 (appena tre giorni dopo) 26 infermieri deceduti, oltre 6500 contagiati (mille in più in tre giorni). 30 aprile 2020 – 39 infermieri deceduti, 8800 contagiati. 12 maggio 2020 – 40 infermieri deceduti, oltre 12 mila contagiati. «Ad oggi, secondo i dati Fnopi, gli infermieri iscritti all’Ordine sono circa 450mila, circa la metà del numero degli operatori sanitari complessivi. Di questi 270mila lavorano nel settore sanitario nazionale, il resto sono divisi tra case di cura private, centri per anziani, liberi professionisti ed altri. Guardiamo solo i dati del Lazio, allarmanti a dir poco. E’ quanto emerge da una relazione della Regione di inizio maggio: su 470 casi di contagiati di operatori sanitari, oltre il 50 per cento sono infermieri. E’ ora di farla finita con le mezze parole e le mezze verità, dice il Presidente del Nursing Up. I deceduti ufficiali secondo fonti autorevoli non sarebbero nemmeno 40 bensì ad oggi 42. Tra cui non dimentichiamo i morti per suicidio, 4 e non 2, come si pensava. Ben 4 colleghi si sono tolti la vita perchè non hanno retto allo stress, alla paura, forse alla sopravvenuta malattia. Ma caro Premier Conte, continua De Palma, non possiamo certo mettere un punto di definitività su questi numeri, di per sé già “ballerini”. Bisogna scavare a fondo anche nel “mondo ancora sommerso” – ma ci piacerebbe tanto sbagliarci su questo – come quello degli infermieri e degli altri operatori sanitari che lavorano fuori dal contesto del sistema sanitario nazionale, ma anche quelli che sono morti durante il periodo di emergenza per cause apparentemente diverse dal Covid 19 e che potrebbero non essere stati nemmeno sottoposti al tampone. E poi ci sono gli asintomatici, che pure infettati sono, e che rappresentano un altro micromondo quasi completamente nascosto: siete sicuri di averli tutti censiti? Quanti colleghi si sono ammalati e sono pure guariti proprio nei lunghi periodi durante i quali i tamponi non venivano effettuati? Cosa vogliamo fare di queste evidenze? ANCHE LA STAMPA INTERNAZIONALE TACCIA L’ITALIA TRA I PAESI CHE HANNO GESTITO NEL PEGGIOR MODO LA PANDEMIA, E GLI INFERMIERI HANNO PAGATO CON LA LORO VITA LE MANCANZE DEL NOSTRO PAESE… Quanti infermieri sono morti realmente? Quanti contagiati ha avuto L’ ITALIA tra i nostri professionisti e tra gli altri operatori sanitari anche non medici? Vogliamo saperlo adesso, lo chiedono i cittadini e le famiglie di chi ha perso la vita. Lo pretendono quei colleghi che oggi portano ancora sulla pelle i segni della malattia, nonché il trauma da stress, la paura, il dolore. Questo Governo, conclude De Palma, si metta una mano sul cuore, e racconti ai cittadini italiani i numeri reali di un conflitto contro un nemico invisibile che nessuno potrà mai dimenticare».

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