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Inter in vendita un’altra volta

Inter in vendita un’altra volta. Stavolta sono i cinesi di Suning a volersi liberare della squadra meneghina. E dopo aver dichiarato di volerci investire 100 milioni di euro. A quanto trapela però oggi vogliono vendere: il prezzo sarebbe 1,2 miliardi. E’ dunque già finita la magica stagione in cui un colosso imprenditoriale del gigante cinese doveva rilanciare i neroazzurri. Era iniziata con grandi speranze e momenti da sorriso come il “Fozza Inda!” del boss di Suning: finalmente l’Inter non era nè nelle mani di una singola famiglia (i Moratti) né in quelle di un affarista come Tohir o Li. Sembrava. Invece l’Inter ha vinto un campionato senza pagare gli stipendi dei calciatori e poi poco altro. In Champions nessun risultato significativo. Almeno per ora, per carità. Ma c’è una grande differenza tra le speranze che avevano suscitato i cinesi e i risultati ottenuti. Ora che il loro governo ha iniziato a digerire il fatto che non potrà più macinare miliardi a livelli imparagonabili, pure le loro aziende si ritraggono. In pole position ci sarebbe uno svizzero, il patron di Alinghi, che è la manifestazione fisica del concetto che negli sport di alto livello contano solo i soldi visto che è un campione di vela in un Paese senza mare. Se è vero che l’elvetico salverà l’Inter dalla delusione cinese, si vedrà. Intanto dobbiamo rilevare che l’Inter è in vendita un’altra volta e i casi sono solo due: o è un prodotto così valido che tanti capitalisti vogliono farci un giro, oppure lo sembra e appena è possibile gli affaristi cercano di rifilare la sòla a qualcun altro.

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L’Inter funziona meglio all’estero

L’Inter funziona meglio all’estero. Perché la selezione cinese sembra non aver più  il piede giusto per giocare in Italia, mentre i Europa tiene testa a squadroni come il Barcellona, proprio mentre i cugini americani del Milan si beccano un sonoro 5 a 0 dal Chelsea. E l’Inter pareggia nonostante uno scatenato Lewandowsky con nomi che sembravano scomparsi come Gosens. Il tedesco è un giocatore fortissimo, tanto che nell’Atalanta di Gasperini si è messo in mostra come difensore che segna più gol di molti attaccanti, ma quando è arrivata in quella che doveva essere una grande squadra, è come scomparso. Fagocitato da un club che ha preso giocatori inspiegabili come un Lukaku che ha fallito l’esperienza britannica o Correa e Acerbi, presi a quanto pare più per cementare il fronte pro-Inzaghi che per ragioni tecniche. Invece in Europa anche lui è tornato a farsi vedere e sentire a suon di gol. Ottima notizia per l’Inter, ma anche per il calcio italiano perché il difensore è uno dei migliori giocatori del campionato. Resta da capire perché l’Inter funziona meglio all’estero che in Italia dove per altro il calcio non è più quello di vent’anni fa. E persino la Juventus ammazza campionato delle ultime stagioni è in crisi nonostante una super rosa (qualcuno dice per l’effetto Allegri che lasciò pure il Milan in stato di crisi nervosa).

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Milan e Inter spendono e spandono ma sullo stadio piangono miseria

Milan e Inter spendono e spandono ma sullo stadio piangono miseria. Perché la miglior politica di una squadra pare sempre essere quella di comprare giocatori di grido che aiutano gli abbonamenti e abbuonano le pecche societarie. Ma in Italia è rimasto qui e là qualche giornalista ancora non comprato dal benessere e dunque resta la memoria: mentre si gioisce perché i campioni d’Italia e i nerazzurri tornano a spendere per grandi piedi, ci si chiede come camminino le gambe del progetto stadio. Perché quando il sindaco Sala si è trovato costretto dai comitati cittadini a ricordare ai fondi di investimento che lo stadio servirebbe soprattutto come stadio sportivo e non come grimaldello per cacciare i poveri da San Siro, hanno iniziato a nicchiare. Con la fatica che fa un genovese a pagare il conto pure per un amico hanno eliminato un pezzo della vagonata di cemento che con lo stadio nulla aveva a che fare. Ma è solo un progetto preliminare, ci sarà da vedere quando i cantieri partiranno e le inevitabili varianti. Perché nove su dieci partiranno. L’unica vera alternativa era l’ex area Falck di Sesto San Giovanni, ma Roberto Di Stefano è stato eletto e dunque non sembra più troppo interessato a mettere i bastoni tra le ruote a Giuseppe Sala. Dunque i cantieri partiranno, perché 1,2 miliardi di cantiere non le fermi. Non a Milano, non con un sindaco come Sala che ha da pensare al suo futuro (è stato silurato come possibile grande burocrate di Stato) oltre la politica. Lo abbiamo sempre scritto: l’uomo ha le spalle strette. Non è una colpa: il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare. E lui è uno di quei politici moderni che ha sempre rivendicato di non avere tessere di partito, dunque ha scarni ideali. Perché prendere posizioni vuol dire trovarsi a volte anche in posizioni scomode. Ma tant’è: ai milanesi piace il grigio evidentemente. Così Milan e Inter spendono e spandono ma sullo stadio piangono miseria. Perché è sullo stadio che potevano dare qualcosa alla città, invece continueranno come sempre a prendere chiedendo il biglietto.

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Vince il Milan che nessuno vuole come Milano

Vince il Milan che nessuno vuole come Milano. Perché ieri sera il Milan si è aggiudicato il diciannovesimo scudetto con un perentorio 3 a 0 sul Sassuolo. Una vittoria che ha ridato fiato alla squadra di Pioli dopo un anno molto teso. E settimane in cui si rincorrono le voci di una possibile cessione a qualche fondo estero. Cessione che però non si conclude, nonostante i toni assertivi e trionfalistici della stampa italiana. Perché senza quasi commenti, si è passati dalla certezza della vendita agli arabi alla certezza della vendita agli americani. Non vorremmo che finisse come l’ultima volta, quando dopo la comparsa di un mai troppo ben definito affarista asiatico, la squadra passò al fondo Elliott. E la storia sembra molto simile, perché anche in quella circostanza si è parlato del valore di un miliardo per il club, così come alla fine ne sono stati spesi un terzo in meno. Perché per quanto blasonate le squadre di Milano non le vuole nessuno. Persino il colosso Suning alla fine si è trovato a vincere lo scorso campionato senza nemmeno pagare gli stipendi ai calciatori. Roba assurda se si pensa a una società che non paga i dipendenti eppure non fallisce. O forse no. Perché in Italia la finanza creativa è di casa dai tempi dei Medici. E poi le squadre di Milano vivono la stessa situazione della città: anche per l’attuale sindaco Giuseppe Sala è stato più un ripiego che altro. Il posto da manager di Stato non glielo hanno dato e lui si è dovuto adattare a un altro mandato. Proprio mentre la città del mitico Expo inizia a sgretolarsi. Dunque la sua carriera politica è finita perché entro la fine del mandato tutta la cartapesta montata sarà consunta e da cambiare, ma senza soldi a fondo perduto e poteri speciali Sala non saprà fare nulla. Forse anche per la città ci vuole un periodo affidato a un fondo di investimento. Qualcuno che possa rimettere in ordine i fondamentali di una città che si è persa dietro al sogno da boomer di vivere di agriturismo e aperitivi. Gente seria e con le spalle abbastanza larghe da mettere a posto ciò che c’è da sistemare. Superare l’idea della città del cazzeggio a tutti i costi. Per non affrontare costi che non si possono sostenere.

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Il Milan vince a San Siro e l’Inter a Cagliari

E’ festa a San Siro per il Milan che vince anche contro l’Atalanta: 2-0 con i gol di Leao ed Hernandez nel secondo tempo. I giocatori esultano sotto la Curva, Pioli balla in mezzo al campo, ma nella giornata perfetta, ultima gara casalinga dei rossoneri, è mancato l’ingresso in campo di Zlatan Ibrahimovic ed è stata rinviata la possibile festa scudetto. In serata, infatti, l’Inter ha vinto a Cagliari 3-1 (gol di Darmian e doppietta di Lautaro Martinez) rimandando all’ultima giornata il verdetto finale del campionato di Serie A. Il Milan resta in testa con 83 punti, l’Inter insegue con 81. Al diavolo rossonero basta un pareggio con il Sassuolo, domenica prossima, per vincere il tricolore.

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L’inter vince la Coppa Italia

L’Inter ha vinto la Coppa Italia 2022 battendo 4-2 la Juventus allo stadio Olimpico di Roma al termine dei tempi supplementari. Dopo i primi 90 minuti terminati sul 2-2 (gol nerazzurri di Barella al 6′ e Calhanoglu su rigore all’80’ e bianconeri di Alex Sandro al 50′ e Vlahovic al 52′) è decisiva la doppietta nell’over time di Perisic (99′ su rigore e 102′). E’ festa Inter all’Olimpico, per tanti anni palcoscenico di Simone Inzaghi: i milanesi battono 4-2 la Juventus ai supplementari e centrano il secondo obiettivo stagionale, conquistando a spese dei bianconeri anche la Coppa Italia, l’ottava nella loro storia, dopo la Supercoppa a gennaio. Con la seconda stella ancora alla portata, i nerazzurri restano in corsa per un possibile triplete, pur in tono minore, visto che la Champions non è ancora una preda alla portata. La Juve, invece, chiude con ‘zero tituli’ una stagione che era nata con ben altre aspettative dopo il ritorno di Massimiliano Allegri e che si contava avesse una svolta con l’arrivo di Dusan Vlahovic. Ma quello che rimarrà nei ricordi dopo le uscite anticipate dalla corsa allo scudetto e alla Champions e le sconfitte nelle coppe italiche sarà forse solo l’addio di Paulo Dybala, che oggi non fa il miracolo, e l’espulsione di Allegri in un nervosissimo finale seguito al secondo dei due rigori assegnati all’Inter e alla rete del 4-2 siglata da un sempre gigantesco Persic. Lo stadio ‘sold out’, diviso a metà tra i sostenitori delle due squadre che non hanno risparmiato coreografie, cori e sostegno costante, è uno stimolo per le due rivali, che non si risparmiano. Allegri vuole la rivincita della Supercoppa e anche del match beffa in campionato. Si affida a Paulo Dybala a suggerire per Vlahovic, con Bernardeschi e Cuadrado a sostegno e subito dietro Rabiot e Zakaria. Inzaghi conferma le sue certezze, col solo D’Ambrosio al posto di un Bastoni non al meglio e Darmian per Dumfries L’equilibrio si spezza subito, perchè al 7′ Barella al primo spazio utile fa partire un gran tiro che si infila all’incrocio. Il vantaggio sprona i nerazzurri, scesi in campo più convinti e abili nel dialogo, mentre la Juve cerca solo lanci per Vlahovic. La prima vera risposta bianconera arriva dopo il 20′, quando prima Dybala e poi il serbo impegnano Handanovic I nerazzurri allentano un po’ la pressione e soffrono, con il portiere chiamato ancora in causa da De Ligt e Dybala che sul seguente corner manca di poco la porta. Bernardeschi è ispirato e crea più di qualche scompiglio tra i nerazzurri, che dal 40′ devono fare anche i conti con Morata entrato per Danilo, infortunatosi. Ed è proprio lo spagnolo, in uno dei primi affondi della ripresa, a ingannare con la sua presenza Handanovic su un tiro già insidioso di Alex Sandro ma la rimonta Juve si concretizza 2′ dopo con un letale contropiede finalizzato da Vlahovic, bravo a mettere in porta dopo la respinta del n.1 sul primo tiro. Il serbo, spesso discusso per il momento di appannamento, dà un segnale importante ma la partita non è chiusa. Inzaghi per l’ultima mezz’ora richiama Darmian, D’Ambrosio e un impalpabile Dzeko e inserisce Dumfries, Di Marco e Correa. Allegri risponde con Bonucci e Locatelli al posto di Bernardeschi e Zakaria. L’Inter si getta in avanti e colleziona corner, la retroguardia bianconera sbanda e alla fine su un contrasto in area Lautaro cade, l’arbitro fischia, la var conferma: rigore. Al 35′ Cahlanoglu, gelido, trova di potenza l’angolo irraggiungibile per Perin e il 2-2 non cambia più. E’ over time, con due squadre stremate. Escono Chiellini e Alex Sandro, così Calhanoglu e Lautaro, entrano da una parte Arthur e Pellegrini e dall’altra Sanchez e Vidal, insieme con un nervosismo crescente che coinvolge anche le panchine. L’Inter ne ha di più e la svolta arriva al 7′ di recupero, quando De Ligt abbatte De Vrij in area. L’azione continua ma il var richiama l’arbitro che assegna il penalty dopo il video check. Perisic imita il compagno turco e porta i suoi in vantaggio. Poco dopo il croato batte ancora Perin – stop di destro, sinistro al volo dal limite – e chiude la gara. Esce Dybala, a testa bassa, Allegri viene espulso. La festa è solo dall’altra parte, l’Inter alza la coppa, ma le polemiche non mancheranno.

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