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KFI di Binasco (MI): trent’anni di innovazione al servizio della supply chain

KFI di Binasco (MI): trent’anni di innovazione al servizio della supply chain. Nata per commercializzare stampanti di codici a barre, l’azienda è oggi leader nell’implementazione di soluzioni integrate per l’ottimizzazione dei processi produttivi, logistici, distributivi e retail. Trent’anni di innovazione continua. KFI, azienda di Binasco (MI) leader nell’implementazione di soluzioni integrate per l’efficientamento dei processi in tutte le fasi della supply chain, festeggia in questo 2021 un importante traguardo: non un punto di arrivo, ma una ripartenza all’insegna dello sviluppo e della crescita. Un compleanno che è stato ricordato nei giorni scorsi con la visita del sindaco di Binasco, Riccardo Benvegnù, alla sede di Via delle Scienze. Tutto è iniziato nell’ormai lontano 1991 «con tre scrivanie e tre lampadine», ricorda Carlo Caserini presidente di KFI e cofondatore dell’azienda insieme con Renzo Castelli. «Cercavamo una strada innovativa e virtuosa per dare risposte alle aziende della logistica e del manifatturiero. Dalla vendita di hardware, essenzialmente terminali e stampanti per i codici a barre, siamo passati allo sviluppo di soluzioni software customizzate per la gestione di logistica, produzione e retail». Oggi KFI è una realtà leader nel proprio settore: una settantina di dipendenti tra la sede di Binasco e le filiali italiane e un volume di affari che per la fine dell’anno punta ad arrivare a 30 milioni di euro. «Siamo un’azienda che si differenzia sul mercato: seguiamo la progettazione e la produzione di prodotti per il mercato OEM, abbiamo un reparto servizi di eccellenza che è unico in termini di organizzazione e, da quattro anni a questa parte, abbiamo attivato la consulenza di soluzioni innovative per la supply chain. Questo ci permette di non essere più dei semplici distributori di prodotto, ma una società di consulenza e system integrator di hardware, software e servizi post-vendita. È un cambio di paradigma importante: siamo partiti dal vendere terminali e stampanti e siamo arrivati a offrire un livello di competenza più articolato e pregiato». All’interno di un costante percorso di crescita, che solamente la pandemia è riuscito a rallentare, KFI ha saputo avere sempre una visione completa del mercato, atteggiamento che le ha permesso, talvolta, anche di anticipare i tempi in un settore che ha avuto un’evoluzione importante negli ultimi anni. «Punto fermo sono i nostri collaboratori», sottolinea Caserini. «Tra quelli più storici, alcuni sono con noi da oltre 20 anni, e i nuovi è il loro know-how che deve essere valorizzato: bisogna lasciare spazio alle persone di esprimersi, integrando i reparti e favorire lo scambio di informazioni». Punto fermo è anche la costante tensione verso l’innovazione. «Siamo passati da una vendita di prodotto all’analisi dei processi che, spinti dall’e-commerce, stanno crescendo in modo significativo», aggiunge. «Nel movimentare la merce e gestire gli inventari è indispensabile essere ontime rispetto agli ordini. Quindi, tutta la filiera deve essere efficiente, senza insicurezze e buchi neri, per migliorare la performance». Con una scelta pioneristica, KFI fu tra le prime aziende 16 anni fa a introdurre l’uso della voce nella gestione della logistica in ambito GDO. «Adesso la stiamo applicando anche nel controllo qualità e nella check-list», annuncia Caserini. Per l’azienda di Binasco il futuro è oggi. Ed è un futuro che si costruisce seguendo gli stessi principi che hanno guidato KFI nei suoi 30 anni di storia: persone, contaminazione e innovazione, tre elementi che sono profondamente interconnessi. «Le idee arrivano dalle persone, indipendentemente dal ruolo che svolgono in azienda. La contaminazione è fondamentale per trovare la giusta soluzione: l’innovazione si alimenta con il dialogo e il confronto tra comparti diversi, con il lavoro in team e con un rapporto aperto con il cliente. Tutto questo permette non solo di dare risposte, ma di dare risposte nuove rispetto a quelle di ieri. E finché ci sono novità, c’è sempre da imparare».

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Binasco, KFI spiega la logistica del futuro: tra digitale e green, ma un’azienda su quattro non è pronta

Binasco, KFI spiega la logistica del futuro: tra digitale e green, ma un’azienda su quattro non è pronta. L’azienda leader nell’implementazione di soluzioni integrate per la supply chain, traccia la strada: «Nella logistica l’innovazione non è più rinviabile. Servono una vera transizione ecologica e nuove professionalità», spiega il presidente Caserini. Digitale e green: un binomio necessario e non più scindibile quando si parla di logistica. Perché «se l’innovazione 4.0 è un ormai un must davanti al quale non c’è scelta, il tema ecologico va di pari passo: non è più rinviabile e richiede un impegno concreto da parte di tutti». Carlo Caserini, presidente di KFI, azienda di Binasco (MI) da 30 anni leader nell’implementazione di soluzioni integrate per la tracciabilità e la gestione di tutte le fasi della supply chain, ha una visione chiara di quello che sarà il futuro in uno dei settori di maggiore sviluppo. «La logistica, che per anni è stata trascurata, riveste oggi un ruolo trainante nel panorama economico», prosegue. «I processi sono più attenti e accurati e possono permettere di raggiungere delle economie anche importanti se gestiti correttamente, facendo diventare questo comparto fondamentale per essere competitivi sui mercati internazionali. È un settore strategico per la sostenibilità del business; un settore con una grande evoluzione tecnologica che permette riduzione degli errori, inventari automatici e sicurezza del dato». In questo quadro, il post pandemia può rappresentare una grande occasione. Perché, se l’emergenza sanitaria ha portato a una sensibile contrazione dei fatturati delle imprese, la ripartenza inizia proprio dall’innovazione. «Purtroppo però c’è ancora un 25-26% di PMI che non sono pronte», continua il presidente di KFI. «Spesso le piccole e medie imprese vogliono recuperare il fatturato perso in pochi mesi, senza rendersi conto che questo non solamente non sempre è possibile, ma che per farlo sono necessari investimenti in termini di innovazione e digitale». Su questo fronte ci sono anche gli aiuti statali che hanno rappresentato e possono rappresentare un punto di partenza, un incentivo all’innovazione. «Occorre però chiedersi sempre se ne vale la pena. Perché i criteri posti a questi aiuti sono stati letteralmente stravolti rispetto al recente passato. Per accedervi è necessario destinare persone e risorse. Quindi la domanda non è se questi aiuti abbiano incentivato il processo 4.0, ma per un’impresa vale veramente la pena investire tempo e risorse per potervi accedere». L’innovazione non si improvvisa: è un processo che richiede tempo. E, come dice Caserini, «serviranno anni prima di andare a pieno regime. KFI però vuole anticipare i tempi: investendo sui processi innovativi introdotti dai cobot per l’automatizzazione di alcune fasi logistiche, fino all’implementazione dell’uso della voce. Un tema, quest’ultimo, che ci vede presenti già da anni sia nella gestione dei magazzini sia sul fronte del controllo qualità e della check list per la dematerializzazione dei documenti». Così il digitale diventa anche green. «Siamo azienda certificata, ma non è questo il tema. Quando si parla di green economy, solamente un’azienda su quattro è green oriented; le rimanenti tre vivono questo tema come un obbligo, un’imposizione. La transizione ecologica è una questione di cultura e di strumenti. È un atteggiamento che deve essere diffuso in tutti i comportamenti aziendali. Non basta dematerializzare i documenti riducendo l’impiego della carta; occorre la consapevolezza che questa scelta deve essere pervasiva». Ma il digitale traccia anche la strada del lavoro. «Non è vero che la digitalizzazione penalizza il lavoro: lo rende più pregiato, attiva nuova professionalità, quelle stesse che noi fatichiamo a trovare sul mercato. In un settore così dinamico e in veloce evoluzione come quello della logistica, se realmente si vuole parlare di ripartenza, deve essere azzerato il gap tra formazione e lavoro. Perché le nuove tecnologie e l’aspetto green richiedono professionalità e competenze che non possono essere messe in capo esclusivamente all’azienda. Se dobbiamo ripartire tutti, tutti dobbiamo fare la nostra parte».

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