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Fumagalli, M5S: “Singolare: respingiamo le Ong, ma negli ospedali curiamo i militari libici”

Fumagalli, M5S: “Singolare: respingiamo le Ong, ma negli ospedali curiamo i militari libici”. La questione la riassume così Marco Fumagalli, consigliere regionale Cinque Stelle in Regione Lombardia. Oggi lo abbiamo intervistato sulla curiosa vicenda dei miliziani libici curati negli ospedali italiani negli ultimi anni. Una nebulosa faccenda su cui si sono accesi in parte i riflettori per un episodio di violenza accaduto proprio tra bande libiche ospitate nelle strutture del gruppo San Donato. Ad oggi si sa quanti sono i libici ospitati negli ospedali italiani?  I controlli disposti da Regione Lombardia sono talmente insufficienti e la risposta data dall’Assessore Gallera in Consiglio così banale, che non abbiamo idea di quante persone sono ricoverate e nemmeno se sono militari o altro. Non è una novità che la Giunta Regionale cerchi di sviare l’argomento e avere un atteggiamento reticente e non sorprende, nemmeno, che si comportino in modo superficiale. Se fossero stati precisi e puntuali i dati sul numero di questi soggetti ricoverati sarebbero stati resi noti fin dal mese di novembre 2019 quando ho fatto esplicita richiesta. Che lei sappia qualcuno ha controllato che non ci fossero criminali di guerra tra loro? Dalla risposta data dal Gruppo San Donato, in data 20 dicembre, alla mia richiesta di chiarimenti si riferisce “che non sono informati dello status – militare o civile – dei pazienti per note ed evidenti ragioni di privacy”. Dato che quando si viene ricoverati si devono fornire le generalità, anche per motivi sanitari legati ad eventuali malattie professionali, mi chiedo quali procedure adottino al San Donato in fase di accettazione e quali procedura siano state adottate in relazione a questi pazienti. Evidentemente in Giunta non fanno domande. Io invece le domande le faccio e voglio capire chi erano queste persone e perché Regione non ha indagato fin dalla mia richiesta di informazioni. Le reticenze alle legittime domande e le indagine coordinate dalla Digos non possono che far pensare al peggio. Non sappiamo chi erano questi violenti che avevamo a due passi da casa nostra e sorprende che tutto ciò sia avvenuto con il beneplacito di Regione Lombardia. Regione lombardia si sta muovendo in questo senso? Sembra che la cura di questi “pazienti” libici sia stata effettuata a seguito di una richiesta dell’Ambasciata libica presso la Santa Sede. Potrebbe essere che il Vaticano abbia concesso un “corridoio” umanitario per la cura di questi pazienti. E’ singolare che le ONG che operano sui mari vengano fermate per effetto del decreto sicurezza, come nel caso della ONG al comando di Carola Rackete, mentre non meglio specificati “militari” – come riporta la stampa – vengono curati a Milano con il consenso di Regione Lombardia. La cosa ancora più strana è che i morti e feriti nel conflitto civile libico sono qualche centinaia, come riportato da fonti di stampa e dalla relazione dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Stando, quindi, ai numeri riportati dai giornali di circa cento libici negli ospedali milanesi, pare, quanto meno, improbabile che siano venuti tutti a Milano a farsi curare. E’ per questo che occorre capire quante persone sono state realmente ospitate presso il Gruppo San Donato. E’ evidente che tutta questa situazione è molto strana e sorprende l’atteggiamento di Regione Lombardia che tenta di deviare l’attenzione mediatica concentrandosi sulle responsabilità del Gruppo San Donato. È stata, infatti, comminata una sanzione contrattuale a carico del Gruppo per un utilizzo improprio dei posti letto destinati in regime di accreditamento con il servizio sanitario regionale, senza tuttavia che sia stata citata la base normativa o regolamentare a sostegno della decisione e della determinazione del quantum. Lei ha presentato un’interrogazione per avere informazioni sul tema, ha intenzione di intraprendere altre iniziative con lo stesso scopo? Andrò a fondo di questa situazione perché coerenza vuole che se si è usato il pugno di ferro con le ONG nel Mediterraneo, e allora così deve essere fatto anche per coloro che curano non meglio precisati cittadini libici a Milano. I leghisti fanno i bulli con le ONG e poi calano le braghe con chi gestisce il 40 % della sanità lombarda. Qualcosa mi dice che occorre fare chiarezza intorno a questa vicenda.

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Miliziani libici negli ospedali, M5S: “Gallera non sa quanti sono”

Miliziani libici negli ospedali, M5S: “Gallera non sa quanti sono”. A riferirlo è Marco Fumagalli, capogruppo M5S gruppo consiliare in Regione Lombardia: “Sulla questione dei militari libici al San Raffaele la Regione evidenzia tutti i suoi limiti nella gestione del controllo delle strutture convenzionate. L’assessore Gallera, infatti, ha riferito in aula che a seguito di una denuncia anonima del 24 di gennaio ha provveduto a disporre i necessari controlli. Non si capisce perché a seguito della mia interrogazione del 26 novembre 2019 sulla presenza di alcuni militari libici ricoverati sulla base di un accordo con la Santa Sede presso il Gruppo San Donato abbia omesso qualsiasi controllo. Addirittura nel rispondermi alla mia interrogazione in data 23 gennaio 2020 mi era stata consegnata la lettera del Gruppo San Donato, datata 20 dicembre, in cui il gruppo stesso dichiara che non era a conoscenza circa la natura, militare o civile, dei ricoverati. La risposta che è una mera lettera di trasmissione non ha dato nessun chiarimento in merito, ma oggi apprendiamo dalle parole dell’Assessore che si trattava di militari. Mi chiedo cosa si debba fare per attivare i controlli di Regione Lombardia e che qualifica si debba avere visto che la richiesta di un consigliere regionale viene evasa. Dalle tempistiche mi pare che ci sia stato il tentativo di coprire una situazione che poi è, però, sfuggita di mano”. Quindi: il gruppo San Donato non sa chi sta curando e l’assessore regionale al Welfare si sta informando solo grazie a una denuncia anonima su cui si sa poco. Chi l’avrà inviata? A parte gli interrogativi, che in questa storia sono sempre di più, restano alcune certezze: la prima è che nessuno sa niente. Da sette anni c’è un certo via vai di centinaia di persone e nessuno sembra saperne niente. E’ anche vero che persino l’Ara Pacis è diventato un luogo per incontri segreti invece che un semplice museo. L’altra certezza è che qualcosa si muove: grazie alla denuncia anonima le informazioni prima o poi dovrebbero arrivare. Finalmente potremo sapere quanti e quali miliziani sono stati ospitati negli ospedali italiani, strutture che è bene ricordarlo, non sono propriamente sempre vuote.   

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Miliziani libici negli ospedali senza pagare

Miliziani libici negli ospedali senza pagare. Sembra assurdo, ma è vero: c’è chi si era impegnato in questo commercio di cure e ha dovuto smettere perché lo Stato libico non lo ha pagato. Facciamo un passo indietro: in questi giorni alcuni giornalisti italiani si sono imbattuti nella questione dei miliziani libici feriti curati negli ospedali lombardi. In realtà sarebbe bastato leggere i giornali per saperlo perché la notizia di questo scambio era stata data nel 2013: il meccanismo è semplice, da una parte c’è uno Stato con molti liquidi, dall’altra uno che ha ancora ospedali funzionanti. Italia e Grecia sono state in prima fila per recuperare fondi in modo pacifico accogliendo migliaia di feriti. Un costo medio tra i dieci e i ventimila euro si stimava nel 2013. Oggi che la notizia è tornata in auge, emergono però altri dettagli: il primo è che non si capisce chi siano i feriti. Sono miliziani di quale fazione? Se due si sono spinti fino a Milano per accoltellarne un altro, di che persone parliamo? C’è qualche criminale di guerra? Terroristi? Squartatori di donne e bambine? Venditori di uomini? Perché la guerra è guerra, ma già il governo si è trovato in imbarazzo per un incontro ufficiale con uno che poi è stato indicato come un trafficante di esseri umani. Oggi però se si può sollevare un interrogativo ancora più significativo, ecco un’altra notizia: un imprenditore ha smesso l’attività di importare feriti perché dopo i primi arrivi, la Libia non lo ha pagato. Essendo uno dei tanti piccoli e medi imprenditori italiani, ha dovuto abbandonare questo commercio perché non poteva investire milioni in attesa dei pagamenti. Ma se è successo a lui, può essere successo anche agli altri? Cioè l’Italia ha curato miliziani di incerta estrazione nei propri ospedali anticipando i soldi a uno Stato ricco come la Libia? Quanti soldi abbiamo dato e quanti abbiamo ricevuto? Perché c’è anche il dubbio che per accaparrarsi il business qualcuno abbia contravvenuto alle regole delle convenzioni con le istituzioni pubbliche. Tradotto dal burocratese: c’è il dubbio che negli ospedali si siano sottratte risorse in teoria destinate agli italiani per curare i libici. E, lo ripetiamo, non si tratta di un progetto umanitario per i civili. Si parla di miliziani, gente che spara. E che come dimostra l’accoltellamento di San Donato ha portato la violenza con sé. Partecipa al sondaggio Per quale partito voterai alle elezioni amministrative di Milano  VOTA

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Arrestati due libici per furto di bagagli in Stazione Centrale

Rubavano bagagli alla stazione centrale di Milano. La polizia ha arrestato due cittadini libici, di 23 e 22 anni, per furto. I poliziotti hanno notato i due uomini che percorrevano il marciapiede del binario 5 mostrando interesse per le valigie dei viaggiatori in attesa di partire con un treno diretto a Zurigo. Poco dopo, mentre uno dei due si è posizionato vicino alla porta di una carrozza con il ruolo di ‘palo’, l’altro è salito a bordo e si è impossessato di uno zaino di un viaggiatore riposto sulla cappelliera. I due uomini hanno tentato la fuga ma sono stati bloccati dagli agenti. Lo zaino, che conteneva effetti personali e un portafogli con carte di credito, è stato restituito al turista svedese. Durante gli accertamenti, svolti con l’ausilio delle immagini del sistema di videosorveglianza presente in stazione, è emerso che i due erano responsabili di altri furti e che uno dei due arrestati è responsabile dello stesso reato nella stazione di Roma Tiburtina.  

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