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Piscina (Lega): cosa fa Sala contro le infiltrazioni mafiose?

“La Lega è seriamente preoccupata per la presenza di infiltrazioni mafiose all’interno della gestione del mercato Comunale del quartiere Isola. Spiace constatare che il Sindaco non lo sia in altrettanto modo. È necessario fare chiarezza e predisporre le dovute verifiche sul funzionamento dei sistemi di assegnazione dei bandi comunali”, interviene Samuele Piscina, Consigliere comunale di Milano e Segretario provinciale della Lega. “14 arresti disposti dalla Procura di Milano per infiltrazioni mafiose all’interno del mercato comunale dell’Isola e il Sindaco di Milano cosa fa? Riesce solamente a dire che è positivo che la Procura faccia bene il proprio lavoro e che è risaputo che a Milano ci siano le mafie. Ovviamente ringraziamo la Procura e la Guardia di Finanza per aver svolto eccellentemente il loro lavoro, ma davvero non è venuto in mente al Sindaco di predisporre immediatamente delle contromisure per evitare che società che vincono appalti del Comune possano poi facilmente subappaltare le attività alla malavita organizzata? Quante altre strutture comunali sono nella stessa situazione?”. “Se gli stessi fatti si fossero verificati durante il mandato di un’amministrazione di centrodestra, la sinistra sarebbe scattata sulle barricate, chiederebbe la testa di tutti gli amministratori e lo scioglimento del Consiglio Comunale stesso. Fa specie che se le mani dell’ ‘Ndrangheta finiscono sui mercati comunali quando amministra la sinistra, sia tutto quasi normale. Chiediamo subito la convocazione di una commissione Consiliare Antimafia che possa analizzare accuratamente quanto accaduto affinché si possano adottare le contromisure necessarie e svolgere le dovute verifiche così che tale vergogna possa essere evitata in futuro”, conclude Piscina.

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Ndrangheta, Camorra e Mafia: blitz della Dda di Milano

Siete stanchi di sentir parlare di mafia e criminalità organizzata nel Bel Paese? Purtroppo non abbiamo buone notizie per voi. La Direzione Distrettuale Antimafia di Milano ha appena portato a termine un’importante operazione che ha sgominato una rete criminale composta da uomini legati a Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra. Undici persone sono finite in manette, beni per 225 milioni di euro sono stati sequestrati e 153 indagati. Numeri da capogiro che dimostrano ancora una volta come la malavita organizzata sia ben radicata al Nord, pronta ad approfittare della ricchezza della Lombardia. Le forze dell’ordine di Milano e Varese hanno condotto un’importante operazione contro la criminalità organizzata che ha portato all’arresto di undici persone e al sequestro di beni per 225 milioni di euro. L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, ha preso di mira i gruppi mafiosi come Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra. Gli investigatori hanno scoperto una fitta rete di rapporti tra diverse cosche che operavano in Lombardia e che erano dedite ad attività come estorsioni, usura, traffico di droga, riciclaggio di denaro e intestazione fittizia di beni. Le indagini hanno portato alla luce i legami tra clan calabresi, campani e siciliani che gestivano affari in comune, scambiandosi favori e appoggio. I Carabinieri hanno sequestrato conti correnti, immobili, società e auto per un valore complessivo di 225 milioni di euro frutto delle attività illecite delle organizzazioni criminali. L’operazione ha inferto un duro colpo alle mafie che da tempo hanno messo radici al Nord, infiltrandosi nell’economia legale ed espandendo i propri interessi. La DDA di Milano continuerà la lotta senza quartiere contro la criminalità organizzata che minaccia la sicurezza e lo sviluppo della società. Se stai leggendo questo, probabilmente hai sentito parlare delle recenti retate in Lombardia che hanno portato all’arresto di persone legate alla mafia. Per capire la portata di questa operazione, è necessario conoscere alcuni dettagli chiave. I 153 indagati sono affiliati a Cosa Nostra (la mafia siciliana), alla ‘Ndrangheta (la mafia calabrese) e alla Camorra (la mafia campana). Queste sono le tre organizzazioni mafiose più potenti e violente in Italia, dedite ad attività come estorsione, traffico di droga, riciclaggio di denaro e omicidio. Gli indagati devono rispondere di una lunga lista di reati: associazione mafiosa, estorsione, usura, riciclaggio, traffico di stupefacenti, intestazione fittizia di beni e violenza privata. Alcuni sono anche accusati di aver commissionato omicidi e di aver costretto imprenditori alla bancarotta. Nell’operazione sono stati sequestrati beni per un valore di 225 milioni di euro, tra cui ville di lusso, conti bancari, gioielli, auto e aziende. Ciò dimostra quanto queste organizzazioni criminali siano riuscite ad accumulare potere e ricchezza illecita nel corso degli anni. È una vittoria importante nella lotta contro la criminalità organizzata in Lombardia. Anche se gli indagati sono ancora innocenti fino a prova contraria, questo blitz rappresenta un duro colpo alle mafie italiane e un segnale positivo per la società. La strada è ancora lunga, ma ogni successo ci avvicina a un futuro libero dalla morsa di queste pericolose organizzazioni criminali.

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Droga e mafia: 20 arrestati

Gli agenti della Polizia di Stato, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Brescia, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 20 persone (15 in carcere e cinque agli arresti domiciliari), albanesi e italiani, accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso e dall’uso delle armi. L’operazione, condotta dagli agenti della Sezione Antidroga della Squadra Mobile di Milano, è iniziata a settembre 2019 quando, seguendo un possibile canale di fornitura di droga della piazza di spaccio di Pioltello (Milano), i poliziotti sono risaliti a persone, di origini albanesi, dimoranti in alcuni comuni della Bassa bergamasca. L’attività è stata svolta con l’aiuto degli uomini delle Squadre Mobili delle Questure di Bergamo, Brescia, Bolzano, Novara, Rimini, Varese e del Reparto Prevenzione Crimine della Lombardia. ANSA

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Da quadrilatero della Moda a quadrilatero della Mafia

Da quadrilatero della Moda a quadrilatero della Mafia. Un quartiere simbolo di Milano come la zona di Montenapoleone si è infatti improvvisamente risvegliata diversa grazie all’operazione della Polizia di Palermo che ha sequestrato un paio di milioni di euro a Gaetano Fontana, 45 anni, ritenuto dagli investigatori esponente della famiglia mafiosa dell’Acquasanta. Tra i beni che gli sono stati confiscati c’è infatti “un’impresa commerciale attiva nel settore della gioielleria, con sede a Milano nel cosiddetto “quadrilatero della moda”, formalmente intestata alla convivente, ma di fatto riconducibile a Fontana. Oggetto della confisca è anche il complesso aziendale della società: numerosi orologi di lusso, gioielli (orecchini, collane, bracciali e anelli in materiali e pietre preziosi), gemme sfuse, alcuni dei quali ritrovati a seguito delle operazioni di perquisizione e sequestro eseguite dai finanzieri di Palermo nelle abitazioni dello stesso Fontana e del fratello e la sorella Angelo e Rita, nell’ambito dell’operazione denominata “Coffee Break” nel maggio 2019. Un altro bello schiaffone per la Milano che vuole raccontarsi buona e bella come un mito dell’antica Grecia. Ormai il capoluogo lombardo ha un sindaco diventato famoso per diverse dimenticanze come il terreno “agricolo” in Liguria, la società immobiliare nei paesi slavi e per aver truccato le carte della più importante manifestazione fieristica italiana e internazionale degli ultimi decenni. Per non parlare degli altri processi sulla gestione delle banche da parte dei Bazoli con cui si è messo. Il comandante dei vigili silurato malamente in una vicenda di influenze non chiare tra potere politico e potere giudiziario. Una capa dell’UPG mandata in tutta fretta a Roma perché sottoposta a indagine per una storia poco trasparente sulle donazioni ricevute dalla polizia di Stato. Per finire con il Procuratore Capo Francesco Greco indagato per la brutta storia della Loggia Ungheria. Insomma, dopo cinque anni di Sala e di sinistra, Milano si ritrova devastata a livello istituzionale. L’unica istituzione rimasta a tenere alta la bandiera tra mille difficoltà è la Prefettura guidata da Renato Saccone. Per il resto la capitale dell’economia italiana è in ginocchio: la sinistra ha distrutto la credibilità del Comune, della Questura e della Procura. Ha smantellato un sistema viabilistico che permetteva di entrare e uscire agilmente dalla città con qualunque mezzo. Ha lasciato le strade a sé stesse e si prepara pure a vendere ai francesi la parte dedicata all’energia pulita di A2A, cioè il futuro economicamente più conveniente. Ora con la bruttissima vicenda di Fontana (il nome non porta benissimo in Lombardia) pure il Quadrilatero della Moda cade e diventa un altro posto in cui fiorisce il malaffare originale. Quello tipicamente italiano, direbbe Stannis La Rochelle. Un disastro su tutta la linea. O in una parola: macerie. Non è tutta colpa di Sala, sia chiaro: prima c’è stato Pisapia. E dopo dieci anni di governo di sinistra, la città è a pezzi. Non è un caso che nonostante sia una regione primaria a livello mondiale per il settore Pharma, l’agenzia europea abbia scelto l’Olanda. Perché deve esserci credibilità istituzionale, oltre ai semplici numeri. Fama che Milano sta perdendo. Un pezzo alla volta. Di aperitivo sui Navigli in aperitivo sui Navigli.

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Gli affari della mafia a Milano, 91 arresti

Sono nomi noti da decenni agli inquirenti quelli finiti nell’inchiesta della Finanza di Palermo che oggi ha portato a 91 arresti tra boss, gregari ed estortori dei clan dell’Arenella e dell’Acquasanta. Come i Fontana, “famiglia” storica di Cosa nostra palermitana descritta dal pentito Tommaso Buscetta come una delle più pericolose. Da tempo i fratelli Angelo, Giovanni e Gaetano Fontana vivono a Milano dove hanno spostato il centro dei loro affari e riciclano denaro sporco proveniente da estorsioni, traffico di stupefacenti e controllo del gioco d’azzardo. Gli inquirenti parlano di una vera e propria delocalizzazione al nord che la “famiglia” ha realizzato grazie ad una rete di complici e ai patrimoni accumulati. L’operazione di delocalizzazione riguarda diverse attività commerciali tra cui anche attività di produzione e commercio del caffè, con un trasferimento delle aziende da Palermo a Milano, che ha goduto delle complicità di imprenditori lombardi. I fratelli Fontana avevano anche messo su una redditizia attività imprenditoriale a Milano di commercio di orologi di lusso, attraverso società italiane ed estere gestite tramite prestanomi: denaro a fiumi e riciclaggio dei soldi sporchi della cosca anche grazie alla complicità di un commercialista milanese. C’è anche un ex concorrente del Grande Fratello tra gli indagati nell’inchiesta della dda di Palermo sui clan mafiosi dell’Arenella e dell’Acquasanta. E’ Daniele Santoianni, che ha partecipato alla decima edizione del reality, e che ora è ai domiciliari con l’accusa di essere un prestanome del clan. Santoianni era stato nominato rappresentante legale della Mok Caffè S.r.l., ditta che commerciava in caffè, di fatto nella disponibilità della cosca. “Con ciò – scrive il gip – alimentando la cassa della famiglia dell’Acquasanta e agevolando l’attività dell’associazione mafiosa“. ANSA

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La mafia dei poveri si diffonde a Milano

La mafia dei poveri si diffonde a Milano. Tre giorni fa la polizia ha arrestato un bengalese di 31 anni che chiedeva il pizzo ai venditori abusivi in zona Stazione Centrale. Chiedeva pochi soldi, ma con tanta violenza che gli stessi ambulanti hanno deciso di sporgere denuncia. Ma se questo è un caso isolato, esistono altri segnali di una comunità che sta cambiando pelle: ad aprile su questo giornale vi abbiamo raccontato di una bomba carta tirata contro un “bangla”, il nomignolo usato per indicare uno dei tanti negozietti di alimentari gestiti da bengalesi, indiani o cingalesi. Il motivo del gesto era molto semplice: il gestore si era rifiutato di pagare il pizzo. Ma non a qualche mafia nostrana, bensì a quella d’importazione, la stessa che poche settimane prima della bomba carta aveva pestato un altro in zona viale Stelvio che aveva tentato di opporsi alle richieste di denaro. Anche in questo caso si tratta di richieste molto basse, decine di euro al mese tendenzialmente, ma come ha rilevato Eleonora Montani, docente di criminologia della Bocconi, i metodi sono simili a quelli della nostre mafie: organizzazione, controllo del territorio, uso della violenza. Una mafia del sud est asiatico di cui anche le comunità di riferimento iniziano ad aver timore: un membro autorevole della comunità cingalese ha confermato all’Osservatore che tutti ormai ne hanno sentito parlare, anche se per fortuna non si hanno notizie di coinvolgimenti diretti. Per ora sembra più una mafia di origine bengalese, anche se alcuni caratteri non sono certi: nemmeno i carabinieri sono riusciti a venirne a capo per il momento. E’ stata avviata un’indagine proprio per cercare di beccare questi mafiosi in salsa asiatica, ma le maglie delle comunità del sud est asiatico sono persino più strette di quelle di altri gruppi etnici. La voce però è arrivata anche ai militari e si cerca il modo di occuparsene. Sicuramente la situazione è già oltre il livello di guardia per gli aspetti sociali: si parla infatti di comunità che fino a oggi erano state molto pacifiche sia internamente che esternamente. Gli unici disagi venivano registrati in alcuni quartieri dove i “bangla” diventavano il punto di riferimento per chi voleva acquistare birra e alcolici tutta la notte. La diffusione di una mafia bengalese sembra però un passo deciso verso il basso che tra l’altro sembra prendere piede anche in altre parti d’Italia: a Napoli due uomini, che al momento non risulta fossero in contatto con i “milanesi”, sono stati arrestati perché pretendevano una tangente da 200 euro al mese dai connazionali. Un fenomeno dunque che si sta ampliando con la stratificazione e l’inclusione delle comunità nel tessuto socio-economico nazionale.

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