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Dopo il Manzoni occupato il Severi Correnti

Gli studenti dell’istituto Severi Correnti di Milano hanno deciso in una assemblea nel cortile questa mattina una giornata di occupazione della scuola, decisione che arriva dopo l’occupazione dal 10 al 15 gennaio scorsi del liceo Manzoni. Sull’occupazione i ragazzi hanno già creato una pagina instagram con una foto dell’assemblea e poi nelle stories quelle delle attività in programma nella giornata, dal cineforum, al collettivo ‘riuso, riciclo e fast fashion’ a ‘energia nucleare e crisi energetica’. E nelle storie hanno spiegato che “la presidenza ci ha chiuso tutte le classi del Severi quindi abbiamo spostato i collettivi al Correnti e nel cortile’. Sul posto sono arrivati gli agenti del commissariato Sempione che hanno aperto i lucchetti con cui erano stati chiusi i cancelli della scuola e hanno permesso l’ingresso del personale. ANSA

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Non perdiamo il senso della scuola

Non perdiamo il senso della scuola. In questi giorni infatti si torna a discutere di scuola. Una in particolare, il liceo Manzoni, ma il discorso vale per tutti. Perché dopo un anno di cazzeggio qualcuno pare aver perso il senso dell’istruzione: a scuola si va per studiare ed essere valutati. Un primo gradino di quella che sarà tutta la vita, con la differenza che a scuola si può sbagliare. Ma dopo un anno di tromboni che ripetevano che il punto della scuola è la socializzazione, ora gli studenti del Manzoni li hanno presi sul serio e hanno occupato il loro liceo per protestare contro le troppe verifiche e interrogazioni. Perché, come hanno sentito ripetere ai genitori: la scuola è soprattutto socializzazione. Mica essere valutati. Diamo i voti in base a chi è il più simpatico, tanto anche la politica nazionale è gestita da comici (più o meno ufficiali) da anni. Crescere una generazione di simpatici buffoni potrebbe essere una strategia vincente. Si scherza. Ovviamente. Per non piangere. Perché non perdiamo il senso della scuola: “Speravo di sbagliarmi, invece si è avverato quello che avevo previsto e temevo accadesse. Gli studenti di un liceo milanese, dopo averlo occupato per mesi chiedendo di tornare a fare lezioni in presenza, oggi lo hanno rioccupato per protestare contro le troppe interrogazioni e verifiche che sono state assegnate – ha commentato Otello Ruggeri di FdI – Geniali le motivazioni che hanno addotto: “Pretendiamo che in presenza ci si confronti e si socializzi, non che il tempo venga sprecato a mettere voti”. Scemo io che pensavo che a scuola si andasse per studiare, ma evidentemente in questa Italia il merito non è più un valore di riferimento”. Ma la verità è che nella società moderna la scuola è un parcheggio per i figli. Più ci stanno, meno i genitori hanno preoccupazioni e possono lavorare tante ore al giorno. Una sorta di collegio per poveri, dove lo Stato di fatto sostituisce le bambinaie di una volta o la scuola privata. Ma sono gli effetti di un pensiero moderno che ci voleva tutti divisi, genitori, nonni e nipoti. Tutti in piccole case a preservare la nostra individualità dai consanguinei, visti ormai solo come un problema da evitare. Così i nonni si parcheggiano nella Rsa (che infatti fanno ricchi affari da anni) i figli a scuola e noi possiamo andare a lavorare per stipendi da fame se paragonati a quelli di altri Paesi sviluppati. Ma così si è perso il senso: il senso della famiglia e dei gruppi umani in generale in favore di un non meglio precisato benessere da godersi da soli. E la stessa vuota filosofia è stata passata ai figli che a quanto pare hanno capito che a scuola ci si va per socializzare. Forse però siamo ancora in tempo. Perché il caso del Manzoni è singolo, ma è come il primo starnuto prima del raffreddore. Se ci copriamo, evitiamo il peggioramento. E magari non perdiamo il senso della scuola.

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Majorino “avverte” Regione sulle Rsa: “Verrà il giorno”

Majorino “avverte” Regione sulle Rsa: “Verrà il giorno”. Verrà cioè il giorno in cui ci sarà la resa dei conti con Regione Lombardia perché secondo l’europarlamentare del Partito Democratico c’è una strage in atto e i responsabili sarebbero a Palazzo Lombardia. Quindi Majorino rilancia parafrasando il “Verrà un giorno” di Padre Cristoforo che nel racconto manzoniano mise in ansia Don Rodrigo. La battaglia dell’ex assessore ai Servizi Sociali, nonché ex unico vero sfidante delle primarie con Sala, è iniziata su Facebook da qualche giorno, per arrivare al climax dell’avvertimento: 5 aprile – Va fermata la strage nelle Case di riposo lombarde. Vanno subito tolte da Regione. Attraverso l’intervento delle Prefetture. Enti locali, terzo settore, enti gestori devono far parte di comitati di lavoro comuni. Il personale va reperito in tutti i modi. 6 aprile – In Europa è in corso una battaglia durissima per avere nuove risorse a sostegno dei soggetti travolti dall’emergenza sanitaria. E per garantire la ricostruzione. Stiamo insistendo in tanti per una svolta sul piano sociale, economico e finanziario. Ma l’Europa è anche un luogo dove parlare del disastro lombardo. Per cercare nuove soluzioni e perché non si cancelli quel che sta accadendo. Per questo, appena le circostanze lo consentiranno, organizzerò un viaggio a Bruxelles di parenti di persone decedute nelle RSA, operatori delle Case di riposo, rappresentanti di quel mondo di operatori che sta chiedendo ascolto, attenzione, mezzi strumenti. 7 aprile – Sul PAT giorno dopo giorno emerge un quadro terribile. Il fatto che i numeri dei decessi in tante Case di riposo siano molto peggiori non toglie nulla alla necessità assoluta che si faccia chiarezza in modo limpido. Senza guardare in faccia a nessuno. Continuo a dire, al momento inascoltato, che prima si toglie dalle mani di Regione la gestione delle RSA lombarde in questa emergenza meglio è. Ci vogliono ispezioni a tappeto dal Ministero e l’intervento delle Prefetture. Majorino “avverte” Regione sulle Rsa: “Verrà il giorno”. Ma forse è anche un modo per mettere le mani avanti sulle prossima campagna elettorale. Non è un mistero che Giulio Gallera possa essere il prossimo candidato del centro destra milanese, ma è certo che sarebbe in difficoltà se dovesse subire un “processo pubblico” per disfunzioni del sistema a cui si possono addebitare morti.

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