Mancata zona rossa ad Alzano: indagati Cajazzo e Salmoiraghi

Mancata zona rossa ad Alzano: indagati Cajazzo e Salmoiraghi. Ci sono anche l’ex direttore generale della Sanità lombarda, Luigi Cajazzo, il suo ex vice Marco Salmoiraghi, e una dirigente dell’assessorato, Aida Andreassi tra i nomi iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Bergamo nell’ambito dell’inchiesta sulla mancata zona rossa di Alzano Lombardo e Nembro. Oltre a loro, risultano indagati anche Francesco Locati e Roberto Cosentina, il direttore generale e il direttore sanitario della Asst Bergamo Est. I due dirigenti sanitari bergamaschi hanno avuto un ruolo chiave nella gestione della chiusura e, dopo poche ore, della riapertura del pronto soccorso dell’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano, dove il 23 febbraio scorso erano arrivati dei pazienti con i sintomi del Covid.Proprio per cercare di far luce su quanto successo gli ultimi giorni di febbraio e i primi di marzo ad Alzano e Nembro e nel resto della Val Seriana, flagellata dal virus molto più di altre aree della Lombardia, la Guardia di Finanza di Bergamo ha acquisito materiale informatico, scambi di email e chat contenute nei telefonini dei dirigenti regionali. Lo stesso hanno fatto anche con il contenuto del telefono dell’assessore al Welfare Giulio Gallara, che non è indagato. In particolare, le Fiamme Gialle si sono concentrate sugli scambi di messaggi avvenuti tra febbraio e giugno, il periodo più critico della pandemia. “Le operazioni si sono svolte in un clima di massima collaborazione senza necessità di procedere a perquisizioni”, fa sapere in una nota la Procura. Anche del “materiale informativo nella disponibilità del presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro” è stato acquito nel corso della giornata dalla Gdf, nella sede dell’Iss a Roma. Nell’ambito dell’indagine per epidemia colposa, nei mesi scorsi sono state sentite una serie di persone, tra cui anche il governatore Attilio Fontana, l’assessore Gallera e il premier Giuseppe Conte. L’obiettivo dei pm guidati da Cristina Rota, è ricostruire cosa sia accaduto nella struttura sanitaria nei giorni in cui l’emergenza ha cominciato a colpire la provincia di Bergamo. E soprattutto capire perché – anche se i sindaci avevano chiesto di circoscrivere le zone dove il contagio mordeva di più – si sia invece preferito aspettare, per poi istituire un lockdown generale.In Procura era già stato sentito a verbale anche l’ex dg Cajazzo, che aveva riferito ai pm che la decisione di riaprire il pronto soccorso di Alzano, dopo aver individuato i primi casi di coronavirus, “era stata presa in accordo con la direzione generale della Asst di Bergamo Est”. Decisione che era arrivata dopo aver accertato che era “tutto a posto”: i locali sanificati e predisposti “percorsi separati Covid e no Covid”. Una versione che però è stata smentita da un’inchiesta giornalistica del Tg1 che il 10 aprile aveva mandato in onda un servizio in cui un medico presente alla riunione del 23 febbraio raccontava che a decidere era stato Cajazzo. “Il 23 febbraio è arrivata la chiamata del direttore generale dell’assessorato al Welfare Cajazzo – aveva raccontato il medico davanti alle telecamere – che ha detto: non si può fare, perché c’è almeno un malato di Covid in ogni provincia, non possiamo chiudere oggi Alzano, tra due ore Cremona…Quindi riaprite tutto”.

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