Sala, megafono di una strategia con le braccia a Roma e la testa a Bruxelles

Nonostante il Sindaco Sala sia la massima autorità in fatto di salute pubblica nella nostra città, dopo avere fatto una serie di grossolani errori durante la fase iniziale della pandemia, assumendo atteggiamenti che sfiorarono il negazionismo, è in seguito riuscito a sfangarla usando la tattica del far nulla così non si sbaglia mai. Un metodo che, agli occhi di molti milanesi smemorati e poco attenti, lo autorizza a criticare ogni giorno che scende in terra quanto avviene a Palazzo Lombardia. Iniziative come “Milano non si ferma” e ”abbraccia un cinese”, possono sicuramente essere considerate errori veniali (in cui caddero anche partiti di cdx) dovuti alla disinformazione e a una certa arrogante imprudenza, ma quanto accaduto – o meglio non accaduto in seguito – è la plastica rappresentazione dell’immobilismo di Palazzo Marino, dove hanno al massimo pensato che bastasse disseminare Milano di dehors, per risolvere i problemi dei ristoratori, o di tracciare ovunque improbabili piste ciclabili, per evitare gli assembramenti sui mezzi pubblici, con l’unico risultato di rendere più caotico il traffico di una città praticamente deserta. Senza dimenticarsi il colpevole ritardo con cui furono sospese Area B e Area C. Un disastro insomma, che non può essere certo mascherato dall’attivismo dei centri sociali o delle associazioni di volontariato, il cui impegno ed eventuali meriti non possono essere attribuiti alla Giunta Sala. A compendio di questo “bel far nulla” viene il divieto di fumare in pubblico che scatterà domani. Un provvedimento che nel “palazzo” sanno andrà a incidere su una popolazione già sufficientemente stressata, così, intuendone l’impopolarità, hanno evitato di pubblicizzarlo, nel mentre consigliavano alla Polizia Locale di applicarlo “cum grano salis”, ricevendo in risposta dalla stessa l’invito di mandarci gli assessori a multare gli ultras che fumano nelle curve di San Siro. Nonostante tutto questo, Sala continua a parlare, e lo fa quasi sempre attaccando Regione Lombardia, facendo da megafono milanese di una strategia che ha le braccia a Roma e la testa a Bruxelles.

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