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Melchiorre Gioia diventa un luogo di ritrovo

Melchiorre Gioia diventa un luogo di ritrovo. La chiusura della prima parte del viale che porta dal cuore della città alla zona nord est è diventata l’occasione per riscoprire una nuova funzione a un trafficato e caotico viale. A iniziare sono stati dei ragazzi che hanno riutilizzato lo spazio liberato per una partita di pallone, poi è toccato a un gruppo di giovani che hanno deciso di organizzare un ritrovo una decina di giorni fa. Ora anche una piccola associazione milanese ha provato a richiamare chi è rimasto a casa per un pic nic serale nel mezzo della città. Il luogo in effetti si presta molto alle necessità: la strada è immersa in uno spazio lontano dalle abitazioni, intorno ci sono solo aree verdi, la biblioteca degli alberi e l’area verde verso Centrale, dunque qualunque agglomerato di persone non rischia di infastidire il riposo di nessuno. Inoltre si trova a metà tra due fermate della metropolitana, dunque è raggiungibile da diverse persone con la comodità e la sicurezza dei mezzi pubblici. In più è appunto immersa a suo modo nel verde. Per chi poi volesse raggiungerla con mezzi privati, tutto intorno ci sono vie ad alta percorrenza, dunque anche in questo caso è facile raggiungerla. La reazione dei milanesi va dunque considerata, non pensiamo sia davvero il caso di aprire una nuova zona Darsena, ma visto che l’Amministrazione ha avviato da tempo la logica dei cambiamenti temporanei potrebbe essere un fatto positivo. In fondo la programmazione dei lavori prevede che il viale prima o poi riaprirà (siamo cauti solo per gli eventuali ritardi) dunque non c’è comunque rischio di allargare la zona della movida di Corso Como. Però è il caso di porsi una domanda: sarebbe poi tanto un male se si allargassero le zone dedicate allo svago e a ritmi più lenti a scapito di quelle riservate ai rombi inquinanti di auto spesso ferme in ingorghi?  

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E se Melchiorre Gioia restasse chiuso?

E se Melchiorre Gioia restasse chiuso? In questi giorni agli scioperi estivi e ai tradizionali lavori stradali che esplodono in agosto si è aggiunta la chiusura per un mese di via Melchiorre Gioia. E proprio nel tratto in cui si congiunge con l’asse di viale Sturzo. Un ulteriore disagio per i milanesi, e non, rimasti a lavorare mentre il resto delle persone è già al mare o in montagna: quella infatti è una delle arterie principali che portano anche tutti i pendolari del nord Est di Milano nel cuore del capoluogo. Migliaia di persone che tutti i giorni percorrono tutta quella lunga via che parte da Garibaldi e arriva fuori dal capoluogo meneghino. Impedire questo flusso in pianta stabile sarebbe senz’altro un cambiamento molto impegnativo, ma siamo sicuri che la città non se lo possa permettere? Siamo in un momento di grande espansione per Milano. I privati hanno appena investito per creare altre torri e aree verdi che andranno a completare il Progetto Porta Nuova. Un quartiere del tutto nuovo che sta già creando le sue vittime, ma che indubbiamente sta rinnovando anche in senso positivo la vita delle persone: in questi giorni abbiamo visto una foto di ragazzi che hanno trasformato la zona bloccata in un campetto da calcio improvvisato. Un segno che Milano ha anche voglia di vivere oltre che di pensare a fatturare. E se Porta Nuova lasciasse la circolazione modificata in questo senso? Sarebbe poi davvero una tragedia se si iniziassero a chiudere i vialoni come Melchiorre Gioia? In fondo sono il risultato di un cambiamento della città in un altro periodo storico, quello in cui si passava all’età industriale intesa come fase finale dello sviluppo della macchina a vapore. All’epoca  si  chiusero i Navigli per aprire la strada alle auto. Oggi si può contare su un servizio pubblico sempre più in espansione e con integrazioni biocompatibili come i motorini elettrici di diverso tipo. L’auto non è davvero necessaria a nessuno all’interno di Milano, a patto che si potenzino  i servizi  aggiuntivi e  si smetta di piegarsi alla violenza dei taxi. Le città moderne hanno bisogno e diritto a  un servizio come Uber,  continuare a vivere nel terzo mondo per  una categoria che vive nell’illegalità del commercio delle licenze è inaccettabile. Quindi torniamo al punto: e se Melchiorre Gioia restasse chiuso? E lo scriviamo noi che viviamo oltre al blocco, giusto per informazione dei probabili haters in ascolto. Non prendiamo posizione a favore della chiusura, ma ci permettiamo di sollevare un dubbio.  

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Le edicole chiudono e si parla di scalatori

Le edicole chiudono e si parla di scalatori. Su tutte le testate principali si parla di scalatori impegnati nella pulizia e restauro del Duomo di Milano. Sicuramente una notizia, di quelle “la gente se la legge”, però come possiamo lasciar stare le edicole in via di chiusura? Secondo una recente inchiesta di Repubblica, ne chiudono due al giorno. E le edicole pure sono ormai solo 11mila, si arriva a 27mila punti vendita contando i supermercati, bar e altro. Un quadro già inquietante per chi dovrebbe voler pubblicare giornali: senza una rete di distribuzione sarà sempre più difficile. E la rete internet non può sostenere da sola il mercato della stampa. Eppure tutti contenti a parlare del Duomo su cui tutti guardano gli scalatori che lavorano. L’attività degli uomini ragno funziona ed è interessante, perché potrebbe portare una nuova generazione di muratori in pianura aprendo un mercato che non c’era e che potrebbe liberare le città dall’orrore dei ponteggi.  Si garantirebbero lavori più rapidi e senza queste foreste di pali che spesso adornano i marciapiedi milanesi. Quindi senza dubbio un’ottima notizia, se girata con questo taglio e magari corredata da un servizio sui ponteggi. Ma alla fine, non era meglio riciclare la vecchia abitudine di sposare cause giuste per una volta? E quale causa più giusta oggi di difendere i presidi territoriali di un sistema in difficoltà? Noi, per quanto sembri fuori posto essendo online, ci proviamo con l’edicola di Melchiorre Gioia. Ve ne abbiamo raccontato già perché viene messa a rischio la sua sopravvivenza dalla nuova Milano scintillante made in Manfredi Catella. L’accordo tra Coima sgr e il Comune di Milano prevede infatti l’allontanamento dell’edicola, ma la zona proposta, sostiene l’edicolante, sarebbe fatale per la sua attività. L’uomo ha provato a ipotizzare altri sette spostamenti, ma dall’Amministrazione fanno orecchie da mercante. L’edicola deve spostarsi verso piazza della Repubblica, dicono. Ma le ultime due della zona sono fallite, dunque più che un spostamento sembra una chiusura sicura. Francesco a due anni dalla pensione vede dunque il rischio di vedersi sfilare il lavoro proprio dal Comune.  

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