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Metro5: a Garibaldi è, ancora, rotta

Metro5: a Garibaldi è, ancora, rotta. Sembra un paradosso, ma le prime due mattine dopo le ferie natalizie corrispondono a due giornate da incubo per i pendolari della metropolitana 5, o linea Lilla. La metro modernissima, automatica e simbolo della Milano rutilante del presente, non funziona. Centinaia di persone sono in coda di fronte alle scale mobili e alle scale normali: sono almeno due gli accessi limitati, sia in entrata che in uscita dalle banchine di Garibaldi. Una situazione surreale se si pensa che l’Amministrazione ha appena aumentato il costo del biglietto a 2 euro, ma continua a erogare mezzo servizio. Passi qualche porta non funzionante dei treni, almeno serve per ridere degli wombies da smartphone, ma poi gli accessi devono esserci. Passi lo sciopero che per la metro automatica ha sempre tempi più lunghi che per quelle tradizionali, ma quando è aperta deve funzionare. Di infrastrutture però non si può parlare, non importa come abbiamo segnalato più volte che le scale mobili siano sempre in manutenzione, soprattutto se in relazione al fatto che chi le ha costruite è lo stesso giro finito nei guai per le mazzette sugli appalti delle scale mobili della metro 3. Tutto bene: Sala e i suoi hanno comandato che il sistema di trasporto pubblico funziona e la stampa, che in Italia ha ben appreso la lezione dello scorso Ventennio, ripete. I treni frenano senza motivo, le scale mobili sono rotte, le persone in stampelle devono scendere senza aiuto, i biglietti costano sempre di più, ma va tutto bene. In fondo i giornalisti non prendono i mezzi di primo mattino, quella è una sfiga riservata a chi deve andare in ufficio e poi magari pagare pure i giornalisti per un servizio scadente. Perché dovrei comprare un giornale se tanto mi trovo al massimo vecchi e nuovi tromboni che scrivono di Rula Jebreal come se fosse veramente un tema di importanza primaria? Qui i cittadini sono spremuti come limoni e usati come bancomat ad ogni occasione. E i giornali gli chiedono pure di essere comprati, così possono continuare a parlare della crisi economica tra un aperitivo in Brera e una prima della Scala. Ma i vari Fabio Terragni, Stefano Siragusa e Giovanni D’Alò non rispondono mai dei lauti stipendi presi? Noi stiamo acquisendo sempre più informazioni e abbiamo fatto partire i primi esposti. Ora ci muoveremo per una class action che coinvolga in ogni modo possibile anche gli amministratori di questa infrastruttura. Loro e relativi patrimoni personali di cui, se non riusciremo a pignorarne una parte, cercheremo almeno di parlarvene approfonditamente. Così sapremo dove sono finiti i due euro che pretendono per ogni viaggio.  

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Piove e la Metro 5 ha gli accessi ridotti

Piove e la Metro 5 ha gli accessi ridotti. Uno dei simboli della rinascita milanese è perennemente in panne: se non sono le scale mobili, sono i distributori automatici di biglietti o i tornelli. E se per sbaglio per qualche benedizione celeste la metro automatizzata decide di allinearsi allo storytelling del sindaco Giuseppe Sala, ecco che arriva la pioggia e costringe gli addetti a chiudere le uscite. L’ultima costruita dal celebratissimo studio di progettazione di Metropolitana milanese, la Metro Lilla è la peggiore: essendo nuova ci si aspetterebbe una quantità di guasti a tutti i livelli molto molto bassa. Invece i disservizi continuano, come per altro molte infrastrutture costruite da società tecnicamente fallite. Eppure pare che nulla si possa fare: rimettere mano a un progetto di quelle dimensioni vorrebbe dire spendere una marea di soldi. Senza contare che alcuni difetti, come la curva tra Isola e Garibaldi, non possono essere aggiustati a meno di non ricominciare tutto da capo, scavo compreso. La fortuna di Milano e di Astaldi è che un “potere forte” come Pietro Salini sarebbe anche disposto a caricarsi il carrozzone: vista la solidità data al gruppo Salini-Impregilo dal suo profilo internazionale, avrebbe le risorse per risanare quanto c’è da risanare e magari allungare pure la metro contribuendo a avvicinare i cittadini della città metropolitana. Altrimenti la triste fine della Metro 5 rischia di essere quella di Expo e di tante altre opere “made in Sala e amici”: un lento degrado che viene oscurato il tanto che basta per permettere ai manovratori di non essere fermati nella corsa a un potere sempre più ampio. Il conto, da  buona tradizione italiana, lo pagheranno altri in un altro momento. Quando magari saranno passati gli anni per la prescrizione: la domanda è seria, se un’opera è stata costruita male con i soldi pubblici perché non si possono cercare i responsabili ora? Forse è il momento di indire una class action contro chi ha usato i soldi di tutti per costruire “male” una metropolitana. Perché si creano solo comitati per lamentarsi del rumore o dei disagi quando vengono costruite le metropolitane e poi ci si rassegna a un servizio dagli evidenti limiti? Milano merita di più, molto di più. Magari anche progettisti migliori, sia a livello tecnico che amministrativo. E i magistrati, tra un procedimento e l’altro contro Matteo Salvini, perché non si muovono? Si fa più carriera ad attaccare i politici, o forse anche loro hanno sistemato qualcuno negli organici delle ferrovie milanesi? intanto piove e la metro 5 ha gli accessi ridotti.

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Metro 5 a Monza, Regione ci punta 283 milioni

Metro 5 a Monza, Regione ci punta 283 milioni. Saranno create 11 nuove fermate per circa 12 chilometri di nuova linea che passerà da Cinisello Balsamo e attraverserà il Comune monzese. Gli stanziamenti sono relativamente alti, basti pensare che il resto della linea è costato oltre 600 milioni, ma resta una mossa  importante da parte di Palazzo Lombardia. L’annuncio è arrivato direttamente dall’assessorato: “Le risorse sono state reperite nella legge regionale di assestamento al bilancio – ha spiegato l’assessore regionale a Infrastrutture, Trasporti e Mobilità sostenibile, Claudia Maria Terzi –. Uno sforzo economico davvero importante, a dimostrazione di quanto riteniamo determinante quest’opera per i territori interessati. Il prolungamento della linea M5 da Bignami a Monza rappresenta una svolta attesa da tempo: sarà l’occasione per efficientare il sistema di trasporto tra Milano, le città a nord della metropoli e il capoluogo della Brianza. Il prolungamento della M5 consentirà collegamenti rapidi con i più significativi poli d’attrazione monzesi: centro storico, Parco e Villa Reale di Monza, ospedale San Gerardo e polo istituzionale di Monza. Un esempio efficiente di mobilità sostenibile, se si considera anche che l’opera determinerà due nodi d’interscambio modale: uno con il capolinea della M1 a Cinisello-Monza, l’altro alla stazione Fs di Monza con la rete ferroviaria”. Il problema però non è solo trovare gli ulteriori stanziamenti per coprire tutti i costi, e no nemmeno le probabili “creste” sui conti: il problema vero sono i monzesi. Vorranno davvero diventare solo una parte esterna di Milano? Con la ferrovia a basso costo le distanze si annullano e le persone si incontrano. Vogliono i monzesi nel dorato isolamento di capitale della ricca Brianza diventare parte di qualcosa di più grande? Difficile a dirsi, ma improbabile: fino ad oggi i più convinti nemici del prolungamento della Rossa fino a Monza sono stati proprio i monzesi…

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Metro 5: bloccata un’altra scala mobile a Garibaldi

Metro 5, bloccata un’altra scala mobile a Garibaldi. Per chi è rimasto a lavorare, e a Milano si parla di tanta gente, è oggettivamente un disagio. Si dovrebbe cambiare qualcosa ma loro non sono capaci. Loro ci provano, ma non ci riescono. E per scrollarci di dosso i “lorsignori” e “loro” molto da stampa italiana, facciamo qualche nome: Beppe Sala ad esempio, che si occupa  di metropolitane solo quando c’è da aumentare i biglietti o stanziare fondi. Oppure la così detta opposizione di centro destra a Palazzo Marino, in grado di contestare Area C e la sua espansione quando tutti sanno che l’Ecopass mica l’ha introdotto Babbo Natale. Sulla metropolitana però ci sono altre questioni da approfondire. I Sollazzo di questa città dove sono? Perché gli aumenti del biglietto Atm saranno pure eccessivi o sbagliati, ma qualcuno ha voglia di mettercisi davvero sulla questione ferrovie? Lo scriviamo anche per il loro futuro politico: nei prossimi dieci anni a Milano quello che non sarà mattone, sarà rotaia.  Si preparano i primi esperimenti di metro a livello metropolitano con le previste espansioni di tutte le linee. Si prepara la circle line che creerà la prima circonvallazione su ferro. Insomma di materiale e spazio per “fare politica” ce n’è a profusione. Nel frattempo la nuova e modernissima M5 casca a pezzi. Persino nei suoi centri nodali ci sono scale mobili che devono essere chiuse per manutenzione. Un gran problema per chi deve usarle, ma un tema su cui riflettere per la città. Nonostante tutta questa carne al fuoco, nessuno si occupa di altro se non di 50 centesimi di aumento. Perché le varie opposizioni non si trasformano davvero in qualcosa di serio e chiedono di istituire una commissione o un’indagine di qualsiasi tipo sulla M5? Intendiamoci, non per scovare le varie associazioni mafiose (quelle cercheranno sempre di infilarcisi e ci pensa già egregiamente la forza pubblica), ma per capire come sono stati spesi questi soldi. Chi li ha presi e per cosa perché qui qualcosa non funziona e forse Milano merita almeno una risposta. I milanesi poi non sono vendicativi per carattere, ma si ricordano. E se un loro delegato all’Amministrazione cittadina chiedesse finalmente una risposta non potrebbero che esserne grati.  

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Metro 5, anche Garibaldi chiude le scale mobili

Metro 5, anche Garibaldi chiude le scale mobili. Gli addetti dalla M5 hanno provato un approccio morbido, abituando gli utenti a percorsi diversi per accedere o lasciare le banchine: per giorni sono stati stesi e presidiati nastri rossi per deviare i flussi di migliaia di persone che soprattutto negli orari di lavoro si riversano in una stazione tra le più trafficate d’europa. A Garibaldi passano 25 milioni di persone all’anno, per questo il solito disservizio sulle scale mobili della metropolitana (in teoria) più avanzata di Milano non può passare come una notizia qualsiasi. Sull’Osservatore abbiamo già riportato diverse criticità a proposito di questa opera di indubbio valore, anzi proprio per sottolinearne il valore. Questa volta però è più importante delle altre: in altre occasioni sono state fermate per “manutenzione programmata” le scale mobili di stazioni secondarie, però difficilmente sono stati rispettati i termini scritti sui cartelli di avviso. E se anche questa volta i lavori durassero più di una settimana? Sicuramente meglio in estate che in inverno, ma luglio resta un mese lavorativo e già chi la usa al mattino sa che genere di ingorghi si generano tra le persone dirette con passo milanese verso l’ufficio. Metropolitana 5 però sembra aver sottovalutato la questione, perché non c’è stata una comunicazione chiara e diffusa del disservizio che stava colpendo un’infrastruttura così delicata. C’è stato il sistema dei nastri rossi, quindi non si può dire che sia stato ignorato il problema. Ma visto che nella società della comunicazione si perdono proprio le informazioni più importanti, forse era il caso di gestire in modo diverso l’emergenza. Pochi anni fa, quando i giornali sottolinearono gli aspetti labirintici degli spostamenti nelle stazioni ferroviaria cittadine, si creò tra il resto il sistema delle “orme”, cioè i percorsi tra una linea e l’altra con comodi e visibili per tutti tondi colorati che guidavano i viaggiatori tra una banchina e l’altra. Forse non una soluzione definitiva, ma oggettivamente utile e capace di semplificare almeno in parte la vita degli utenti. Oggi invece si aggiusta in punta dei piedi una scala mobile su cui passano buona parte dei milioni di utenti delle linee sotterranee milanesi. Forse si poteva fare meglio.  

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