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Che bello il Milan di Champions

Che bello il Milan di Champions. Perché chi è cresciuto negli ultimi 20 anni a Milano sa che la competizione europea era quasi un must per il MIlan, anzi il discorso era se si vinceva o no la coppa o quando. Perché il Milan era il Milan con campioni come Kakà e gli altri brasiliani di fatto come Seedorf. Tanta roba, non c’è che dire. E la caduta da quel mondo stellato è stata choccante per milioni di persone. Ritrovarsi a vedere una squadra senza testa, corpo e anima è stato devastante. Poi è arrivato Pioli, l’hombre medio. Dimesso, quasi in disparte, ha riportato lo scudetto in bacheca quasi senza che qualcuno se ne accorgesse. In pochissimi credevano che il Milan potesse vincere una maratona come il campionato con quella squadra e un allenatore che i più non conoscevano. Quindi grande sorpresa e grande gioia per i milanisti e la città stessa. Ma adesso è lecito sperare? Perché è veramente bello questo Milan di Champions. Combatte, soffre, ma soprattutto vince quanto basta a passare le selezioni che invece hanno punito la banda Allegri. Non male perché sulla carta la rosa più forte è quella juventina. Ora bisogna vedere se i sogni non si spezzeranno prima del previsto, ma la possibilità di passare al prossimo turno è molto ampia. Inoltre, c’è una sfida nella sfida: Pioli ha dimostrato di essere un bravo maratoneta, ma saprà fare altrettanto in Champions? Perché passata la fase a gironi poi si va agli scontri diretti e lì c’è poco da fare: o azzecchi la partita, o perdi male e torni a casa. Potrebbe però essere la prossima sorpresa di Pioli e del team Milan. Poi se a gennaio la nuova proprietà vorrà rinforzare la rosa, male non può fare, ma la sfida è soprattutto di mister Pioli. Intanto, che bello questo Milan di Champions che fa sognare ancora i tifosi come non succedeva da tempo.

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Bye bye Cav

Bye bye Cav. Perché lo scontro che poteva essere un viaggio nei ricordi per il Milan, si è chiuso con un pesantissimo 4-1 con il Monza. Niente mozione degli affetti dunque per i rossoneri e bye bye Cav, Anzi, manco più Cav, perché lo zio Silvio ha lasciato il Milan e il Parlamento qualche anno fa. Il primo per manifesta impossibilità di reggere alla concorrenza con le grandi aziende internazionali, il secondo a causa dei giudici che glielo hanno imposto. Ma se il  fu potentissimo Silvio è riuscito a tornare in Parlamento, non sembra possibile che rientri pure nel calcio con la squadra che ha reso “il club più titolato al mondo”. Ormai c’è il Monza, versione in piccolo del grande Milan degli anni Duemila, quando era quasi ovvio pretendere  di arrivare in finale  di Champions. Come Berlusconi è ormai passato (anche se  lui non si è arreso all’evidenza) a  una fase finale della carriera. E così si gode  una squadra che riesce in grandi colpi come battere una Juventus che seppur in crisi è sempre super almeno a confrontare le rose, ma sarà già difficile conquistare la salvezza. Una sfida difficile, ma non impossibile. Sempre che il neosenatore riesca nell’ennesima impresa imprevista e incredibile come ci ha abituati negli ultimi 30 anni, altrimeni il bye bye Cav sarà stabile e  duraturo.

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Cinque a zero caro Milan

Cinque a zero caro Milan. Perché il doppio confronto con il Chelsea non ci sono dubbi: il Milan ha preso gli schiaffi. Duri, puri e in fondo giusti. Perché il calcio inglese è un gigante rispetto a quello italiano. E le squadre milanesi stanno cercando di affermare una nuova epoca dopo quella d’oro delle Champions. Sono però lontani i tempi del triplete da una parte e delle coppe grandi dall’altra. L’Inter addirittura si è trovata a non pagare gli stipendi, fatti mai verificatisi quando il team era in mano alla famiglia Moratti. Anzi, lì i soldi si buttavano in capricci come Recoba. Dall’altra parte il Milan sta familiarizzando con la cura da fondo d’investimento, un trauma per chi viene dalla tradizione della corte goliardesca del quasi fu Silvio. Solo spese necessarie, solo numeri e calcoli su tutto e tutti. Non ci sono storie, entusiasmi. Metodo  senz’anima, ma con indubbie capacità di risultato visto il campionato vinto con una squadra che sulla carta non era la più forte del campionato. Ma la situazione è più chiara se ci si limita a guardare il confronto con l’Europa: lì ci sono squadre dove i panchinari sono titolari in Italia. Come il Milan e l’Inter dei bei tempi quando in panchina sedevano persone come Tomasson e Cruz, gente che segnava un gol a partita. Oggi appena si rompe un titolare qualunque allenatore si lamenta e piange perché ha solo gente scarsa o non adatta. Forse allora il problema sono gli allenatori. Perché è facile sempre ribadire che Messi in Italia non sarebbe mai venuto a giocare. Ronaldo ci ha proprio chiuso male la carriera…Allora questo cinque a zero caro Milan prendilo come un invito a non perdere l’identità originaria di squadra popolare, senza l’alterigia conquistata con le formazioni di fenomeni dove un Robinho era il minimo. Se Leao volesse andare a fare la bella vita, che vada. Meglio gente a cui piace Milano e la vita in Italia. Se invece si continua a inseguire il sogno di essere come selezioni con alle spalle club con bilanci da miliardi, allora il cinque a zero è solo l’inizio.

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Milan e Inter spendono e spandono ma sullo stadio piangono miseria

Milan e Inter spendono e spandono ma sullo stadio piangono miseria. Perché la miglior politica di una squadra pare sempre essere quella di comprare giocatori di grido che aiutano gli abbonamenti e abbuonano le pecche societarie. Ma in Italia è rimasto qui e là qualche giornalista ancora non comprato dal benessere e dunque resta la memoria: mentre si gioisce perché i campioni d’Italia e i nerazzurri tornano a spendere per grandi piedi, ci si chiede come camminino le gambe del progetto stadio. Perché quando il sindaco Sala si è trovato costretto dai comitati cittadini a ricordare ai fondi di investimento che lo stadio servirebbe soprattutto come stadio sportivo e non come grimaldello per cacciare i poveri da San Siro, hanno iniziato a nicchiare. Con la fatica che fa un genovese a pagare il conto pure per un amico hanno eliminato un pezzo della vagonata di cemento che con lo stadio nulla aveva a che fare. Ma è solo un progetto preliminare, ci sarà da vedere quando i cantieri partiranno e le inevitabili varianti. Perché nove su dieci partiranno. L’unica vera alternativa era l’ex area Falck di Sesto San Giovanni, ma Roberto Di Stefano è stato eletto e dunque non sembra più troppo interessato a mettere i bastoni tra le ruote a Giuseppe Sala. Dunque i cantieri partiranno, perché 1,2 miliardi di cantiere non le fermi. Non a Milano, non con un sindaco come Sala che ha da pensare al suo futuro (è stato silurato come possibile grande burocrate di Stato) oltre la politica. Lo abbiamo sempre scritto: l’uomo ha le spalle strette. Non è una colpa: il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare. E lui è uno di quei politici moderni che ha sempre rivendicato di non avere tessere di partito, dunque ha scarni ideali. Perché prendere posizioni vuol dire trovarsi a volte anche in posizioni scomode. Ma tant’è: ai milanesi piace il grigio evidentemente. Così Milan e Inter spendono e spandono ma sullo stadio piangono miseria. Perché è sullo stadio che potevano dare qualcosa alla città, invece continueranno come sempre a prendere chiedendo il biglietto.

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Milan: Investcorp abbandona trattativa

Mohammed Al Ardhi, a capo di Investcorp, fondo di investimenti del Bahrain che aveva avanzato un’offerta per l’acquisto del Milan, conferma su Twitter la fine della trattativa. “Abbiamo discusso con Elliott su un potenziale investimento nell’AC Milan. Come può succedere in questi casi – scrive – non è stato raggiunto un accordo commerciale e abbiamo deciso di comune accordo di chiudere i colloqui”. In trattativa ora c’è solo RedBird azienda statunitense che avrebbe valutato il club rossonero per un miliardo e 300 milioni di euro. Le parti sarebbero molto vicine a chiudere, con Elliott che potrebbe restare con una quota di minoranza ANSA

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