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AION: la mostra “Portrait Experience. Fotoritratti illustrati”

La fotografia che si trasforma in visione magica nel tempo e nello spazio attraverso una rielaborazione illustrata, per trasmettere sentimenti ed emozioni nuove. “Portrait Experience. Fotoritratti illustrati”, in programma dal 10 al 26 ottobre da Lab 1930 in via Mantova 21 a Milano, è la nuova mostra firmata AION artstudio, il duo formato da Douglas Andreetti e Giada Negri, lui ritrattista e lei illustratrice, che lavorano insieme dal 2020. Il filo invisibile che unisce fotografia e illustrazione, realtà e finzione narrativa, testimonianza e interpretazione, è il cuore della produzione artistica di AION artstudio, che fissano l’attimo indelebile che inizia nel momento dello scatto e che si trasforma, con estrema perizia tecnica e comunicativa, in una visione illustrata, realtà decorata che rinvia a volte alle fiabe della migliore tradizione europea. “Portrait Experience” vuole essere una mostra work in progress che ha bisogno della partecipazione del pubblico per sbocciare e prendere poco alla volta forma sulle pareti della galleria, arricchendosi giorno dopo giorno di nuovi ritratti. “Portrait Experience” si presenta infatti come un happening che inizierà il giorno dell’inaugurazione (martedì 10 ottobre, 16-20) e si concluderà con il giorno del finissage (giovedì 26 ottobre, 18-20), quando i partecipanti alle sessioni fotografiche potranno finalmente prendere il proprio ritratto incorniciato e portarselo a casa. Durante le due settimane di apertura della mostra, oltre al giorno dell’inaugurazione, sabato 14 e sabato 21 ottobre (fasce orarie 10-13 e 15-19) il pubblico potrà prenotarsi per uno shooting illustrato a pagamento e al quale potranno partecipare tutti: bambini, genitori, nonni, soli oppure insieme, anche in compagnia dei propri amici a quattro zampe. La mostra “Portrait Experience. Fotoritratti illustrati” è inserita nel programma della 18ª edizione di Photofestival, la rassegna di fotografia d’autore che dal 15 settembre al 31 ottobre 2023 propone un ricco programma di mostre e altre iniziative diffuse sul territorio metropolitano di Milano e in alcune province lombarde, per promuovere la cultura dell’immagine (milanophotofestival.it).

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Parabiago, le immagini di Beppe Borghi nella mostra “Lo sguardo del fotografo”

Parabiago, le immagini di Beppe Borghi nella mostra “Lo sguardo del fotografo”. Si inaugura domenica 9 ottobre a Parabiago, nello spazio espositivo della Fondazione Carla Musazzi (via Randaccio, 11), la mostra fotografica “Lo sguardo del fotografo” di Beppe Borghi. Organizzata dalla Fondazione Carla Musazzi con il patrocinio del Comune di Parabiago e il supporto della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate e del Circolo Culturale e Ricreativo – CCR della banca, la mostra presenta cinque portfolio dedicati a cinque luoghi per cinque immagini ciascuno che, partendo dall’essenzialità dei soggetti, si concentra sulle emozioni dell’autore, rendendo così universali i luoghi ritratti. «Ci sono Venezia, Comacchio, Castelluccio di Norcia, le Terre Toscane e il mio personale haiku, ovvero l’essenziale espressione, del Ticino», spiega l’autore. «Sono luoghi ritratti in momenti e stagioni diverse che in questa mostra vengono proposti in modo essenziale: essenziale nel numero di immagini esposte; essenziale nel formato, quadrato; essenziale nella scelta del bianco e nero. Il risultato è una serie di “fotografie pittoriche”: le immagini originali sono state infatti rilavorate in camera bianca con l’ausilio di software per il ritocco. Tutto questo non per alterare l’immagine in sé, quanto per accentuarne gli aspetti che più mi hanno trasmesso emozioni». La mostra, che rappresenta la 41esima esposizione organizzata dalla Fondazione Musazzi, rappresenta per la Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate, l’occasione «per promuovere la cultura nel nostro territorio», ricorda il presidente della Bcc, Roberto Scazzosi. «Sostenendo iniziative come questa non solamente riaffermiamo il ruolo sociale di una Banca di Credito Cooperativo per il proprio territorio di riferimento, ma andiamo a proporre un’occasione di crescita per la nostra comunità». La mostra “Lo sguardo del fotografo” di Beppe Borghi viene inaugurata domenica 9 ottobre alle 15 alla presenza dell’autore. La mostra è visitabile nelle domeniche 9, 16 e 23 ottobre dalle 15 alle 18. L’ingresso è libero.

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Castello: apre la mostra sulla scultura del rinascimento

Ospitata nelle sale del Musée du Louvre di Parigi fino al 21 giugno scorso, apre al pubblico domani, martedì 21 luglio, sino al 24 ottobre nelle Sale Viscontee del Castello Sforzesco la mostra “Il Corpo e l’Anima, da Donatello a Michelangelo. Scultura italiana del Rinascimento”, promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Castello Sforzesco, Musée du Louvre e realizzata grazie a Civita Mostre Musei, con il sostegno di Fondazione Cariplo. Un affondo su oltre sessant’anni di storia dell’arte, dal ritorno di Donatello a Firenze nel 1453 fino alla morte dei più perfetti interpreti del Rinascimento, Leonardo e Raffaello, scomparsi rispettivamente nel 1519 e nel 1520. Sessant’anni durante i quali i maestri del Rinascimento hanno scavato la materia per far emergere “i moti dell’anima”, i tormenti e le tensioni, i palpiti, per rendere ancora più viva l’emozione. Sessant’anni di opere strappate al marmo, modellate nella terracotta, intagliate nel legno, fuse nel bronzo, in un percorso che trova il suo apice nella “Pietà Rondanini”, sulla quale Michelangelo lavorò fino alla sua morte, avvenuta nel 1564. Il percorso è stato studiato e progettato congiuntamente da Musée du Louvre e Castello Sforzesco, in particolare da Marc Bormand, conservatore al dipartimento delle sculture del Louvre; Beatrice Paolozzi Strozzi, direttrice del Museo del Bargello dal 2001 al 2014; Francesca Tasso, conservatrice responsabile delle Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco di Milano. Le 120 opere esposte provengono dai più importanti musei del mondo: dal Metropolitan Museum di New York al Kunsthistorisches Museum di Vienna, dal Museo Nacional del Prado di Madrid al Museo Nazionale del Bargello di Firenze, dal Victoria&Albert Museum di Londra alla “Her Majesy the Queen Elisabeth II from the British Royal Collection”, oltre che, naturalmente, dal Musée du Louvre e dalle raccolte civiche del Castello Sforzesco. “Il grande successo di critica già raccolto dalla mostra a Parigi assicura ai milanesi e ai visitatori della nostra città la possibilità di ammirare una straordinaria esposizione durante tutta la stagione estiva, con un esteso orario di apertura – afferma l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno –. Il Castello Sforzesco, che è stata ‘la casa’ di Leonardo per i vent’anni della sua maturità più piena, si configura come la sede naturale per rappresentare e proporre un affondo storico-critico su un periodo così cruciale per la storia dell’arte come quello rappresentato dal Rinascimento italiano”. Il cuore della mostra si colloca nella seconda metà del Quattrocento, quando i maestri del Rinascimento come Leonardo, Donatello, Raffaello, il Pollaiolo, Michelangelo, il Verrocchio, il Bambaia e molti altri ancora, lavoravano tra Milano, Venezia, Roma, Firenze, ma anche Ferrara, Padova, Bologna, allargando così la geografia del Rinascimento italiano, e dunque del percorso espositivo, verso il nord. Una regione vasta ma a quei tempi politicamente spezzettata da molti confini e diversi regni, all’interno dei quali il Rinascimento è germogliato con caratteristiche particolari: innovazioni fiorentine e tradizioni locali – senza dimenticare l’influenza dell’arte cortese fiamminga e della Borgogna – si sono infatti mescolate in ciascuno di questi focolai creativi, per dare il via a una straordinaria varietà di linguaggi artistici. Il Rinascimento ha portato nell’arte italiana molte novità: oltre al grande impulso allo studio dell’anatomia, della prospettiva, dell’ottica, anche quello dell’anima fu oggetto di ricerca approfondita: dalla nascita della fisiognomica alla passione per il grottesco, che ha caratterizzato l’esperienza di alcuni artisti come Leonardo, si comprende come fosse nato in quel periodo un interesse nuovo nella rappresentazione: la figura umana ora non doveva più essere slegata dalle emozioni – furore o grazia, tormento o estasi che siano – ma profondamente legata all’anima, al desiderio, alla componente meno visibile del soggetto “uomo”. Nell’interpretazione innovativa data dagli scultori di questo tempo, i movimenti dell’anima sono resi visibili attraverso l’attitudine dei corpi, e gli artisti indagano la loro psiche rappresentandoli a riposo, in movimento, mentre lottano o sognano, evidenziando le emozioni, tanto nell’ambito sacro che in quello profano, in un modo sia ferocemente espressivo che, al contrario, sublimemente dolce. Articolata in quattro sezioni (1. Guardando gli antichi: il furore e la grazia; 2. L’arte sacra: commuovere e convincere; 3. Da Dionisio ad Apollo; 4. Roma “Caput mundi”), la mostra sviluppa nelle Sale Viscontee pressochè lo stesso percorso ospitato al Louvre, a parte l’ultima sala che vedeva esposti a Parigi gli Schiavi (o Prigioni) e a Milano la Pietà Rondanini: entrambe opere di Michelangelo, entrambe inamovibili. Le sezioni: Il furore e la grazia costituiscono il primo grande tema trattato nel percorso. L’interesse per le composizioni complesse e per l’esasperazione dei movimenti del corpo diventa prevalente in numerosi scultori e verrà documentato attraverso opere di Antonio del Pollaiolo, Francesco di Giorgio Martini o Bertoldo, fino ad arrivare a Verrocchio, Leonardo e Gianfrancesco Rustici, mettendo in gioco sia la complessità della forza muscolare e le torsioni del corpo maschile, sia l’effetto espressivo delle più intense passioni dell’anima. All’opposto, eleganti drappeggi permettono agli artisti di rivelare il fascinodella figura umana, la cui leggerezza è messa in valore dal movimento di abiti e di veli, in una pratica di svelamento che arriva poi alla rappresentazione della grazia attraverso il nudo, sia femminile sia maschile. Commuovere e convincere diventano le due parole chiave nella scultura religiosa: in seguito al lavoro compiuto da Donatello intorno al 1450, l’emozione e i moti dell’animo prendono posto al centro delle pratiche artistiche, nella volontà di toccare profondamente, persino violentemente l’animo dello spettatore. È quindi un vero teatro dei sentimenti quello che si dipana in Italia settentrionale tra 1450 e 1520, in particolare nei gruppi di “Deposizione del Cristo”, come quelli di Guido Mazzoni in Emilia e di Giovanni Angelo del Maino in Lombardia. Questa ricerca del pathos religioso s’incarna anche nelle commoventi figure di Maria Maddalena o di san Gerolamo che fioriscono in Italia in questa stagione. Tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, la riflessione instancabile sull’antichità classica si esprime nelle opere elaborate a partire dai grandi modelli classici come il “Laocoonte” o lo “Spinario”, muovendosi tra i due estremi dell’apollineo e del dionisiaco. Contemporaneamente a ciò che avviene nell’ambito della pittura – si veda lo

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Al PAC con una mostra dedicata a Luisa Lambri

Il PAC Padiglione d’Arte contemporanea riapre al pubblico con una nuova mostra, “Luisa Lambri. Autoritratto”, prima ampia personale dell’artista in Italia che presenta una vasta selezione di opere realizzate tra il 1999 e 2017, alcune delle quali mai presentate prima in Italia. Concentrandosi principalmente sulla fotografia, il lavoro di Lambri è caratterizzato da un esteso spettro di soggetti che ruotano attorno alla condizione umana e al suo rapporto con lo spazio, come la politica della rappresentazione, l’architettura, la storia della fotografia astratta, il modernismo, il femminismo, l’identità e la memoria. L’installazione delle sue fotografie e lo spazio espositivo costituiscono parte integrante del suo lavoro: le opere di Lambri, infatti, non sono mai installate indipendentemente dalla struttura che le ospita, e nella mostra del PAC le sue fotografie diventano una vera estensione dello spazio. Cartella stampa mostra Luisa Lambri e foto. Prosegue al PAC anche il progetto “Il tempo delle farfalle. Dedicato a Patria, Minerva, Teresa Mirabal”, a cura di Elettra Stamboulis e realizzato in co-produzione con la Fondazione Brescia Musei, che inaugura la PAC Project Room con un focus sull’artista curda Zehra Doğan, giornalista, artista visiva e attivista che ha portato nuova attenzione all’arte nata in carcere. Il progetto è iniziato il 25 novembre 2020 con la pubblicazione sul sito del PAC della documentazione video di una performance dell’artista in occasione della “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, e si completa ora con l’esposizione di una selezione di opere realizzate dall’artista in carcere e una nuova performance pensata per il PAC, quest’ultima in data da definirsi. Giornalista, fondatrice insieme ad altre della prima agenzia di stampa interamente femminile, artista visiva e attivista, Zehra Doğan (Diyarbakır, 1989) ha inaugurato una nuova attenzione all’arte che nasce dietro i confini delle sbarre, grazie anche ad un processo artistico che mette insieme ascolto dell’altra, pratica femminista, condivisione, utilizzo di materiale estemporaneo e istantaneità dello sguardo. Il titolo del progetto al PAC, “Il tempo delle farfalle. Dedicato a Patria, Minerva, Teresa Mirabal” è un omaggio a Aida Patria Mercedes, Maria Argentina Minerva, Antonia Maria Teresa Mirabal, le tre sorelle che combatterono la dittatura (1930-1961) del dominicano Rafael Leónidas Trujillo con il nome di battaglia “Las Mariposas” (Le farfalle). Cartella stampa Project Room Il PAC è aperto martedì, mercoledì e venerdì dalle ore 10 alle 19:30, il giovedì dalle 10 alle 20:30. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura. È consigliata la prenotazione.

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Dal 4 febbraio al 6 marzo 2021 apre al pubblico la mostra dal titolo: l’arte per passione, passione per l’arte

Dal 4 febbraio al 6 marzo 2021 apre al pubblico la mostra dal titolo: l’arte per passione, passione per l’arte. La mostra è composta da due sezioni, di due settimane ciascuna, la prima fino a sabato 20 febbraio, la seconda fino a sabato 6 marzo. L’idea è di presentare al pubblico un numero contenuto di artisti per ogni mostra mantenendo una proposta che presenti contemporaneamente i due ambiti storici e culturali della galleria, quello degli artisti contemporanei, così come è nata la galleria, e quello degli artisti del ‘900, artisti che erano i contemporanei nei primi decenni di attività espositiva e che rappresentano il “patrimonio storico” della Ponte Rosso. Gli artisti contemporanei sono presentati ognuno con tre opere significative del recente percorso artistico. Per ciascuno degli artisti del ‘900 sono esposte una o due opere scelte, ad un artista in particolare è dedicato un “focus”. Prima sezione fino a sabato 20 febbraio 8 artisti contemporanei: Fabrizio Boldrini, Cinzia Busto, Vittorio Carradore, Vittorio Emanuele, Letizia Fornasieri, Paola Ginepri, Vittorio Reali, Silvio Sangiorgi 8 artisti del ‘900: Dina Bellotti, Alfredo Beltrame, Luigi Brambati, Silvio Consadori, Dino Lanaro, Attilio Melo, Attilio Rossi, “focus” dedicato a Giancarlo Perelli Cippo, artista milanese classe 1923, pittore e disegnatore di notevole talento, dal carattere esuberante. Un artista figurativo di notevole forza espressiva che negli anni ’50 /’60 si è avvicinato al linguaggio informale, ispirato in particolare dall’artista Gino Rossi, maestro della scuola di Burano. I soggetti più amati dall’artista: Milano e i navigli in particolare, Venezia, Burano e la laguna, i paesaggi del lago di Como, le nature morte, Amsterdam e i cavalli, colti spesso in corsa (al galoppo o al trotto) e rappresentati magistralmente. La galleria effettua il seguente orario: da martedì a sabato 15-19 al mattino solo su appuntamento L’ingresso è consentito con la mascherina indossata mantenendo la distanza di sicurezza fra i visitatori. Per poter consultare libri e cataloghi o visionare opere grafiche in cartella è obbligatorio l’igienizzazione delle mani con il gel o l’utilizzo di guanti usa e getta, entrambi a disposizione dei visitatori.

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Fabbrica del vapore. Dal 10 ottobre la mostra Frida Kahlo

Apre il 10 ottobre alla Fabbrica del Vapore la mostra “Frida Kahlo – Il caos dentro“, un percorso sensoriale tecnologico per immergersi nella vita della grande artista messicana, esplorandone le dimensioni artistica, umana e spirituale. “Una mostra che immerge nella tradizione e nei colori del Messico e che permette di avvicinarsi a Frida Kahlo e alla sua vita in modo nuovo, un’occasione di incontro e conoscenza con la cultura messicana, attraverso la storia di una delle donne più significative del secolo scorso – commenta la Vicesindaco Anna Scavuzzo -. Frida Kahlo è un’artista appassionata ed emozionante, un’icona che conosciamo e che allo stesso tempo è donna che molto ha ancora da dire e farci scoprire di sé. La Fabbrica del vapore continua a stupirci, attenta a coniugare nuove tecnologie e arte, luogo ideale per sperimentare, innovare e far guardare l’arte da molteplici punti di vista”. La mostra rappresenta un’occasione unica per entrare negli ambienti dove la pittrice visse; per capire, attraverso i suoi scritti e la riproduzione delle sue opere, la sua poetica e il fondamentale rapporto con Diego Rivera; per vivere, attraverso i suoi abiti e i suoi oggetti, la sua quotidianità e gli elementi della cultura popolare tanto cari all’artista. Frida Kahlo rappresenta una figura centrale dell’arte messicana e certamente la più celebre pittrice latinoamericana del XX secolo. Con il marito Diego Rivera, tra i più importanti muralisti del Messico, formano una delle coppie più emblematiche della storia dell’arte mondiale. Nata nel 1907, a sud di Città del Messico, eredita e fa suoi i valori della Rivoluzione messicana, tra cui l’amore per la cultura popolare. Dopo una sezione multimediale con immagini animate e una cronistoria raccontata attraverso le date che hanno maggiormente segnato le vicende personali e artistiche della pittrice, con sue frasi e citazioni alternate a fotografie celebri, la mostra entra nel vivo con la riproduzione minuziosa dei tre ambienti più vissuti da Frida a Casa Azul, la celebre magione messicana costruita in stile francese da Guillermo Kahlo nel 1904 e meta di turisti e appassionati da tutto il mondo. Seguono la sezione ‘I colori dell’anima’ con i magnifici ritratti fotografici di Frida realizzati dal celebre fotografo colombiano Leonet Matiz Espinoza (1917-1988) e, al piano superiore, la sezione dedicata a Diego Rivera, dove sono proiettate le lettere più evocative che Frida scrisse al marito, accompagnate dal sonoro in lingua originale. Una stanza è stata poi dedicata alla cultura e all’arte popolare in Messico, che tanta influenza ebbero sulla vita di Frida, trattate su grandi pannelli grafici dove se ne raccontano le origini, le rivoluzioni, l’iconografia, gli elementi dell’artigianato. Il focus sulla tradizione messicana procede anche con la sezione dedicata ad alcuni dei più conosciuti murales realizzati da Diego Rivera in varie parti del mondo. E ancora, in un ambiente attiguo si possono ammirare sette busti in gesso che altrettanti artisti contemporanei hanno voluto rielaborare, ispirandosi ai corsetti che Frida dovette utilizzare nel corso della sua vita e che dipingeva. Mentre nella sezione ‘Frida e il suo doppio’ sono esposte le riproduzioni in formato modlight (particolare forma di retroilluminazione omogenea) di quindici tra i più conosciuti autoritratti che Frida realizzò nel corso della sua carriera artistica. Nella sala proiezioni si può poi vedere uno speciale documentario sulla vita di Frida: “Artists in love: Frida Kahlo & Diego Rivera”. Lo spazio finale è invece riservato alla parte ludica e divertente dell’esposizione: la sala multimediale 10D conclude infatti il percorso espositivo. Con una combinazione di video ad altissima risoluzione, suoni ed effetti speciali, adatta a grandi e piccoli. Ai bambini e alle visite scolastiche è dedicato anche un laboratorio per avvicinarli alle opere d’arte di questa straordinaria pittrice. La mostra è prodotta da Navigare con il Comune di Milano, con la collaborazione del Consolato del Messico di Milano, della Camera di commercio italiana in Messico, della Fondazione Leo Matiz, del Banco del Messico, della Galleria messicana Oscar Roman, del Detroit institute of arts e del Museo Estudio Diego Rivera y Frida Khalo, la mostra è curata da Antonio Arévalo, Alejandra Matiz, Milagros Ancheita e Maria Rosso.

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