poveri

Centomila redditi di cittadinanza in Lombardia

Centomila redditi di cittadinanza in Lombardia. Sono solo una parte del 1,3 milioni di percettori italiani. Uno su dieci dunque è nella locomotiva economica del Paese. I dati emergono da un approfondimento dell’Ansa. In cima alla classifica ci sono Campania (265.753) e Sicilia (235.491), terza Lazio (122.489 ) e poi Puglia (119.727) e Lombardia (109.587). La terra delle opportunità dunque è anche terra di poveri. Uno su dieci dei nullatenenti italiani è residente in Lombardia, al netto di qualche parlamentare che magari ha ottenuto pure questo bonus. Una fotografia che conferma la debolezza del Sud, ma avverte anche il Nord: la povertà c’è anche dove in teoria non avrebbe spazio. Su 9 milioni di lombardi possono sembrare poche 100mila, ma è un campanello d’allarme. Simile a quelli che venivano lanciati prima che il “modello Milano” si schiantasse a causa del Covid19. Ma parlando di altri bonus è partita, intanto, l’ultima finestra per il Reddito di emergenza, la misura temporanea di sostegno al reddito introdotta per supportare i nuclei familiari in una condizione di difficoltà economica a causa dell’emergenza Covid-19. L’aiuto oscilla tra i 400 e gli 800 euro a seconda dei componenti e può integrare l’Rdc. E’ infatti online sul sito dell’Inps la procedura per richiedere la terza mensilità del Rem, prevista nel decreto Agosto. “Un ulteriore sostegno economico per i cittadini più colpiti dagli effetti dell’epidemia”, sottolinea la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo. Per ottenere l’ulteriore mensilità va presentata una nuova domanda, indipendentemente dall’avere già richiesto, ed eventualmente ottenuto, il beneficio. Il termine entro cui farlo è i prossimo 15 ottobre.

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Pranzo con i poveri per Monsignor Delpini

Anche quest’anno è confermato il tradizionale pranzo di Ferragosto per famiglie povere, senza tetto e anziani soli organizzato dall’Opera Cardinal Ferrari, anche se, causa Covid, ci saranno posti contati, la giusta distanza e ogni sicurezza. A servirli – in un appuntamento che si realizza grazie a tanti donatori – volontari, anche giovanissimi e lo staff di Opera. Pochi ospiti, tra tutti, monsignor Mario Delpini, l’Arcivescovo di Milano, “che – spiega una nota dell’Opera – non ha voluto rinunciare al tradizionale pranzo con loro“. Anche durante il lockdown la struttura è rimasta aperta, o meglio è rimasto aperto il centro diurno con servizi dimezzati, la mensa su due turni, dando priorità ai senza fissa dimora, aumentando la distribuzione di pacchi viveri e le telefonate amiche per chi era chiuso in casa. E questo è stato possibile grazie anche a tanti nuovi volontari che si sono presentati per dare una mano. ANSA

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La mafia dei poveri si diffonde a Milano

La mafia dei poveri si diffonde a Milano. Tre giorni fa la polizia ha arrestato un bengalese di 31 anni che chiedeva il pizzo ai venditori abusivi in zona Stazione Centrale. Chiedeva pochi soldi, ma con tanta violenza che gli stessi ambulanti hanno deciso di sporgere denuncia. Ma se questo è un caso isolato, esistono altri segnali di una comunità che sta cambiando pelle: ad aprile su questo giornale vi abbiamo raccontato di una bomba carta tirata contro un “bangla”, il nomignolo usato per indicare uno dei tanti negozietti di alimentari gestiti da bengalesi, indiani o cingalesi. Il motivo del gesto era molto semplice: il gestore si era rifiutato di pagare il pizzo. Ma non a qualche mafia nostrana, bensì a quella d’importazione, la stessa che poche settimane prima della bomba carta aveva pestato un altro in zona viale Stelvio che aveva tentato di opporsi alle richieste di denaro. Anche in questo caso si tratta di richieste molto basse, decine di euro al mese tendenzialmente, ma come ha rilevato Eleonora Montani, docente di criminologia della Bocconi, i metodi sono simili a quelli della nostre mafie: organizzazione, controllo del territorio, uso della violenza. Una mafia del sud est asiatico di cui anche le comunità di riferimento iniziano ad aver timore: un membro autorevole della comunità cingalese ha confermato all’Osservatore che tutti ormai ne hanno sentito parlare, anche se per fortuna non si hanno notizie di coinvolgimenti diretti. Per ora sembra più una mafia di origine bengalese, anche se alcuni caratteri non sono certi: nemmeno i carabinieri sono riusciti a venirne a capo per il momento. E’ stata avviata un’indagine proprio per cercare di beccare questi mafiosi in salsa asiatica, ma le maglie delle comunità del sud est asiatico sono persino più strette di quelle di altri gruppi etnici. La voce però è arrivata anche ai militari e si cerca il modo di occuparsene. Sicuramente la situazione è già oltre il livello di guardia per gli aspetti sociali: si parla infatti di comunità che fino a oggi erano state molto pacifiche sia internamente che esternamente. Gli unici disagi venivano registrati in alcuni quartieri dove i “bangla” diventavano il punto di riferimento per chi voleva acquistare birra e alcolici tutta la notte. La diffusione di una mafia bengalese sembra però un passo deciso verso il basso che tra l’altro sembra prendere piede anche in altre parti d’Italia: a Napoli due uomini, che al momento non risulta fossero in contatto con i “milanesi”, sono stati arrestati perché pretendevano una tangente da 200 euro al mese dai connazionali. Un fenomeno dunque che si sta ampliando con la stratificazione e l’inclusione delle comunità nel tessuto socio-economico nazionale.

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La corsa tra diritti e sviluppo economico

La corsa tra diritti e sviluppo economico. A questo stiamo assistendo e vedremo sempre più prendere forma nei prossimi anni all’ombra della Madonnina. L’economia milanese corre e offre possibilità sempre più variegate a chi vuole rimboccarsi le maniche, nel frattempo il Pride 2019 raggiunge cifre sempre  più elevate di partecipazione. Due corse però che rischiano di diventare una competizione: non bisogna chiudere gli occhi che di fronte alla sfavillante realtà dei palazzi di Manfredi Catella ci sono milanesi che diventano emarginati. Il Bosco verticale ha reso ancora più famosa a livello internazionale Milano e la sua modernità, ma quanti sono i cittadini che non hanno più potuto vivere nel quartiere Isola? La gentrificazione, termine tecnico per dire “spostamento di poveri”, sta coinvolgendo molti quartieri. Soprattutto quelli interessati dallo sviluppo immobiliare, dove pian piano arrivano i ricchi o almeno i benestanti. Tra un riflesso e l’altro dei grattacieli di specchi ci stiamo però perdendo quella parte di società che vive con stipendi intorno ai mille euro. Forse si ritroveranno a vivere nelle nuove periferie, ma anche quelle spesso non sono alla portata dei poveri (perché se guadagni mille o meno euro al mese sei povero). La corsa tra diritti e sviluppo economico è quindi già iniziata, ma non è finita né volendo incontrollabile. L’onda non deve per forza spazzare via chi non ha una barca, si possono creare le condizioni affinché ci siano scialuppe per tutti. Una povertà condivisa è ancora più importante della ricchezza condivisa. Permettere la coesistenza di parti diverse di società è la chiave per una società che funziona, perché i ricchi da soli non possono definirsi come società. Né possono i poveri. L’essenza di un organismo è il movimento, quindi ci devono essere parti diverse che comunicano. Se, ad esempio, per ogni palazzo da ricchi il Comune concedesse condizioni molto vantaggiose per costruire residenza popolari nello stesso luogo? E’ solo un’idea, ma speriamo che il sindaco Sala ci pensi: la corsa tra i diritti e sviluppo economico è iniziata, speriamo che non si vada a sbattere.

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Casa della Carità, i milanesi donano abbigliamento per gli indigenti

Sono arrivate circa 100 persone, oggi, alla Casa della Carità di via Brambilla per donare indumenti per gli ospiti e gli utenti della Casa in occasione della giornata straordinaria di raccolta. A donare i capi di abbigliamento, molti milanesi, alcuni gruppi, caritas parrocchiali, mercatini solidali, comunità di famiglie proveniente in prevalenza da Milano e dintorni, ma anche da Varese. Solo nel 2018, sono state oltre 1.300 le persone che hanno utilizzato il servizio docce e guardaroba della Casa della Carità, aperto ogni martedì, giovedì e venerdì pomeriggio. Sono soprattutto uomini, in molti casi anche giovani, che vivono per strada, in insediamenti precari o in edifici dismessi, oppure in stanze o appartamenti spesso non dotati di acqua corrente. A loro saranno donati gli abiti raccolti oggi: indumenti invernali con cui proteggersi dal freddo, ma anche capi di intimo, coperte, sacchi a pelo e zaini.

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Aumenta il numero degli italiani poveri assistiti da Caritas

Continuano a crescere gli italiani poveri che vengono aiutati da Caritas Ambrosiana. L’ultimo report “La povertà nella diocesi ambrosiana”, pubblicato sul sito di Caritas Ambrosiana, “mette in luce un ulteriore incremento dei nostri connazionali nella rete di assistenza ecclesiale. Pur rimanendo maggioritari gli stranieri, gli assistiti di nazionalità italiana sono passati dal 36,6% del 2016 al 39,7% del 2017“. “L’aumento di 3 punti percentuali in un anno – sottolinea Caritas – conferma una tendenza iniziata con la crisi economica che ha colpito anche il territorio della diocesi milanese (Milano, Varese, Lecco, Monza, relative provincie, e una parte dei comuni del Comasco). Significativo il confronto dei dati negli ultimi dieci anni. Gli utenti di nazionalità italiana che si sono rivolti al campione dei centri di ascolto Caritas presi in esame dalla ricerca sono aumentati sia in termini di incidenza percentuale, passando dal 24,5% del 2008 al 39,7% del 2017, sia in valori assoluti, passando da 3.879 a 4.499. Nei 54 centri di ascolto del campione (un settimo del totale) su cui ogni anno viene condotta la ricerca – prosegue Caritas – si sono recati dunque in 10 anni 620 utenti in più di nazionalità italiana. Considerando il numero complessivo dei centri di ascolto presenti in diocesi (380), si può stimare che circa 3.500 connazionali si siano aggiunti agli assistiti di Caritas Ambrosiana“. “Il dato riflette il peggioramento delle condizioni di vita di molti italiani a seguito della crisi economica – è la considerazione di Caritas-. Non è un caso che il principale bisogno rilevato sia il lavoro. D’altro canto, la minore presenza in termini percentuali degli stranieri nei centri di ascolto è stata resa possibile dalla creazione dei centri di accoglienza prefettizi e comunali di cui fa parte il sistema di accoglienza diffusa creato in Diocesi dalle prime avvisaglie della crisi migratoria e che ora rischia complessivamente di essere colpito dai nuovi orientamenti del governo, a partire dal Decreto Sicurezza. Gli italiani – evidenzia ancora l ‘ indagine – sono in genere i più anziani tra gli assistiti (solo il 15,6% ha meno di 34 anni, a fronte del 29,2% degli stranieri comunitari e il 40,6% degli extra-ue) e possiedono un titolo di studio inferiore (il 14,2% ha un diploma a fronte del 24,4% dei comunitari e del 20,4% degli extracomunitari e del 32% degli irregolari)“. “Indubbiamente gli italiani impoveriti sono i soggetti più deboli, che hanno maggiori difficoltà a reinserirsi nel mercato del lavoro e quindi rischiano più facilmente di diventare cronici e di accumulare frustrazione e rancore nei confronti dei nuovi venuti. Non serve mettere gli uni contro gli altri: occorre una politica di contrasto alla povertà. Per evitare che italiani impoveriti e stranieri poveri competano per la sopravvivenza; non servono slogan o misure ad effetto, ma una seria politica di contrasto alla povertà“, commenta Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana.

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