processo

Salvini a processo: per i PM milananesi diffamò Rackete

Andrà a processo il prossimo 9 giugno il leader della Lega Matteo Salvini accusato di diffamazione aggravata nei confronti di Carola Rackete, l’ex comandante della Sea Watch 3, perché, tra giugno e luglio del 2019, avrebbe offeso “la reputazione” della giovane con dirette Facebook e post su Twitter con frasi come “quella sbruffoncella di questa comandante che fa politica sulla pelle di qualche decina di migranti”, “criminale tedesca”, “ricca tedesca fuorilegge”, “ricca e viziata comunista”. La Procura di Milano, infatti, dopo aver disposto la citazione diretta a giudizio per l’ex ministro dell’Interno, difeso dal legale Claudia Eccher, ha da poco notificato la data di inizio del processo, davanti alla quarta penale, nel quale Rackete è parte civile, a seguito della denuncia, rappresentata dall’avvocato Alessandro Gamberini. Nei mesi scorsi, il gip di Milano Sara Cipolla, accogliendo la richiesta del pm Giancarla Serafini, aveva disposto, invece, l’archiviazione dell’accusa di istigazione a delinquere contestata sempre a Salvini dopo la denuncia della giovane. ANSA

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Davigo a processo per rivelazione segreto d’ufficio

Trent’anni fa con l’arresto di Mario Chiesa, a Milano, prendeva il via l’inchiesta Mani Pulite e oggi uno dei magistrati che allora era in prima linea è stato rinviato a giudizio per rivelazione del segreto d’ufficio. Si aprirà infatti il prossimo 20 aprile a Brescia il dibattimento nei confronti di Piercamillo Davigo, l’ex consigliere del Csm finito nei guai per la vicenda dei verbali di Piero Amara su una fantomatica Loggia Ungheria, caso che ha sollevato una bufera tra le fila della magistratura e che ha sullo sfondo le vicende di Eni e il modo (diverso) di condurre le indagini. A deciderlo è stato il gup bresciano Federica Brugnara proprio nel giorno del trentennale di Tangentopoli, occasione per cui Antonio Di Pietro, la toga simbolo di quella pagina di storia, ha consegnato a un post apparso sui social le sua amare riflessioni. Il giudice ha disposto che dovrà essere un collegio a stabilire se – come hanno ipotizzato i pm Donato Greco e Francesco Milanese, con il procuratore Francesco Prete – Davigo abbia davvero rassicurato il pm milanese Paolo Storari, che chiedeva di essere tutelato rispetto alla lamentata inerzia dei suoi capi, di essere persona autorizzata a ricevere quei verbali così delicati e coperti dal segreto istruttorio. Atti che a Davigo sono stati consegnati dal pubblico ministero nell’aprile 2020 e che poi “violando i doveri” legati alle sue funzioni e “abusando delle sue qualità” avrebbe diffuso ad altri componenti di Palazzo dei Marescialli in modo “informale e senza alcuna ragione ufficiale”, si legge nel capo di imputazione. Un’accusa condivisa da Sebastiano Ardita, ancora consigliere del Csm e che, ritenendosi danneggiato da quella diffusione, è parte civile nel procedimento ed è pronto a chiedere i danni. “Davigo si difenderà in dibattimento essendo certo della propria innocenza”, ha detto il suo legale, Francesco Borasi. Per Storari invece, il suo coimputato che ha scelto il processo con rito abbreviato, è stata chiesta una condanna a 6 mesi, il minimo della pena prevista dal codice. Mentre la difesa, rappresentata dall’avvocato Paolo Della Sala, ha ribadito la “legittimità” della sua condotta compatibile pure con il compendio normativo e “avallata nei comportamenti di altre persone” al Csm, nessuna delle quali “ha sollevato obiezioni formali”. In sostanza nessuno ha invitato a formalizzare la pratica Storari. Per lui si deciderà il prossimo 7 marzo. E proprio oggi, giorno dedicato all’anniversario di Mani Pulite, dopo mesi e mesi di silenzio, ha parlato chi con Davigo e Gherardo Colombo, ha indagato sul malaffare fin dalla prima ora. Antonio Di Pietro, adesso avvocato, sulla sua pagina Facebook ha scritto un messaggio che suona un po’ come una sconfitta: “Non è un giorno di festa 30 anni dopo. Sono 30 anni passati ma mi pare che aprendo il giornale ogni mattina sia tutto uguale a prima. Prima di andarmene vorrei mettere tutto in Rete affinché qualcuno un giorno possa leggere, per vedere quella diversa verità rispetto a quel che è stato raccontato”. “Sono una vergogna per il Paese – si chiede l’ex magistrato – i ladri, i corrotti, gli evasori fiscali, i mafiosi o chi, come me, li ha scoperti con l’inchiesta Mani Pulite?” “Ci volevano fermare – ricorda ancora -. Si sono messi in azione appena hanno capito che stavamo per arrivare ai piani alti del potere. Mani Pulite è stata fermata, anche perché mentre stavamo indagando sui ‘bauscia’ del Nord, siamo andati a toccare quelli che avevano contatti con la mafia al Sud”. Di quel periodo ha parlato lo stesso Davigo, oggi all’Università di Pisa per una tavola rotonda sui 30 anni di Mani pulite: “Tangentopoli emerse non perché arrivarono i magistrati ma perché quel sistema politico fondato sulla corruzione non resse dal punto di vista economico”, ha detto. E poi, con un riferimento anche al suo caso personale, ha aggiunto: “nel nostro ordinamento non esiste un efficace deterrente alla corruzione. Io stesso sono sotto processo, ma a parte che sono innocente, non ho alcuna preoccupazione, perché ho compiuto 70 anni e quindi resterei a casa”. ANSA

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A novembre il processo a Comi, Tatarella e Altitonante

Sono stati mandati a processo a Milano oltre 60 imputati, tra cui l’ex eurodeputata di FI, Lara Comi, l’ex vicecoordinatore lombardo ‘azzurro’ ed ex consigliere comunale milanese, Pietro Tatarella, e il consigliere lombardo e collega di partito, Fabio Altitonante. Hanno scelto il rito ordinario nel procedimento a carico di oltre un centinaio di persone scaturito dalla riunione di quattro filoni dell’inchiesta ‘mensa dei poveri’ su un presunto “sistema” di mazzette, appalti, nomine pilotate e finanziamenti illeciti in Lombardia. A deciderlo è stato il gup Natalia Imarisio. ANSA

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Il Comune parte civile nel processo Lombardia Film commission

Il Comune di Milano si costituirà parte civile nel processo a carico dei presunti responsabili – imputati di peculato, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e reati tributari – della procedura d’acquisto di un immobile in Cormano quale sede della Fondazione Lombardia Film commission. Il Comune è infatti socio fondatore della Fondazione Lombardia Film commission, nomina uno dei due componenti del Consiglio di Amministrazione ed eroga un contributo annuo a sostegno dell’attività. Secondo l’ipotesi accusatoria, gli imputati avrebbero pianificato una complessa operazione immobiliare di acquisizione di un edificio da adibire a sede dell’Ente (oggetto di finanziamento regionale), condizionandone illecitamente le modalità di scelta a favore di uno stabile in Cormano, e appropriandosi del prezzo di acquisto, importo successivamente retrocesso per oltre la metà ad alcuni di essi. La Giunta ha pertanto autorizzato oggi la richiesta di costituzione in giudizio del Comune di Milano nel procedimento penale avviato in quanto parte lesa dai reati, insieme alla Fondazione stessa e a Regione Lombardia, ai fini del risarcimento dei danni, anche all’immagine, subiti sia in qualità di socio che di Ente esponenziale della collettività e titolare di pubbliche funzioni in materia di promozione culturale, turistica e imprenditoriale del territorio milanese. L’udienza è fissata il prossimo 15 aprile avanti il Tribunale di Milano – sez. VII penale.

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A processo manager società di sharing

La Procura di Milano ha disposto la citazione diretta a giudizio a carico del legale rappresentante di una società di sharing di monopattini elettrici, Bird Rides Italy, e di un 23enne che, nel maggio 2019, viaggiava contromano a Milano sulla ‘tavoletta’ a due ruote e investì, facendola cadere a terra, un’anziana poi finita in ospedale con una frattura al bacino. Il processo, il primo nel suo genere in Italia perché coinvolge anche un manager di una società di sharing di monopattini per un incidente stradale, inizierà il 21 settembre. Le accuse sono lesioni stradali gravi e violazione del codice della strada. Il manager dell’azienda, tra le prime ad avviare nel capoluogo lombardo il business del noleggio dei monopattini, avrebbe causato “pericolo per gli utenti della strada, in specie mettendo a disposizione monopattini elettrici in numero imprecisato per il noleggio con modalità free floating, nonostante si trattasse di dispositivi di cui era vietata in ogni caso la circolazione su carreggiata e in presenza di esplicito divieto, da parte del Comune di Milano, ad intraprendere l’attività”, omettendo “di fornire chiare indicazioni, agli utilizzatori sui divieti esistenti per tale categoria di veicoli”. L’incidente era avvenuto il 22 maggio 2019 in via Olona, zona piazza Sant’Ambrogio: il ragazzo circolava “in carreggiata (non consentita in ogni caso ai monopattini) e, anzi, sul lato sinistro della stessa, quindi in senso contrario a quello di marcia”. E investì l’anziana che per la frattura rimase immobilizzata per tre mesi. Lo scorso novembre, il Comune di Milano aveva revocato l’autorizzazione a circolare a tre società, tra cui Bird, che non rispettavano i requisiti. ANSA

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Chi sono gli altri imputati nel processo Bt Italia

Chi sono gli altri imputati nel processo Bt Italia. Il procedimento si basa su una presunta truffa da 300 milioni di euro che avrebbero messo ex manager e dirigenti della costola italiana del gruppo. A denunciarla fu proprio la casa madre e ora dopo la condanna di Silvia Truzzoli, si va la dibattimento per un’altra ventina di imputati. E tanti hanno tutt’ora posti di responsabilità in altre aziende. Il dibattimento si aprirà il prossimo 26 gennaio davanti alla seconda sezione penale del Tribunale. Come si evince dal decreto che dispone il rinvio a giudizio sono usciti dal procedimento l’ex amministratore delegato Gianluca Cimini, morto la scorsa estate, e l’ex presidente di Bt Italia Luis Satorre Alvarez per prescrizione. Tra le persone mandate a processo ci sono Corrado Sciolla, successore di Satorre Alvarez alla presidenza di Bt Italia, gli ex direttori finanziari Luca Sebastiani e Alessandro Clerici, e gli ex responsabili delle fatturazioni Giacomo Inganamorte e Antonio Giulio Guarini. E poi anche Andrea Alessandri, come revisore di PriceWaterhousecoopers ed ex responsabile del team di revisione dei bilanci di Bt Italia, che è il solo a rispondere di falsità nelle relazioni o nelle comunicazione dei responsabili della revisione legale. Questi sono solo alcuni dei nomi, ma  proseguiremo poi a informarvi su chi sono gli altri imputati nel processo Bt Italia: i pm Silvia Bonardi e Monia Di Marco, titolari dell’indagine chiusa nel febbraio dell’anno scorso in tutto per 24 indagati, hanno contestato a vario titolo i reati di false comunicazioni sociali, emissioni di fatture false per 58 milioni ed anche, solo per un appalto, frode nelle pubbliche forniture. Secondo la ricostruzione, gli indagati, avrebbero ‘abbellito’ i bilanci tra il 2012 e il 2016, con ritocchi per circa 300 milioni con lo scopo di incidere sul margine operativo lordo (Ebitda).

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