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Racket occupazione case: quattro arresti

Nell’ambito di un’indagine relativa al fenomeno delle occupazioni abusive delle case gestite da A.L.E.R. nella zona sud di Milano i poliziotti della DIGOS della Questura di Milano, con la collaborazione del Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni, hanno eseguito 3 perquisizioni domiciliari e personali  a seguito delle quali sono stati sequestrati 5 telefoni cellulari e indagate 4 persone per concorso nel reato di concussione e reati in materia di immigrazione. L’attività di indagine è nata dalla segnalazione di tre donne che, a febbraio 2020, hanno riferito alla Polizia di aver avuto a che fare con un uomo italiano, di mezza età, dipendente dell’ALER, che, in cambio di favori sessuali e monetari, avrebbe loro promesso un appartamento libero da poter occupare immediatamente. L’attività investigativa svolta dai poliziotti della DIGOS milanese per identificare il dipendente dell’azienda lombarda, corroborata anche da intercettazioni telefoniche, porta a disegnare un quadro differente: una delle tre donne, infatti, una cittadina marocchina di 32 anni con precedenti penali e irregolare sul territorio nazionale, risulta essere, più che vittima e testimone di illeciti non riscontrati con fonti di prova, la gestrice di una rete di contatti e attività penalmente rilevanti nella zona di via Voltri e limitrofe. È lei in grado di indicare appartamenti sfitti a connazionali, e non solo, bisognosi di un alloggio ed è in grado di far “sfondare” la porta e di procurare chi sia in grado di creare un allacciamento abusivo di luce e gas. Un punto di appoggio per la cittadina marocchina è risultato essere un 33enne italiano pluripregiudicato che, nella stessa zona, mette a disposizione le sue abilità “tecniche” per aprire le porte e allacciare luce e gas agli occupanti sistemati dalla donna. Il cittadino italiano di 64 anni, incensurato, che all’inizio delle indagini lavorava presso l’ALER e che ora si trova in pensione, non si è distinto per potenzialità delinquenziale ed è oggetto di indagini per quanto raccontato su di lui dalle tre donne. Le perquisizioni effettuate dalla Polizia di Stato a carico di queste tre persone hanno dato riscontro positivo. Sono stati sequestrati i telefoni cellulari attraverso i quali si organizzavano le occupazioni abusive negli alloggi e, a conferma della posizione della cittadina marocchina, in casa della donna è stato trovato un suo connazionale di 26 anni che si sarebbe messo in contatto con lei perché la stessa potesse trovargli una sistemazione e che, nel frattempo, dimora presso di lei pagandole un “subaffitto” in nero. Quest’ultimo, estraneo ai fatti, è stato indagato in quanto non in regola sul territorio nazionale e messo a disposizione dell’Ufficio Immigrazione della Questura per le procedure di espulsione.

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Usura e racket, a Milano vittime e carnefici vanno a braccetto

Che ci fossero i bauscia si sapeva, ma quando te lo conferma la direzione distrettuale antimafia è diverso. Alessandra Dolci è il volto dell’antimafia a Milano e ieri ha spiegato che “in molti casi qui a Milano l’imprenditore vittima di usura sviluppa rapporti di cointeressenza con i malavitosi, pensa cioè di poterli gestire, cosa che ovviamente non succede mai”. Eccolo là il bauscia: arriva il mafioso e lui pensa di poterne fare un dipendente perché in fondo è un giargiana. Invece no, si parla di gente che ha anche imparato a cambiare pelle: come ha spiegato Ferruccio Patti, presidente di SoS Usura, “è la mafia che si sta milanesizzando, a Palermo si evita ormai di sparare: hanno capito di poter concludere affari più ricchi se si evita di sparare”. La famosa mafia in doppio petto, che preferisce acquisire quote azionarie invece di piazze di spaccio. Finge di diventare socio di un imprenditore per sfruttarne l’azienda: ed ecco che becca pure il bauscia che è la figura perfetta, fino a che non si avverte il tintinnio di manette. E’ lì che si crea la differenza tra testimone di giustizia e collaboratore di giustizia: come ha spiegato Dolci, il primo è quello che avrà tutto il sostegno dello Stato in forma di protezione e benefit, l’altro invece è quello che si è convertito quando già c’era puzza di bruciato. Il primo invece è andato lui dallo Stato prima di stringere legami con le mafie. E lo Stato di strumenti ne ha come ha confermato Annapaola Porzio ha un curriculum infinito e di altissimo livello “gestisco un fondo milionario, ma non riesco a spenderlo: le denunce sono poche e anche quando arrivano, non viene presentata l’istanza”. Ma se il bauscia pensa di poter gestire i suoi carnefici trasformandoli in soci o dipendenti, ogni sforzo è vano.  

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