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Si chiama NextgenerationEU non Recovery Fund

Si chiama NextgenerationEU non Recovery Fund. Peché c’è una sottile linea tra i due nomi e i due concetti sottostanti. C’è chi lo intende come Recovery, cioè un gran bottino da spartirsi tra soliti noti. La nazione resterà esattamente uguale a prima, con la differenza che qualcuno resterà più povero e qualcuno più ricco. A questa versione stanno credendo in tanti, tant’è che all’ex premier Conte arrivarano richieste per 600 miliardi. Segno di una nazione che già in quel momento non sapeva fare sistema nonostante una serie infinita di organi di rappresentanza. Vogliono tutti il malloppo, ma i cordoni della borsa sono saldamente in mani altrui, dunque è irrealistico pensare di accaparrarselo, ma la fame di ruberia è alta. Però si chiama NextgenerationEU non Recovery Fund: l’idea non è conservativa, ma riformista, nel senso che i 209 miliardi ci vengono prestati e in parte regalati per trasformare l’Italia in una nazione moderna, uscendo da questa parodia che chiamiamo Repubblica senza motivo. Si tratta di un’oligarchia sostenuta dai giudici che hanno di fatto preso il controllo di tutto lo Stato. Un mondo in cui i ricchi sono sempre gli stessi, i notabili sempre gli stessi e la politica viene vilipesa a ogni occasione così da togliere alle persone comuni la possibilità più democratica ci tutte di cambiare classe sociale. Il NextgenerationEU è l’ultima occasione per rilanciare l’Italia e superare la palude sociale ed economica in cui è sprofondata. Chiamiamolo con il suo nome: per avere un futuro più giusto vanno usate anche le parole più giuste.

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Lo storytelling sul recovery fund è una truffa comunicativa

Lo storytelling sul Recovery Fund è una truffa comunicativa. Perché? Perché si tratta di fondi europei e l’Italia nell’ultimo settennato (i programmi di spesa dell’Unione Europea sono pluriennali) non è stata capace di spendere i soldi messi a disposizione da Bruxelles. Per darvi un’idea riprendiamo un’inchiesta in proposito del Fattoquotidiano: “L’Italia è il secondo Paese Ue per risorse nel settennato 2014-2020. A fine 2018 ne aveva utilizzato meno di un quarto e arranca soprattutto nel mettere a frutto Fondo sociale e Fondo di sviluppo regionale. L’Agenzia per la coesione voluta da Letta e la riforma di Renzi non sono bastate per velocizzare le procedure. E il governo continua a usare “trucchi” contabili per avvicinarsi agli obiettivi. Tre programmi su 51, comunque, non li hanno raggiunti”. Ora con che serietà la classe politica può portare avanti il discorso sul Recovery Fund? Decine di miliardi all’anno sono rimasti nel cassetto perché il nostro sistema era incapace di usarli. E si tratta proprio di fondi per il territorio, dagli investimenti per le piccole e medie opere a quelli sulla cultura e per lo sviluppo sociale. Cioè le stesse destinazioni su cui di vorrebbero far convergere i 209 miliardi promessi dall’Europa. La politica italiana dopo decenni di attacchi da parte della Repubblica giudiziaria che tanto piace a tanti non sembra più avere le energie per proporre qualcosa di intelligente: si pensa solo ai “dollaroni” a “fondo perduto”. Cioè stanno tutti trattando su come spartirsi il malloppo, invece che a programmare un futuro o a ripensare la macchina che impedisce all’Italia di diventare un paese normale. Anzi, pensano a un debito pubblico al 160%, tanto, pare essere il pensiero dominante, se io mi intasco qualche milione che me ne frega degli altri? Ecco perché lo storytelling sul Recovery Fund è una truffa comunicativa. Tutti vogliono i soldi gratis, peccato che negli ultimi sette anni ci fossero diversi fondi “aggratis” proprio dall’Europa, ma non siamo stati capaci di usarli.

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