Il ritardo culturale della sinistra crea danni

Il ritardo culturale della sinistra crea danni. E danni gravi in un momento di emergenza nazionale. C’è una parte della sinistra milanese a cui va riconosciuto l’impegno di sostenere la battaglia comune contro il Covid-19, un’altra invece insiste sulla privazione delle libertà personali. Sostengono cioè che in qualche modo i nostri diritti civili siano a rischio perché vengono temporaneamente limitati dal governo a causa dell’epidemia. Quando poi si è passati a usare l’Esercito, è scoppiata l’ultima vena sul collo di queste persone. Addirittura l’Esercito, nemico numero uno per certa ideologia. Roberto Cornelli, rappresenta proprio parte di sinistra milanese. L’utilizzo della parola Esercito, la prima di un suo post indignato, lo ha spaventato. L’Esercito nelle strade, un tabù per chi come lui è intriso di una certa cultura novecentesca. Tutti gli incubi in materia di libertà gli si sono palesati e, colpa nella colpa, persino alcuni di sinistra sono ben contenti di vedere l’Esercito a proteggerci. Per Cornelli e quelli come lui è troppo, ma non è colpa loro: scontano un ritardo culturale molto diffuso. Nella loro formazione l’Esercito è cattivo, servo del Potere che ci vuole schiacciare mentre noi combattiamo con i megafoni nelle strade. E’ un’eredità del Novecento, dove dittature (alcune amate proprio dalla sinistra italiana) di vario tipo usavano proprio questo schema. Negli ultimi anni però il mondo è cambiato. E alcuni si trovano spaesati perché usano la propria formazione come prigione e non come base per formulare nuovi pensieri. Cercano ostinatamente di ricondurre tutto al passato, diventando rabbiosi e miopi perché la realtà ha il brutto vizio di non curarsi delle interpretazioni politiche. L’esempio dell’Esercito è proprio un esempio: se avessero attraversato il mare dopo le rivolte arabe, altra rivoluzione vera dei nostri tempi, avrebbero scoperto che lì l’Esercito era l’eroe del popolo. “Il rumore degli elicotteri voleva dire che i nostri erano arrivati” spiegavano al tempo i tunisini. Proprio le forze armate sono diventate nei tempi moderni qualcosa di molto diverso da quanto erano nel Novecento. In Italia, tanto per dirne una, hanno contribuito alla ricostruzione del Ponte Morandi. A Milano, per dirne una che a Cornelli e amici dovrebbe piacere, avevano anche ristrutturato in tempi record un centro d’accoglienza per migranti. E potremmo continuare, ma potrebbero non capire comunque. Il ritardo della culturale della sinistra crea danni perché si creano divisioni in un momento ideale per riscoprire i legami sociali. Dividere le fila ora solo per un retaggio del Novecento è sbagliato, ci sentiamo di affermare ciò che dovrebbe essere ovvio. Il nostro appello ai Cornelli di questo mondo è: aggiornatevi. Abbiamo una guerra giusta perché sta unendo tutta l’umanità in una grande famiglia senza soldi alla fine del mese. Stavolta siamo davvero uguali come stanno scoprendo persino gli arroganti anglo americani. E la vostra reazione di fronte a questo scenario è trovare motivi di divisione? Siete come il fante che al momento di ritirarsi per non venire distrutti, s’impunta a restare lì perché non gli è stato chiesto per favore di arretrare. Questo è il momento di riscoprire un amico e un fratello in ogni sconosciuto, aprire i nostri cuori intrisi di decenni di cattivi pensieri. Dobbiamo essere orgogliosamente colibrì e meno leoni, come recita una vecchia favola africana: il piccolo colibrì porta poche gocce per spegnere l’incendio della foresta, mentre il leone scappa, perché il colibrì è convinto che se ciascuno porta una goccia potremmo salvarci tutti.  

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