roberto speranza

La rivolta delle forze dell’ordine contro il green pass in mensa

La rivolta delle forze dell’ordine contro il green pass in mensa. Il Sindacato autonomo della Polizia ha infatti scritto al ministro Luciana Lamorgese per chiedere un passo indietro al governo sulle disposizioni che impongono anche alle forze dell’ordine il green pass per accedere alle mense: come sottolineato anche da Massimiliano Pirola, segretario SAP di Milano, l’ordine non tiene conto della specificità del lavoro delle forze dell’ordine. Né tanto meno che si chiede un documento per mangiare insieme ai colleghi a chi già ci vive: buona parte degli operatori di sicurezza infatti vivono in residenze collettive e lavora a stretto contatto con i colleghi. Inoltre, il governo non ha tenuto conto che non si sono registrati focolai nelle mense delle forze dell’ordine perché fin dai primi mesi sono stati applicati dei rigidi protocolli di sicurezza anti Sars-Cov-2. La rivolta delle delle forze dell’ordine contro il green pass in mensa è dunque arrivata quando gli agenti e i militari si sono trovati a vagare per i cortili o i marciapiedi con i vassoi della mensa a causa delle nuove disposizioni. Un sussulto di chi ha combattuto in prima linea contro la pandemia fin dai primi mesi del 2020 e che ora vede equiparata la mensa di lavoro a un qualsiasi ristorante. Un brutto colpo per il governo Draghi che proprio sulle forze dell’ordine sta potendo contare per la propria capacità di agire e che vede il dicastero di Roberto Speranza al centro delle critiche perché la direttiva sulle mense (inviata il 14 agosto) è stata ispirata dalle linee guida del Ministero della Salute. Quanto potrebbe contare per la stabilità dello stesso esecutivo nazionale la rivolta delle forze dell’ordine contro il green pass in mensa? Per fortuna di Draghi non si intravedono a breve elezioni, perché la coalizione dovrebbe reggere almeno fino al 2021, però chi lo sostiene in Parlamento prima o poi dovrà rendere conto agli elettori del proprio operato.

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Moratti: “E’ Speranza che ci ha chiesto di dire che l’errore era nostro”

Moratti: “E’ Speranza che ci ha chiesto di dire che l’errore era nostro”. Prima ha parlato Fontana: “Indignato per le ricostruzioni sulla trasmissione dei dati”. L’intervento chiarificatore di Attilio Fontana è partito con una dura contestazione del governatore lombardo da parte delle ricostruzioni sul presunto errore di trasmissione dei dati. Nessun errore, rivendica Fontana, semmai la risposta a una richiesta di aggiornamento partita da Roma. Poi è intervenuta Letizia Moratti, vicepresidente e assessore al Welfare regionale: “Mi sono accorta da subito che c’erano dei dati che non erano coerenti con quelli che dovevano essere considerati, diventava necessario avere un confronto su questi dati, per questo motivo avevo chiesto una sospensione di 48 ore per non entrare in zona rossa. Dal ministro non abbiamo avuto nessuna risposta anzi la conferma della zona rossa”. “Se siamo diventati zona arancione è perché abbiamo sollevato noi un problema installando un dialogo tecnico con lealtà e correttezza: il ministro pretendeva che dicessimo che è stato un errore nostro, ma non abbiamo potuto accettare per dignità della Regione e per l’impatto che ha comportato per la regione e le nostre famiglie la zona rossa, quindi andremo avanti con tutte le azioni necessarie per dimostrare la ragione che abbiamo, mi dispiace perché sarebbero bastate 48 ore per confrontarci”. “E’ stato chiesto di indicare lo stato clinico, cioè la data dal sintomo, ma non dello stato sintomatico. Un asintomatico e un pauci sintomatico hanno lo stesso peso sull’rt. Noi non vogliamo inserire un campo preordinato, lasciamo fedeltà al dato per come nasce dalle cartelle cliniche” ha specificato Trivelli. “La nostra richiesta a livello tecnico è quello di ampliare il campo di indicatori per definire una situazione pandemica, l’rt non basta in questa fase, abbiamo chiesto di affiancare alle reti sintomi altri indicatori”. Il dirigente del settore Welfare ha ribadito che l’intervento della Lombardia era per avere dati più completi e affidabili, migliorando “l’impostazione posticcia” del sistema attuale.    

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Report OMS insabbiato: gli interrogatori confermano il mancato aggiornamento del piano pandemico

Report OMS insabbiato: gli interrogatori confermano il mancato aggiornamento del piano pandemico. La conferma è arrivata dal procuratore aggiunto di Bergamo, Maria Cristina Rota, dopo l’audizione di Giuseppe Ruocco, segretario generale del ministero della Salute, ascoltato per oltre sei ore dai magistrati come persona informata dei fatti. “Il piano in vigore è quello del 2006, almeno è quello che ci è stato detto”, ha messo in chiaro il magistrato al termine dell’audizione di Ruocco. Una conferma pesante, perché il ministro Roberto Speranza e il vicedirettore dell’OMS Ranieri Guerra hanno da tempo cercato di far dimenticare una vicenda quanto mai imbarazzante: l’Italia infatti non ha un piano pandemico aggiornato da 14 anni. Un periodo nel quale a scatenarsi sul mondo è stata proprio la Sars nelle sue varianti, tra cui quella del Covid (Sars-Cov-2 è un dei modi con cui si indica tecnicamente). Dunque la procura di Bergamo sta andando avanti con coraggio e determinazione, perché le indagini rischiano di scoperchiare temi scottanti. Speranza e Ranieri Guerra sono da tempo anche nel mirino di una piccola parte della stampa italiana, grazie alla quale è emerso anche un controverso versamento di dieci milioni di euro all’OMS senza un motivo specifico. E’ stato definito un gesto di buona volontà, ma a molti è sembrato il prezzo dell’insabbiamento del rapporto Zambon poi insabbiato dall’OMS su input di Ranieri Guerra. Lui ha sostenuto diverse versioni: prima che ha cercato di bloccarlo perché pieno di errori, poi che in realtà si era arrabbiato perché del report non era stato adeguatamente informato il ministro Speranza, poi che non c’entrava nulla ed era tutta colpa dell’ufficio di Copenaghen dell’OMS, insomma un racconto che sembrava adeguarsi alle parti di realtà che emergevano di volta in volta. Le sue corrispondenze e i dieci milioni di euro però sembrano testimoniare proprio quanto sostenuto fin dall’inizio da Zambon: Ranieri Guerra avrebbe fatto di tutto per non rendere pubblico quel rapporto. E in particolare per le date che testimoniavano i ritardi sul piano pandemico perché per anni è stato proprio Ranieri Guerra il responsabile ministeriale del piano pandemico. Quindi ha preso ricchi emolumenti dalla collettività per non fare il suo lavoro, un fatto consueto a Roma, ma questa volta è scoppiata la bolla e Bergamo e Brescia hanno registrato decine di migliaia di morti. Se le indagini confermassero tutte le ipotesi, Ranieri Guerra potrebbe avere qualche problema politico, ma sicuramente una valanga di cause legali. Come diceva Zola “la verità è in marcia” sul Report OMS insabbiato: gli interrogatori confermano il mancato aggiornamento del piano pandemico e ai vertici della sinistra si trema sempre di più.

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